Wild Strawberries Final
I cromosomi della furia.(di Enrico De Notaris da la Repubblica Napoli)
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venerdì, settembre 4, 2009
I termini violenza ed adolescenza, oltre che essere tanto spesso accomunati nelle cronache e nelle narrazioni di fenomeni molto spesso vissuti con fastidio dal mondo adulto, risultano essi stessi frequentemente equivocati e appiattiti su ciò che fenomenicamente appare.
La violenza non è di per se stessa esterna al comportamento umano, anzi la si potrebbe comprendere all´interno degli “organizzatori psichici” che tanto peso hanno avuto e hanno nelle nostre società.
Spesso la rintracciamo nella aggressività che pertiene al campo dell´umano: l´aggressività però, per lo meno in senso psicologico, è un dato irrinunciabile e costitutivo, determina dinamiche che, fin dall´origine della nostra storia, hanno contribuito alla crescita, all´espansione e al dominio dell´uomo sulle altre forme di vita esistenti in natura.
Quando è allora che l´aggressività sfocia in violenza? Semplificando si potrebbe assumere come limite dell´aggressività il passaggio all´atto, il danno inferto all´altro: oltre questi confini l´aggressività viene colta, percepita immediatamente come violenza e si misura in ferite, sottrazioni di beni, abuso fisico sulla persona, eccetera. Per esempio non fatichiamo a riconoscerla nell´adolescente che bastona un altro perché gay, o perché nero o per strappargli un Rolex; fatichiamo invece nel percepirla nel macroscopico, e proprio in quanto tale poco visibile, perché parte ormai del sottofondo esistenziale, dell´acriticamente accettato.
Possiamo prendere spunto da una splendida poesia di Borges che così recita: “…un uomo che coltiva il giardino/ il ceramista che intuisce una forma e un colore/ chi è contento che esista la musica/ chi preferisce che abbiano ragione gli altri/ Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo…”.
E tutti gli altri? Tutti quelli che non preferiscono che abbiano ragione gli altri, ad esempio, stanno salvando il mondo? E se non lo stanno salvando, che cosa ne stanno facendo? Forse lo violentano in modo che esistano altri violentati? E da dove nasce questa violenza che inizia nel rapporto con il vicino di casa, nell´esclusione cui tentiamo di relegare chi ci è diverso, magari perfino nei confronti di chi pensiamo di amare?
Ma soprattutto dove va a finire questa violenza? Forse, percorrendo lunghe catene mentali e comportamentali approda addirittura nella guerra, quella con le armi convenzionali e quelle combattute a colpi di insensibilità umana verso i naufraghi clandestini o verso quelli ai quali si nega l´accesso al sapere e al confronto.
Napoli, si è detto, non è omofoba, basta fare un giretto nei quartieri spagnoli e verificare che trans, omo, femminielli ed altre forme in cui si coniuga la “diversità”, convivono in regime di mutua assistenza nei nostri vicoli. Napoli ha conosciuto i neri fin dal dopoguerra, quelli americani.
Napoli non è intollerante in maniera specifica nei confronti delle minoranze, siamo un popolo troppo imbastardito per non ammetterle nel panorama della nostra quotidianità. Napoli è tra le prime vittime della violenza predatoria della camorra e della corruzione e collusione dello Stato, e quindi ha nel suo patrimonio genetico l´uso della violenza come elemento subìto, quasi come paradigma del suo sopravvivere.
Tale corredo cromosomico si è trasmesso, si è anche incattivito e radicato, per metterla su di un piano psicologico, in una sorta di Super-Io dispotico che detta la sua legge con modalità anche feroci. Si è incarnato nelle pieghe più intime delle relazioni affettive: si è impossessato del potere relativo dei padri sui figli, è diventato norma, regola di vita ed ispirazione dei comportamenti.
A mio avviso è errato pensare che la simmetrizzazione dei rapporti tra genitori e figli sia all´origine del dilagare della violenza: si dice che ora i padri non riescano più a contenere, perché troppo permissivi o incapaci di dire dei no, le istanze aggressive, che poi possono tramutarsi in condotte violente, dei loro figli. Piuttosto appare vero il contrario: la violenza e la sopraffazione vengono ingiunti ai giovani come vie da percorrere per il successo e per primeggiare, cioè per fare in modo che gli altri non abbiano ragione.
Gli adolescenti vivono in questo bagno di parole e di immagini e vengono esclusi dal piacere dell´attesa, del desiderio: proprio come i bambini ai quali non si può promettere un giocattolo da dargli dopo qualche tempo, il loro desiderio può avere solo soddisfazione immediata. L´assenza degli adolescenti in questa sospensione dell´ottenimento è un ritardo della loro maturazione verso la capacità dell´attesa e costituisce un lutto che non riescono a superare. E chi ha ucciso l´adolescenza non è certo il papà permissivo, piuttosto il modello rapace della convivenza che proviene dal mondo immaginifico illustrato ed imposto dai modelli culturali dominanti.
In questa cornice l´aggressività, componente irrinunciabile della nostra natura, assume le vesti della violenza, quell´aggressività che servirebbe ai ragazzi per tendere ad esplorare, come Ulisse, ciò che non conoscono, si trasforma in un´illusoria vittoria momentanea: ecco, sono più forte di questo ricchione e quindi più uomo, posso disporre di un debole da picchiare o da oltraggiare, quindi sono più grande e così potrò tacitare questo tirannico e famelico Super-Io culturale.
Gli adolescenti hanno la morte dentro, hanno appena abbandonato i loro magici balocchi, e per eludere questa morte trasformano in balocchi passivi nelle loro mani chiunque si trovi a tiro, immersi nella strategia del consumo e dell´ingordigia che illusoriamente annulla la distanza tra il mondo delle cose ed il loro essere persone
Niente mi sfugge
partita a scacchi con la morte
Scoperta l´isola del tesoretto
(di Mimmo Carratelli da la Repubblica Napoli)
Stavolta è Lucio Dalla che canta: È la sera dei miracoli fai attenzione, a Palazzo San Giacomo sotto il tetto qualcuno ha trovato un Tesoretto. Giubilo e meraviglia in città. Scoperti improvvisamente tre milioni di euro da spendere. In quale delle 816 stanze, dei dieci corridoi e dei 48 balconi del Palazzo erano nascosti? Chi è stato il Diogene che, cercando l´uomo delle pulizie (è un´amministrazione trasparente), ha trovato invece il Tesoretto?
In principio fu il Tesoretto di Brunetto Latini, notaio fiorentino esperto in settenari a rima baciata (”Lo Tesoro comenza al tempo di Fiorenza”). Poi, venne il Tesoretto di Padoa-Schioppa, luminare di economia e ministro di Prodi che, nella Finanziaria del 2007, scoprì una inaspettata risorsa di euro da spendere.
Ora c´è il Tesoretto del Comune di Napoli. L´isola del tesoretto di Palazzo San Giacomo. Il tesoretto della sierra madre di piazza Municipio. Il Comune piange miseria, non incassa le multe e aumenta le tasse, poi scopre che gli avanza un bel po´ di soldi.
Dov´è il trucco? Giambattista Basile non c´è più, ma è necessario rifare lo cunto de li cunti. Al Comune vige lo trattenemiento de peccerille e i conti non quadrano.
Il deficit aumenta, c´è un nuovo riassetto, Rosetta si tormenta ma scopre un Tesoretto. Soldi di stagione. Quanti altri milioni di euro giacciono negli anfratti, nei soppalchi, nelle sopraelevazioni, nelle scale a chiocciola, nei lavandini e negli abat-jour di Palazzo San Giacomo? Coraggio, cerchiamo ancora.
Cerchiamo nella borsetta del sindaco, nel ciuffo di Santangelo, nel naso grande di Guida, sotto la cravatta rosa di Nuzzolo e il pizzetto di Oddati, tra i lunghi capelli di Valeria Valente, nella barba di Realfonzo. L´assessore al disdoro urbano impiegherà il Tesoretto per tappare le buche stradali.
In settanta giorni. È il tempo dei miracoli. Applausi a schiera.
Il posto delle fragole
non smettere di sognare
L’Infinito
L’Infinito (Giacomo Leopardi) voce: Vittorio Gassman
GIORNI : Non smettere di sognare
INTERVISTA A DIO
[1] Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
[2] C’è un tempo per nascere e un tempo per morire,
un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
[3] Un tempo per uccidere e un tempo per guarire,
un tempo per demolire e un tempo per costruire.
[4] Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare.
[5] Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli,
un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
[6] Un tempo per cercare e un tempo per perdere,
un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
[7] Un tempo per stracciare e un tempo per cucire,
un tempo per tacere e un tempo per parlare.
[8] Un tempo per amare e un tempo per odiare,
un tempo per la guerra e un tempo per la pace.
9] Che vantaggio ha chi si dà da fare con fatica?