Comune di Napoli, approvato il bilancio e la Tarsu aumenta del 38 per cento
La tassa per la spazzatura porterà nelle casse 174 milioni
Ai napoletani costerà in media 84 euro in più all’anno
NAPOLI (28 marzo) - La giunta comunale di Napoli ha approvato il bilancio previsionale 2009 all’unanimità, ora la parola passa al Consiglio comunale per il vaglio finale. Il documento contabile - il primo dell’assessore Riccardo Realfonzo - rende ufficiale l’aumento della Tarsu e per i napoletani non è una bella notizia.
Al di là di questo, due sono i dati più significativi. Il taglio degli sprechi a cominciare dalle consulenze per il 50 per cento, dalla telefonia e da una gestione più virtuosa del personale; e i tagli di Stato e Regione che aprono un buco di 121 milioni di euro nelle casse del Comune. Controbilanciato in parte dall’aumento del gettito Tarsu e in parte da una più rigorosa gestione.
La manovra contabile nel suo complesso vale un miliardo e 150 milioni di euro. In particolare, le entrate tributarie segnano un meno 16 milioni, effetto della cancellazione Ici prima casa e della crisi che porta minor gettito di addizionale comunale Irpef.
Le entrate da trasferimento invece sono a meno 51 milioni e va registrato un taglio da 25 milioni dalla Regione; le entrate extratributarie sono a meno 53 milioni di cui 14 milioni ancora dalla Regione e 30 «derivati dalla regolarizzazione di partite debitorie e creditorie sui rifiuti».
La Tarsu contribuisce al gettito con 174 milioni, 64 in più rispetto all’anno scorso, ma per effetto dell’obbligo per i Comuni di adeguare la tassa al 100% del costo del servizio non per una riscossione più consistente. L’aumento, in percentuale del 38 per cento, costerà a ogni famiglia mediamente 84 euro.
Palazzo San Giacomo ha attuato un fondo di 2,5 milioni per rimborsare la tassa ai cittadini meno abbienti. Passiamo ai trasferimenti correnti (derivanti da Stato, Regione e Ue) che vedono in campo 19 milioni come contributo per il fitto alle fasce più deboli. Su questo fronte 1,5 milioni sono destinati ai giovani. Altri 14 milioni sono messi a disposizione per il reddito di cittadinanza. Sul fronte delle spese correnti, risparmio di 21,5 milioni su quelle per la macchina amministrativa.
fonte: ilmattino.it
Napoli è una città meravigliosa….
La gelosia non è amore, è paura
Salve miei cari e fedeli lettori, oggi vorrei farvi leggere qualcosa di Freud:Quanti tipi di gelosia ci sono.
Freud riconobbe nella coppia tre tipi di gelosia, tutti caratterizzati da ambivalenza, ossia dalla coesistenza di sentimenti di segno opposto, quali amore e aggressività distruttiva, nei confronti della persona amata. In realtà questi tre tipi si muovono lungo un continuum di sentimenti e di reazioni emotive e neurovegetative che vanno dalla gelosia minima, spesso percepita solo interiormente e di cui il partner non ha quasi sentore, alla gelosia distruttiva e devastante che può arrivare all’omicidio, reale o simbolico, della persona amata e/o del rivale. Per chiarezza può essere utile mantenere la distinzione freudiana tra tre grandi forme di gelosia:
1) la gelosia competitiva, o normale, che è essenzialmente composta da quattro fattori: 1) il dolore provocato dalla paura o dalla convinzione di aver perso l’oggetto d’amore; 2) la ferita narcisistica patita quando sembra che un altro/a ci venga preferito; 3) l’ostilità verso il/la rivale più fortunato, vero o presunto; 4) i sensi di colpa che il soggetto ha quando si attribuisce la responsabilità della perdita del partner amato;
2) la gelosia proiettiva, quando in realtà il soggetto letteralmente proietta sul/la partner i propri desideri di tradimento inappagati. In tal caso la paura ossessiva dell’infedeltà dell’altro/a serve a tacitare, più o meno inconsciamente, i propri sensi di colpa verso quegli stessi impulsi;
3) la gelosia delirante, o delirio di gelosia, la forma più pericolosa, caratterizzata dalla convinzione paranoica dell’infedeltà del partner. La caratteristica del delirio è il suo essere svincolato dalla realtà, spesso del tutto privo di fondamento, ma comunque inamovibile e immodificabile anche di fronte alle più lampanti evidenze della assoluta fedeltà del partner (l’Otello shakespeariano insegna). Il motto del geloso, più frequentemente un uomo, in preda al delirio paranoico, può essere così riassunto: “Ti odio perché di te non mi posso fidare, però sei mia e non ti consento di lasciarmi”…
Quando la gelosia è normale?
Il sentimento di gelosia può essere considerato naturale e normale quando è consapevole, quando è contenuto nei limiti della percezione individuale, quando esprime la comprensibile vulnerabilità che ognuno ha, quando ama, all’idea di poter perdere la persona amata. E’ anche naturale che esso emerga e causi sofferenza quando l’oggetto d’amore viene realmente perduto a vantaggio di un altro/a. Il sentimento di dolore che accompagna in tali casi la gelosia fisiologica tende ad attenuarsi progressivamente. Il “farsene una ragione”, come si dice nel linguaggio comune, indica la capacità sana di superare la perdita, di “elaborare il lutto”, rispettando la libertà dell’altro/a di andarsene e scegliere un altro oggetto d’amore.
Questa capacità di accettare l’abbandono, o comunque l’addio, presuppone maturità, equilibrio interiore, fiducia nella propria capacità di amare e di essere amati, oltre che nella propria desiderabilità. Questi sentimenti alimentano la fiducia e la speranza di poter trovare un nuovo oggetto d’amore e di poter vivere un nuovo appagante stato nascente. E’ tipica quindi di chi ha vissuto relazioni primarie, nella famiglia d’origine, e nei rapporti successivi, caratterizzate da quella certezza e costanza di sentimenti che alimenta l’attaccamento sicuro e la fiducia in sé.
Quando la gelosia diventa pericolosa?
Quando è estrema: si parla allora di gelosia delirante. Questa è associata a disturbi gravi della personalità e a crescente difficoltà a controllare i propri impulsi distruttivi. In questi casi l’individuo può diventare socialmente pericoloso non solo per il/la partner ritenuto traditore o colpevole di abbandono, ma anche nei confronti della famiglia di origine del partner stesso o addirittura dei figli, come la cronaca purtroppo mostra troppo spesso.
Il monologo di Saviano in tv “Non sono solo in questa battaglia”
IL PERSONAGGIO - Lo scrittore a “Che tempo fa” con Fazio
Mostra i titoli incredibili dei giornali locali che chiamano “infami” i pentiti
“Cercano di colpire me, perché sono il più debole”
MILANO - Un monologo quasi teatrale, una rassegna stampa del Corriere di Caserta che chiama “infame” il pentito in un titolo, che elegge a eroi i boss locali, amici dei politici. Le foto dei ragazzini ammazzati, quelli degli innocenti coperti da un lenzuolo, il sorriso di un carabiniere ventenne trucidato per vendetta. Il titolo diffamante: “Don Diana a letto con due donne”. Don Diana, il prete dell’impegno ucciso quindici anni fa.
“Che tipo di paese se permette tutto questo?”. “Il silenzio è colpevole anche perché non lascia capire”.
E’ stata la serata di Roberto Saviano, ospite di Fabio Fazio a “Che tempo che fa”. “Si pensa che l’essere minacciato sia una corona data dalla camorra per un merito ma non è un merito. Non è un merito, cercano di colpire me perchè con altri non riescono”.
Il silenzio e la diffamazione sono armi terribili in mano alla camorra e l’ordigno adatto per combatterli è quello della parola. E Saviano ha scelto di parlare a lungo e con cruda chiarezza. Lui stesso si è definito una “operazione mediatica”, nata e portata avanti perchè si conoscano gli orrori della camorra e si capisca che riguardano tutti. Il suo “sogno” è che la lotta alla criminalità organizzata diventi una vera e propria moda. E’ quello che “i grandi editori, le televisioni, trovassero un punto comune, anche conveniente. Perchè non creare una moda?”.
Lo scrittore ha parlato anche delle minacce della camorra. “Non immaginavo che sarebbe andata così - ha detto -. Pensavo che sarebbe durata poco, sono tre anni ed è pesantissimo”.
E nel ringraziare “tutte le persone che mi scrivono, nel ringraziare tutti per quello che è stato fatto per me”, cita le parole di Kennedy quando diceva “perdonare sempre dimenticare mai”.
“Io - ha detto Saviano - non dimenticherò mai quello che di bene mi è stato fatto”. Ha ringraziato i paesi che lo hanno ospitato, “la Spagna, Parigi, Israele ma non ringrazio chi mi ha rifiutato la casa, gli amici che hanno liquidato la mia causa come se me la fossi cercata”.
“Mi dà fastidio l’accusa di essermi arricchito. Sono i lettori che mi danno la possibilità di vivere e pagare gli avvocati”. E ha citato una frase di Biagi: “Sei arrivato davvero quando fanno un falso del tuo libro e ti accusano di plagio’ e io ce li ho tutti e due”.
“Questa battaglia non è la mia battaglia ma la battaglia di molti e va anche bene se per una volta succede il miracolo che grandi interessi economici si fondano con l’interesse del paese, che grandi editori di libri, televisivi, si uniscano per combattere la camorra”.
“Che tempo fa, questa sera, è durato fin oltre le 23. Nella seconda parte, due grandi scrittori come l’americano Paul Auster e l’israeliano David Grossman, hanno discusso con Saviano riconoscendo un valore enorme a Gomorra: “E’ scritto benissimo - ha detto Auster - E’ esploso come una bomba e ha costretto tanta gente in tutto il mondo a guardare dentro il fenomeno camorra. Anche tanti che non ne sapevano nulla o pensavano fosse una cosa locale italiana”.
(25 marzo 2009) Tutti gli articoli di cronaca
“E pensare che erano solo 5.000 copie”
Parla Roberto Saviano: “Le mie storie parlano di denaro, di donne
di potere senza regole. Di vita e morte. Sono temi che riguardano tutti”
di LEOPOLDO FABIANI
Due agguati in poche ore due morti nel Napoletano
Passano poche ore e un altro pregiudicato, Aldo Vuolo, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan D’Alessandro, è stato trovato ucciso dopo un agguato a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.
Saviano, come è nato il caso Gomorra?
“La prima tiratura era di 5.000 copie, comprese le 500 per la stampa. Poi il passaggio televisivo da Daria Bignardi mi ha portato in classifica al decimo posto. E molto si deve agli editori stranieri che hanno comprato il libro prima del risultato italiano. Una specie di “marchio di qualità” sul mercato di casa nostra”.
Perché tanto interesse all’estero?
“Perché su questi argomenti c’è una grande domanda non soddisfatta del pubblico internazionale. I libri italiani sulla criminalità organizzata sono in genere per un pubblico molto ristretto e qualificato di esperti. Gomorra invece parla a tutti”.
Perché è un romanzo? Quanto ha contato per il successo la formula della “no fiction novel”?
“Ho seguito il metodo più rigoroso, anche per evitare accuse di imbastire speculazioni. Il montaggio, lo stile, sono romanzeschi, i fatti raccontati sono tutti veri. I nomi non sono cambiati. Sono stato a Scampia otto volte, nel libro diventano una sola. La storia del sarto nella realtà si svolge in un mese, nel libro in un solo giorno. Ma è tutto autentico”.
Tutto documentato negli atti giudiziari?
“Quando non ho documenti, non avanzo ipotesi, ma passo all’analisi, come nel caso delle responsabilità dei politici. Anche qui, non ho voluto “buttarla in politica”. Io descrivo l’imprenditore criminale che inquina i processi politici istituzionali, di qualunque partito siano gli assessori, i sindaci ecc. E infatti il libro è stato apprezzato a sinistra e a destra”.
“Questa è un’accusa che proprio non concepisco. Dico in continuazione che il problema è internazionale, comune a tutto il mondo. Lo stesso appproccio si trova nella Mumbay raccontata da Suketu Mehta in Maximum City (Einaudi) e nel Libano di Ron Leshem (Tredici soldati, Rizzoli). Soprattutto, come si fa a sostenere che chi danneggia il proprio paese è chi denuncia i misfatti e non chi li commette?”.
Come è cambiata la sua vita dopo questo libro?
“Le minacce mi costringono da tre anni a una vita infame, cinque uomini di scorta, spostamenti continui, attacchi da tutte le parti. E negli stessi tre anni ho vissuto quello che uno scrittore in genere vive in una vita intera. Sono stato un letterato esordiente apprezzato dai critici, un caso letterario, un autore di best seller visto con sospetto. E ho potuto incontrare e conoscere persone, che erano parte della mia formazione di ragazzo, un grande privilegio”.
Tutto perché ha acceso i riflettori su Casal di Principe, un paese che prima nessuno conosceva.
“Sì, ma se questo interessa tutto il mondo è perché attraverso il crimine si racconta il funzionamento dell’economia di oggi. E poi perché non c’è manicheismo, non c’è ideologia o posizioni politiche precostituite. In Gomorra ci sono i soldi, la voglia di conquistare il successo, le donne, il potere senza regole, la vita e la morte. Storie universali se raccontate in un certo modo. Per questo io ho grande rispetto per la forza religiosa della parola letteraria”.
(25 marzo 2009) Tutti gli articoli di cronaca
http://www.youtube.com/watch?v=vE6hBCbjSWA
Il film della realtà, ancora una volta
Saviano a Matrix: chi sono i Casalesi?
Ancora una testimonianza di come la realtà superi o emuli la finzione cinematografica.
Quarantamila in corteo a Gomorra Don Ciotti: “La Chiesa parli chiaro”
Migliaia in corteo a Casal di Principe per ricordare il prete coraggio, don Peppino Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994 nella sua parrocchia. Dalla Lombardia alla Sicilia in tanti hanno raggiunto il comune casertano. Ad accoglierli il padre del sacerdote coraggioso, Gennaro Diana, che ripete: “La camorra si può battere. Uccidendo mio figlio è cominciata la loro fine”. Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera e Gruppo Abele: “La Chiesa respinga le ambiguità. Deve parlar chiaro, non deve fare sconti”
A MIO PADRE
Cari lettori voglio dedicare questa pagina a tutti i papà, ma soprattutto a quei figli che non hanno più il papà. Anche ad un’età matura siamo sempre figli!!!!!!
19 Marzo Festa del papà
Caro Papà …
Tu che con amore continui a non perdermi d’occhio,
continui a vegliare sulla mia vita come un angelo
grazie …
Per tutte le volte che mi hai dato la tua mano da stringere quando avevo paura
Per le volte che col tuo amore mi facevi sentire una principessa
grazie …
per avermi incoraggiato all’ottimismo e alla fiducia
grazie …
di avermi insegnato ad alzarmi ogni volta che cadevo
grazie…
di avermi asciugato ogni mia lacrima di tristezza
grazie …
per avermi donato la forza che ogni giorno m’incoraggia ad andare avanti
grazie…
grazie ai tuoi insegnamenti
è per questo che ti voglio tanto bene.
Oggi in questo giorno speciale voglio regalarti
tutti i miei grazie ricchi di gratitudine.
Adesso che anche mamma è con te, dalle un bacio anche da parte mia.
Grazie ad entrambi per avermi insegnato ad amare come lo avete fatto voi.
Auguri mamma, per il tuo onomastico.
Raccomandati? No, “comandati”!
di Mario Caruso
A Napoli i raccomandati si chiamano “comandati”. Ma anche “dipendenti in prestito”. Una evoluzione culturale che segna il cambiamento del mondo del lavoro. Solita storia: Napoli capitale di…
Occorre stabilizzare i “comandati” prima della “ritirata”. “Cosa fatta”, sono parole gridate spesso dall’ex governatore della Campania, oggi “Presidente della Repubblica di Bassolinia”, per non consentire al governo centrale o a chichessia di mettere le mani su Napoli. Perché, questa città di bellezze non deve essere sporcata, vilipesa, offesa! Amore di un “terreno” per la propria terra! Capito? Santoro si dichiara napoletano, così Bassolino e Arbore: non è che fanno un torto ai loro comuni di origine, rispettivamente Salerno (o vicinanze), Afragola e Foggia? Un vecchio gioco ripetuto nei secoli… “tu di dove sei” e il militare rispondeva “vengo da Napoli”. E da quel giorno la recluta si chiamava “Napoli”, non vi erano “Roma” o “Milano” o “Padova” o “Catania”.
“Napoli”, come espressione di orgoglio! Prima della partenza (auspicatissima…) di Bassolino per l’Europa, bisogna sistemare i “comandati” e i “dipendenti in prestito”. Chi sono? Persone di tutte le età utilizzate da tutti i gruppi dello schieramento politico, i quali possono contare su un articolo di una legge regionale approvata nel 2008 riguardante il 2007, grazie alla quale si consente, oggi, l’infornata. Inutile riprendere le cifre rese note dagli “organi competenti”… forse 134 quelli che provengono da pubbliche amministrazioni e 68 da uffici di società miste. “1-34-68”, i napoletani sanno a che cosa servono questi tre numeri…!
Negli elenchi pubblicati (vedi Il Mattino di venerdì 14 marzo) nominativi, assegnazioni e provenienze. Nome e cognome… assegnazione di partiti o singoli personaggi, provenienza che riflette mobilità in entrata quindi fuori regione campana. In Italia, in Europa, negli Stati Uniti aumenta la disoccupazione. A Napoli assunzioni definitive, “Cosa fatta”, e i “comandati” hanno un posto per la vita. E la cosa non può che sollecitare i dovuti consensi. Certo il pensiero va a quei giovani “che buttano sangue”, nelle università o agli angoli delle strade, in attesa di una sistemazione lavorativa.
Diciamola tutta: non meraviglia che negli elenchi vi siano figure del Pd, perché questo raggruppamento politico (ex comunisti ed ex democristiani ora solo centristi) è padrone del territorio da oltre quindici anni. Ma dispiace notare che la “sanatoria” riguardi, anche se in misura ridottissima, esponenti dell’attuale maggioranza governativa.
Le elezioni sono alle porte. Lo spettacolo continua.
Napoli, il Comune dimezza i manager- 23 poltrone in meno in sei partecipate
Riccardo Realfonzo - l’assessore alle Risorse strategiche - sta per chiudere il Bilancio e non vuole passare alla storia come l’assessore che ha aumentato la tassa dei rifiuti di oltre il 35% e nulla più.
Così sta per introdurre la riforma con la «benedizione», della Iervolino. Via dunque ai tagli delle poltrone e via alla rivoluzione della sobrietà e della garanzia di un migliore servizio ai cittadini. Le prime aziende in scadenza e che verranno rinnovate col sistema dell’amministratore unico sono Anm, Centro agroalimentare, Metronapoli, Napolipark, Sirena città storica e le Terme di Agnano.
In tutto 6 sulle 17 di Palazzo San Giacomo, per 23 manager e un risparmio in termini di stipendi di 729mila 419 euro.