FAVOLE ALLEGORICHE: “Il re nudo”
“Tutti i grandi sono stati bambini una volta (ma pochi di essi se ne ricordano)”.
Allora ho pensato perché non proviamo a ritornare bambini e ad utilizzare le fiabe per trovare delle risposte ai nostri “grandi” dubbi?
Io ci provo….
La prima è una favola che vorrei farvi ricordare perché è allegorica sui condizionamenti dell’uomo, determinati, soprattutto, dall’esigenza di adeguamento sociale e dalla paura di differenziarsi dagli altri, il suo titolo, nella versione dedicata all’infanzia, era “I vestiti dell’imperatore”, quando, invece, è stata utilizzata dagli adulti, si è intitolata “Il re è nudo!”.
“Due sarti imbroglioni si presentarono a corte offrendo stoffe stupende e magiche che potevano essere viste soltanto dalle persone intelligenti: in realtà, come è ovvio, non esistevano.
Basta, però, che il Ciambellano, per primo, dichiari di non aver mai visto niente di simile ed il gioco è fatto! Tutti i cortigiani incominciano a lodare le stoffe, e lo stesso re ordina per un’importante cerimonia pubblica un abito tessuto con quelle meraviglie.
La parata inizia, il re naturalmente è in mutande, ma nessuno della folla osa vedere la verità, solo un piccolo bambino, privo di pregiudizi e di conformismo, urla con tutto il suo stupore di fronte all’abbigliamento del sovrano: il re è nudo!”.
Conventi senza frati Cappuccini e le celle diventano alberghi
Crisi di vocazioni e mutamenti sociali fanno sparire i monasteri dei Cappuccini
Gli edifici sono antichi e fanno gola agli imprenditori, a volte diventano complessi di lusso
“Complesso ex Cappuccini”, annunciano i grandi cartelli colorati, invitando i clienti a prenotare queste case di lusso, silenziose, in centro storico. San Francesco, il fondatore, dovrebbe benedire questa operazione immobiliare. I Cappuccini non possono protestare. Erano pochi e troppo anziani. Non ce la facevano più a gestire il convento. Come i loro confratelli, in tante città italiane, si sono ritirati nelle infermerie - così vengono chiamate le case di riposo dei frati - delle Curie provinciali, o si sono uniti ai fratelli di altri conventi. Ai tempi del Concilio Vaticano II (negli anni Sessanta) in Italia c’erano più di 5.500 frati Cappuccini. Nel 1997 erano 2.871. L’ultimo censimento, nel 2007, ha contato 2.466 frati. E così le antiche celle, i chiostri, gli orti e i giardini rischiano di essere trasformati in hotel, appartamenti, bed and breakfast e agriturismi.
“Per noi - dice padre Dino Dozzi, direttore del Messaggero Cappuccino e docente di Sacra Scrittura - lasciare un convento è un trauma. Non ci sono solo pietre, ci sono 300 o 400 anni di storia. I conventi sono le nostre case ma sono stati costruiti con le offerte della gente. Ancora oggi noi frati, che non riceviamo nulla dall’8 per mille, viviamo della carità del popolo. Lasciare un convento vuol dire abbandonare la casa che la gente ci ha costruito. Questo ci fa stare male, ma non possiamo fare altro. Quando, nel 1955, io sono entrato, a 10 anni, nel seminario Serafico di Imola c’erano altri cento seminaristi. Ora non si prendono più bambini, ma nel noviziato di Santarcangelo di Romagna, dove studiano i novizi di Emilia Romagna, Piemonte e Liguria, in media ci sono due nuovi arrivi all’anno. Come possiamo continuare a gestire conventi, parrocchie e anche l’assistenza spirituale in tanti ospedali?”.
I seguaci di fra Cristoforo e padre Pio stanno vivendo momenti difficili. “Siamo cambiati noi - dice padre Dozzi - ed è cambiata soprattutto la società. Noi siamo stati chiamati “i frati del popolo” perché abbiamo sempre vissuto in mezzo alla gente. C’erano i frati questuanti, che non erano sacerdoti ma bellissime figure, semplici e buone. Bussavano a tutte le case di campagna, alla ricerca di uova, formaggio, uva, noci per la mensa del convento. I poveri si toglievano il pane di bocca, per aiutarci. Se il questuante non si presentava le famiglie si preoccupavano, andavano a cercarlo. E il frate parlava in dialetto, si fermava a dormire nella stalla, giocava a carte con i contadini”.
Lo storico Paolo Prodi, che ha curato “La storia dei Cappuccini in Emilia Romagna”, ha scritto che la gente di campagna vedeva i Cappuccini come alternativa all’istituzione clericale. “Ora quasi tutti i frati sono sacerdoti, e il ministero è diverso - continua padre Dozzi -. Solo a Imola fra Vittore Casalboni, un frate grande e grosso, continua la questua con un camioncino. Raccoglie vestiti e scarpe, vecchie lavatrici, frigoriferi. Una volta all’anno organizza un campo di lavoro, con 150 giovani che arrivano da tutta Europa, per aggiustare ogni cosa, venderla e raccogliere soldi per le nostre missioni. Ma è rimasto solo lui. Intorno a noi il mondo è cambiato: chi aprirebbe oggi la sua porta blindata a un frate questuante? Tutti chiusi a doppia mandata, e non si sa chi sia più prigioniero, fra chi è fuori e chi è dentro”.
In soli cinque anni, dal 2003 al 2007, sono stati abbandonati 33 conventi. A Parma è stato chiuso quello di borgo Santa Caterina, con affreschi del Guercino. “La chiesa è stata donata alla diocesi - dice padre Paolo Grasselli, ministro provinciale dell’Emilia Romagna - e parte dell’edificio è stato venduto ai privati. Dovevamo scegliere fra il convento e l’assistenza all’ospedale. Abbiamo scelto il conforto ai malati”. A Lugnano di Teverina il convento cappuccino del 1579 è diventato una Casa per ferie, “luogo ideale anche per banchetti e ricevimenti”. E L’antica chiesa “è a disposizione per la meditazione personale e per i momenti di preghiera”.
La chiesa del Convento ai Cappuccini di Cologne in Franciacorta, già dal 1990, è diventata una sala speciale per convegni e banchetti dell’omonimo hotel e centro benessere. Costruito nel 1569 il convento era chiamato “una poesia scandita nella pietra”. Quattro stelle, camera doppia da 160 a 280 euro a notte. “Vivevano qui venti frati - dice la nuova proprietaria, Rosalba Tonelli - e c’era anche la foresteria per i viandanti. Abbiamo recuperato ogni pietra antica, nel rispetto di chi ha costruito questo luogo. Sembra di vedere ancora i frati che scendono il monte in groppa ai loro asini”. Nell’hotel San Paolo al Convento di Trani, sull’altare della cappella affrescata, trovi le mozzarelle e le brioches della prima colazione.
“La crisi delle vocazioni - dice padre Mariano Steffan, segretario della Conferenza italiana superiori maggiori Cappuccini - ci riporta alle nostre origini. Quando eravamo quasi seimila, ai tempi del Concilio, abbiamo preso in mano parrocchie e altre attività. Ma questo non è il nostro compito. Il Cappuccino deve aiutare le frange deboli della società, come gli anziani, i tossicodipendenti. E deve essere povero fra i poveri, in un momento difficile per tutti. Oggi non basta dare un pane. Dobbiamo costruire una carità che dia dignità alla persona. Certo, il nostro patrimonio fa gola. Anche una società americana ci ha contattato per comprare conventi e trasformarli in alberghi di lusso. Non abbiamo accettato”.
La San Francesco Srl di Modena è proprietaria anche della parte più antica del convento e della chiesa di Santa Croce. Dove c’erano le prime celle dei frati ora ci sono gli uffici di Emilia Romagna Teatri (e il Comune paga l’affitto ai nuovi proprietari). In uso gratuito, invece, la chiesa “con grande altare maggiore in legno, secolo XVII e presepe di scagliola dipinta”. Così padre Francesco Massari, Cappuccino, una volta la settimana, la domenica alle 11,30 può arrivare da Vignola e celebrare la messa. Forse anche il rito domenicale potrà essere inserito fra le “finiture di pregio” promesse ai nuovi abitanti del convento.
Voglio ricordarvi che oggi 19 Gennaio ricorre San Mario.
Tanti auguri di buon onomastico a tutti coloro che hanno questo nome.
San Mario martire
Mario è venerato come santo e martire dalla Chiesa Cattolica.
Con lo stesso nome sono venerate anche diverse altre figure martirizzate nei primissimi anni del cristianesimo: a Roma, nelle Gallie, a Nicomedia e ad Anversa, in Siria, a Creta, ad Alessandria d’Egitto, a Losanna.
Cenni biografici
Le notizie su di lui, pochissime e incerte, derivano dalla Passio di san Valentino, del IV secolo.Si riporta che Mario, o Maris, sia stato un nobile di origine persiana. Giunse a Roma nel 270. per venerare i sepolcri dei martiri insieme alla moglie Marta e ai due figli Audiface ed Abaco. La famiglia, aiutata dal prete Giovanni si diede a seppellire lungo la Via Salaria i corpi di oltre 260 martiri che giacevano uccisi in aperta campagna.
Scoperti, vennero interrogati dal prefetto prefetto Flaviano e dal governatore Marciano. Rifiutarono di abiurare e di sacrificare agli idoli e furono dunque condannati a morte: gli uomini furono giustiziati lungo la via Cornelia. Marta, in nympha, cioè presso uno stagno poco distante.Si riporta che una matrona romana, Felicita, diede loro sepoltura in un suo possedimento, lungo la stessa via, al tredicesimo miglio. Qui sorse una chiesa di cui esistono tuttora i ruderi e che fu meta di pellegrinaggi nel medioevo. Oggi é detta tenuta Boccea.
Le loro reliquie ebbero vicende molto complesse: alcune furono traslate a Roma nelle chiese di S. Adriano e di Santa Prassede. Un’altra parte di fu inviate ad Eginardo nell’828. Questi, biografo di Carlo Magno, le donò al monastero di Seligenstadt.
MESSAGGIO DI TENEREZZA
Questa notte ho sognato che camminavo sulla sabbia accompagnato dal Signore,
e sullo schermo della notte rivedevo tutti i giorni della mia vita.
Per ogni giorno della vita passata,
apparivano sulla sabbia due orme: una mia e una del Signore.
Ma in alcuni tratti vedevo una sola orma
che coincideva con i giorni più difficili:
i giorni di maggior angustia, di maggior paura e di maggior dolore.
Allora ho detto: “Signore,
Tu avevi promesso che saresti stato con me, sempre,
e io ho accettato di vivere con te.
Allora perché mi hai lasciato solo
proprio nei momenti più difficili?”.
E lui mi ha risposto: “Figlio mio,
tu lo sai che io ti amo e non ti ho abbandonato mai:
i giorni in cui hai visto solo un’orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui ti ho portato in braccio”.
La storia Sufi
Ciao miei cari e affezionati lettori, oggi prima di annotarvi una cronaca voglio raccontarvi una storiella un pochino divertente ed un pochino massima. Buona lettura amici!
Una storia Sufi
Un giorno l’asino di un contadino cadde in un pozzo.
Non si era fatto male, ma non poteva più uscirne.
L’asino continuò a ragliare sonoramente per ore, mentre il proprietario pensava al da farsi.
Finalmente il contadino prese una decisione crudele: concluse che l’asino era ormai molto vecchio e che non serviva più a nulla, che il pozzo era ormai secco e che in qualche modo bisognava chiuderlo.
Non valeva pertanto la pena di sforzarsi per tirare fuori l’animale dal pozzo.
Al contrario chiamò i suoi vicini perché lo aiutassero a seppellire vivo l’asino.
Ognuno di loro prese un badile e cominciò a buttare palate di terra dentro al pozzo.
L’asino non tardò a rendersi conto di quello che stavano facendo con lui e pianse disperatamente.
Poi, con gran sorpresa di tutti, dopo un certo numero di palate di terra, l’asino rimase quieto.
Il contadino alla fine guardò verso il fondo del pozzo e rimase sorpreso da quello che vide.
Ad ogni palata di terra che gli cadeva addosso, l’asino se ne liberava, scrollandosela dalla groppa, facendola cadere e salendoci sopra.
In questo modo, in poco tempo, tutti videro come l’asino riuscì ad arrivare fino all’imboccatura del pozzo, oltrepassare il bordo e uscirne trottando.
La vita andrà a buttarti addosso molta terra, ogni tipo di terra.
Principalmente se sarai dentro un pozzo.
Il segreto per uscire dal pozzo consiste semplicemente nello scuotersi di dosso la terra che si riceve e nel salirci sopra.
Ricorda le cinque regole per essere felice:
1- Libera il tuo cuore dall’odio e dalla rabbia
2- Libera la tua mente dalle preoccupazioni.
3- Semplifica la tua vita.
4- Da’di più e aspettati meno.
5- Ama di più e… accetta la terra che ti tirano addosso, poiché essa può costituire la soluzione e non il problema.
da Repubblica
Sementa schiaffeggia cronista
I lettori: “Chieda scusa ma vada avanti”
Sondaggio: sindaco e Bassolino ultimi in Italia
In classifica sono ultimi. Antonio Bassolino e Rosa Russo Iervolino, dopo essersi incontrati più volte nei giorni scorsi nel lavoro di ricostruzione della giunta comunale, si ritrovano assieme con la maglia nera del consenso, entrambi ultimi a quota 39 per cento di gradimento, secondo un sondaggio realizzato da “Ipr marketing” tra settembre e dicembre e pubblicato dal Sole 24 Ore. Se Bassolino è stato superato, rispetto all´anno scorso quando era a quota 46 per cento, da Claudio Burlando (Liguria) e Niki Vendola (Puglia), la Iervolino perde a sua volta dieci punti rispetto a un anno fa e venti rispetto alle elezioni del 2006 e vede la polvere di Catanzaro, Caserta, Brindisi e Cosenza che nel 2007 la seguivano. Un naufragio da cui si salva in parte il presidente della Provincia Dino Di Palma, che a quota 45 per cento di gradimento è comunque novantanovesimo nella sua categoria.
Un sondaggio che conferma come nella gente sia ormai percepito in modo galoppante lo stato di malessere dei Palazzi. Percezione sempre più nitida anche da parte del centrodestra di Napoli che, digeriti struffoli e cassate, ha deciso di rimboccarsi le maniche raccogliendo venti firme e presentando una petizione che obbliga il sindaco a riunire la conferenza dei capigruppo che, a sua volta, dovrà convocare il consiglio comunale entro e non oltre il 4 febbraio. Il primo obiettivo dell´opposizione è portare il sindaco in aula per misurare effettivamente lo stato di salute di una maggioranza che comunque, a partire dai dipietristi passati all´opposizione, esce indebolita dal rimpasto del 5 gennaio. A conti fatti il sindaco oggi può contare su 34 voti sicuri tra Partito democratico, sinistra radicale, socialisti, Udeur, Movimento civico e due esponenti del gruppo misto.
Venti le firme raccolte per far riunire il consiglio comunale, ma ne serviranno almeno 24 per presentare la mozione di sfiducia e poi occorreranno trentuno voti in aula per farla approvare. Impresa che sulla carta non sembra di facile realizzazione per il centrodestra che, in ogni caso, mira a coinvolgere i napoletani con una serie di iniziative parallele tra cui anche l´occupazione di alcuni luoghi simbolo della città, comprese alcune sedi istituzionali. Con l´obiettivo, spiegano i consiglieri comunali, di «evidenziare il fallimento, lo stato di crisi politico-amministrativa della giunta Iervolino e l´inesistenza di una maggioranza di centrosinistra».
La Iervolino, intanto, rientrata da Bruxelles, ha riunito in mattinata per la prima volta la nuova giunta a ranghi compatti dopo il rientro di qualche veterano dalle vacanze e la presenza dei sei nuovi innesti. Una riunione di quattro ore servita anche a mettere a fuoco le priorità per i prossimi due anni e mezzo. Il programma riverniciato a cui il sindaco ha lavorato nelle ultime settimane: sicurezza, illuminazione pubblica, manutenzione delle strade devastate dalle buche e risoluzione dei rapporti con Alfredo Romeo, nuova gara per la videosorveglianza, miglioramento complessivo della qualità dei servizi al cittadino con un potenziamento delle funzioni di ascolto e rilevazione dei punti di maggior criticità.
«La nuova giunta - ha sottolineato il sindaco - opererà in maniera coordinata affrontando le priorità con la giusta sinergia tra i vari assessorati per individuare e offrire le soluzioni più rapide e appropriate». Per la prima volta in sette anni e mezzo la Iervolino ha parlato così con un comunicato, rifiutando il tradizionale e informale briefing a Palazzo San Giacomo: «Con voi giornalisti non parlo». E non solo. Durante la riunione aveva raccomandato a tutti gli assessori, vecchi e nuovi, di parlare «solo e sempre attraverso l´ufficio stampa del Comune».
Marionetta di stoffa
Salve miei cari lettori, oggi voglio raccontarvi un’ aforisma, anche se sembra più sermone. Se è un pochino lunghetto scusatemi, ma…. vale la pena di leggerlo fino in fondo; e sapete perché? Perché….
…..se per un istante Dio dimenticasse che sono una marionetta di stoffa e mi regalasse un poco di vita, probabilmente non direi tutto quello che penso, però in definitiva penserei tutto quello che dico.
Darei valore alle cose, non per quello che valgono, ma per quello che significano.
Dormirei poco, sognerei di più, capisco che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi, perdiamo sessanta secondi di luce.
Andrei avanti quando gli altri si fermano, mi sveglierei quando gli altri dormono.
Ascolterei quando gli altri parlano, e come gusterei un buon gelato al cioccolato!
Se Dio mi regalasse un poco di vita, vestirei in modo semplice, mi butterei a terra al sole, lasciando allo scoperto, non soltanto il mio corpo ma anche la mia anima.
Mio Dio, se io avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio, e aspetterei che uscisse il sole.
Dipingerei con un sogno di Van Gogh sulle stelle un poema di Benedetti, e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna.
Innaffierei con le mie lacrime le rose per sentire il dolore delle loro spine, e l’incarnato bacio dei suoi petali…
Mio Dio, se io avessi un poco di vita…
Non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che gli voglio bene. Convincerei ogni donna o uomo che sono i miei preferiti e vivrei innamorato dell’amore.
Agli uomini proverei quanto si sbagliano quando pensano che smettono di innamorarsi quando invecchiano, senza sapere che invecchiano quando smettono di innamorarsi!.
A un bambino gli darei le ali, però lascerei che da solo imparasse a volare.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia ma con la dimenticanza.
Tante cose ho imparato da voi, gli uomini…
Ho imparato che tutto il mondo vuole vivere nella cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel modo di salire la scarpata.
Ho imparato che quando un bambino appena nato stringe con il suo piccolo pugno, per la prima volta, il dito di suo padre, lo mantiene intrappolato per sempre.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare un altro dall’alto, solo quando lo aiuta ad alzarsi.
Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi, però realmente a molto non serviranno, perché quando mi metteranno dentro quella valigia, infelicemente starò morendo.”
Di sempre ciòe provi e fai quello che pensi. Se sapessi che oggi fosse l’ultima volta che ti vedo andare a dormire, ti abbraccerei forte e pregherei il Signore per poter diventare il guardiano dei tuoi sentimenti.
Se sapessi che questa fosse l’ultima volta in cui ti vedo uscire dalla porta, ti stringerei, ti darei un bacio e ti richiamerei nuovamente a me per baciarti ancora. Se sapessi che questa fosse l’ultima volta che ascolto la tua voce, registrerei tutte le tue parole per poterle ascoltare, una, mille, infinite volte. Se sapessi che questi fossero gli ultimi istanti in cui posso vederti, direi “ti amo” e non darei, stupidamente, per scontato che tu giào sappia.
C’è sempre un domani e la vita ci offre sempre una nuova opportunità per fare bene le cose, peròl caso in cui mi sbagliassi e oggi è tutto quello che ci resta, mi piacerebbe dirti quanto ti amo e farti sapere che non ti dimenticherò mai.
Il domani non è garantito per nessuno, giovane o vecchio che sia. Oggi potrebbe essere l’ultima volta che vedi le persone amate. Per questo, non attendere ancora, fallo oggi, visto che, se il domani non dovesse mai giungere, potresti facilmente rimpiangere i giorni in cui non ti concedesti il tempo per un sorriso, per un abbraccio, per un bacio, e quelli in cui fosti troppo occupato per prestare attenzione ad un loro ultimo desiderio.
Tieni vicino a te coloro che ami, non nascondergli che hai bisogno di loro ed esprimigli segretamente fino a che punto sono importanti per te, amali e rispettali, prenditi il tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.
Nessuno ti ricorderà per i tuoi segreti pensieri.
Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli sempre. Dimostra ai tuoi amici quanto essi ti interessino e quanto essi siano importanti per te.
Iervolino scrive alla città
Ora lavoriamo insieme
Week-end a Bruxelles. Da nonna vera più che da madre metaforica della città. Mentre Diliberto la invitava a staccare la spina, Rosa Iervolino ha staccato ieri il biglietto per la capitale belga, per andare a riposarsi di questi giorni convulsi (ieri mattina c´è stato anche un leggero incendio, senza conseguenze, nel palazzo in cui abita) con la figlia e i nipotini che lì vivono da anni.
Gli ultimi atti da sindaco sono la lettera aperta alla città, un incontro con l´assessore regionale Andrea Cozzolino e la distruzione materiale del famigerato nastro della conversazione con Nicolais e Iannuzzi sul rimpasto di giunta.
Nella missiva alla città, che comparirà integralmente sulle pagine dei giornali domani, il sindaco dice a «voi tutti cari concittadini» che ha resistito alle «tante sirene che consigliavano di lasciare oppure al contrario di farmi guidare» e che invece ha deciso di adempiere al mandato conferitole dal 57 per cento dei napoletani appena due anni e mezzo fa. Afferma poi che «la città ha bisogno di un sereno e fattivo lavoro e non certo di pause istituzionali o di governi commissariali».
Inoltre «il luogo deputato a tracciare e controllare le politiche della città» è il consiglio comunale. Insomma guai ad aprire la città a esterni, piuttosto «vi esorto a non lesinarmi critiche, ma anche e soprattutto a mantenere un impegno comune per il futuro della nostra città».
Ai cittadini, la lettera. A Nicolais invece va la distruzione delle loro conversazioni, già «censurate» dal commissario pd Enrico Morando, e operata materialmente a fine mattinata dai suoi collaboratori nella sala stampa del Comune. L´ultimo adempimento del sindaco a Palazzo San Giacomo è stato però l´incontro con Cozzolino, responsabile delle attività produttive in Regione. Tema: il rilancio economico della città. In agenda zona franca, investimenti per Napoli Est e fondi Ue per il centro storico.
«Dobbiamo continuare a lavorare assieme con la giunta comunale - dice Cozzolino - Nei prossimi giorni intensificherò i colloqui, incontrando anche gli assessori comunali interessati». Incontro tecnico, ma dall´evidente senso politico: Cozzolino è uno dei principali collaboratori storici di Antonio Bassolino, e fu anche l´avversario di Nicolais nella corsa alla segreteria provinciale del Pd.
Dunque si salda ancora il legame con la Regione. Ribadito peraltro dal presidente Antonio Bassolino, che nel suo blog paragona la nuova giunta a quello che «avvenne un anno fa alla Regione, quando, nel pieno dell´emergenza rifiuti, formammo un nuovo esecutivo». Due palazzi, ma un identico modo di fare. «Una sfida impegnativa» alla quale l´amministrazione regionale garantisce «il massimo sostegno. Ma è importante che partiti e istituzioni si muovano con la dovuta autonomia».
Da Repubblica
“Un gran freddo dentro l’anima…”
E’ la prima volta nella mia vita che sento “un gran freddo dentro l’anima”….
sentimenti mai detti o mai provati o provati ma rinnegati, oppure urlati ed arrogantemente pretesi…
verità nascoste con vergogna, che un giorno scopriamo e delle quali subito dobbiamo pentirci e per le quali, senza averne il diritto, veniamo giudicati…
capisco che la vita nonostante tutto si rinnova….l’unica cosa reale in un mondo che pare girare per ricominciare un ciclo di menzogne, di sentimenti buttati, di egoismi regalati come fossero doni preziosi…
….e tutto ciò che resta è solo un gran freddo….
Comune, ecco la nuova giunta
I miei quattro ex assessori erano degli sfrantummati
«Romeo afferma di essere una sorta di consulente globale del Comune di Napoli? Nego recisamente che rivestisse questo ruolo. Aveva rapporti con quattro soli assessori che non esito a definire “sfrantummati”, ad eccezione del solo Felice Laudadio che considero una persona di estrema professionalità e correttezza».
ECCO LA NUOVA GIUNTA:SEI VOLTI MA IL PD SI SPACCA
«La nuova giunta c´è» e in serata arrivano i nomi dei sei nuovi assessori. L´editore Diego Guida, l´ex direttore dell´igiene urbana a Roma Paolo Giacomelli e quattro professori universitari: la sociologa Enrica Amaturo, l´economista Riccardo Realfonzo, Marcello D´Aponte, ordinario di Diritto del lavoro pubblico a Scienze Politiche della Federico II, Pasquale Belfiore, ordinario di Composizione architettonica alla Seconda università. Degli assessori in carica salta solo Gennaro Mola (Pd) che lascia la nettezza urbana.
Una lista firmata dopo una serie di no. A cominciare dal deputato pugliese del Pd Francesco Boccia che, nei piani di Rosa Russo Iervolino, avrebbe dovuto rappresentare con la delega al bilancio il motore della nuova amministrazione comunale. E invece Boccia ha detto no. «No - ha spiegato - perché il Pd su questa vicenda è sfilacciato in Campania ai diversi livelli». Censurando la frattura che a Napoli separa il Pd dei segretari veltroniani Nicolais e Iannuzzi dal partito di Bassolino costruito attorno agli assessori di Comune e Regione.
Sabato la Iervolino si è schierata con questi ultimi: «Bassolino qui deve governare con me e, comunque, fino a cinque minuti fa tutti lo osannavano». Ieri mattina ha ricevuto Nicolais e Iannuzzi e nel pomeriggio dal bunker del Municipio ha telefonato a raffica ricevendo qualche sì e tanti no, oltre che da Boccia, anche dalla professoressa di sociologia Paola De Vivo e da Giuseppe Errico della Cgil mentre già da due giorni aveva rifiutato Domenico Tuccillo, coordinatore della segreteria del Pd.
Una giornata ricca di contrasti. Alle 13.20 nel cortile di Palazzo San Giacomo la Iervolino annuncia che tutto è a posto e che entro ventiquattr´ore presenterà la nuova squadra rigenerata dopo le falcidie dell´inchiesta Romeo. «Veltroni? La telefonata di sabato sera è stata più che sufficiente». Dal municipio sono appena usciti i segretari del Pd Luigi Nicolais e Tino Iannuzzi che, invece, telefonano a Veltroni e diffondono un comunicato tutt´altro che in linea con le frasi del sindaco. Comunicato in cui si insiste sulla necessità di un «rinnovamento della squadra della giunta nel rispetto della responsabilità e dell´autonomia e delle scelte del sindaco». Un rinnovamento «sostanziale nel programma e nel governo della città».
In serata il no dell´economista Francesco Boccia: «Il mio partito non parla la stessa lingua ai diversi livelli. Darò comunque una mano al sindaco sulle dinamiche finanziarie da attuare». Quindi la lista diffusa alle 22. Restano tutti i bassoliniani, salta solo Gennaro Mola.