Papa Francesco: abbiamo bisogno di comunità aperte
La comunità cristiana deve aprirsi al Signore, alla gioia, alla testimonianza positiva. Se una comunità non è libera, non è davvero credente, allora si chiude in se stessa ed è dominata da dinamiche negative. Lo ha sottolineato Papa Francesco, nell’omelia della messa del mattino a Santa Marta, alla presenza di un gruppo di dipendenti vaticani.
Il Concilio Vaticano II - 8/8
2005 – Alle 21:37 muore Papa Giovanni Paolo II
2005 – Alle 21:37 muore Papa Giovanni Paolo II. Quando viene data la notizia ufficiale, le migliaia di persone raccolte spontaneamente davanti alla Basilica di San Pietro danno vita ad una veglia di preghiera che praticamente si svolge senza sosta
Il Concilio Vaticano II - 7/8
La preghiera di papa Francesco steso a terra
di Paolo Rodari
rassegna stampa-fonte-
la Repubblica
«A volte ci sembra che Dio non risponda al male, che rimanga in silenzio. In realtà Dio ha parlato,
ha risposto, e la sua risposta è la croce di Cristo: una Parola che è amore, misericordia, perdono».
Dopo un’ora e mezzo col capo chino e in silenzio, spesso con gli occhi chiusi in meditazione, Papa
Francesco prende la parola al termine della Via Crucis al Colosseo e parla del male presente nel
mondo e «in noi». Spesso Dio sembra silente, spiega il Papa. Ma la sua risposta c’è ed è la croce di
Cristo, il suo abbassamento, la sua prostrazione come quella del Papa in San Pietro ieri pomeriggio
prima dell’arrivo al Colosseo.
È uno dei momenti più carichi di significato del Venerdì santo. Francesco, il Papa che ha tessuto
tutto questo inizio di pontificato sulla necessità di un ritorno a una Chiesa «umile», «dei poveri»,
che abbandoni il «narcisismo» e la «mondanità», si prostra a chiedere aiuto.
L’immagine migliore di un papato che vuole mettersi al servizio,
di un Papa che intende essere pastore e, dunque, capo di
una Chiesa che ha nella radicalità evangelica e insieme nella necessità della conversione il suo
significato più profondo. E nelle meditazioni scritte sempre per la Via Crucis dai giovani libanesi
insieme al patriarca Bechara Boutros Rai emergono quei molti «Pilato » che «tengono nelle mani le
leve del potere e ne fanno uso al servizio dei più forti». Al peso della croce che piega le spalle di
Gesù, affermano, si aggiunge quello del mondo che piega le sue spalle sotto il «laicismo cieco», che
vuole soffocare la fede e la morale, o il «fondamentalismo violento che prende a pretesto la difesa
dei valori religiosi».
Il ritorno a una Chiesa umile, che vive della croce, è anche nelle parole del predicatore della
Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, che sempre ieri pomeriggio in san Pietro ha ricordato
come nell’edificio della Chiesa, nel corso dei secoli, «per adattarsi alle esigenze del momento» si
sono costruiti tramezzi, scalinate, stanze e stanzette.
Eppure «arriva il momento quando ci si
accorge che tutti questi adattamenti non rispondono più alle esigenze attuali, anzi sono di ostacolo,
e allora bisogna avere il coraggio di abbatterli e riportare l’edificio alla semplicità e linearità delle
sue origini». Cantalamessa, francescano come Jorge Mario Bergoglio, ha citato il racconto di Franz
Kafka intitolato “Un messaggio imperiale”.
Come il castello di Kafka, anche la Chiesa è fatta di
«muri divisori, a partire da quelli che separano le varie chiese cristiane tra di loro, l’eccesso di
burocrazia, i residui di cerimoniali, leggi e controversie passate, divenuti ormai solo dei detriti…».
Ma a un certo punto tutto questo deve essere abbattuto. Ha detto ancora Cantalamessa: «È stata
proprio questa la missione ricevuta da San Francesco davanti al crocifisso di San Damiano: “Va’,
Francesco, ripara la mia Chiesa”».
Nella giornata in cui la Chiesa ricorda la passione di Gesù, anche una notizia ludica. Nei prossimi
mesi in onore di Papa Francesco, Italia e Argentina organizzeranno un’amichevole di calcio. L’idea
è stata lanciata dal ct italiano Cesare Prandelli.
TG2 Dossier: Doc Papa Ratzinger a cura di Lucio Brunelli - Rai 2
TG2 Dossier: Doc Papa Ratzinger a cura di Lucio Brunelli - Rai 2
È fumata nera E Benedetto XVI segue il voto in tv
Previsione rispettata: fumo nero in piazza San Pietro.
Nel primo scrutinio i voti si sono sparpagliati tra il super-favorito
Scola e i suoi competitori più accreditati: Scherer, Bergoglio, Ouellet, Dolan.
Prima votazione senza esito (ma utile a pesare le candidature e a definire i rapporti di forza interni
al sacro collegio) al termine di una giornata suggestiva.
La mattina nella basilica vaticana, la messa d’inizio conclave è
stata interrotta da un boato dei fedeli quando dall’altare il decano Sodano ha
ringraziato Benedetto XVI per il suo pontificato.
Poi a metà pomeriggio i 115 elettori sono solennemente entrati
in processione nella Cappella Sistina: hanno giurato in latino, ciascuno con il
proprio accento e la mano sul Vangelo sotto il Giudizio Universale di Michelangelo.
«Al momento non c’è una maggioranza, però alcuni candidati con poche preferenze si ritireranno
presto» spiega un porporato che ha partecipato al conclave del 2005 e alle dieci congregazioni
generali.
Anche Dolan prevede la fumata bianca entro giovedì.
Appena scoccherà il quorum (77) un miliardo e duecento milioni
di cattolici avranno la loro guida spirituale e si chiuderà uno dei periodi
più travagliati della storia ecclesiastica, caratterizzato dai continui ostacoli opposti dalla Curia
romana all’azione riformatrice di Ratzinger che ieri ha assistito all’«Extra omnes» in tv.
Il suo braccio destro Gaenswein è stato tra gli ultimi a lasciare il seggio elettorale più prestigioso del
mondo.
Sodano non vota perché è «over 80», ma ha affidato il mandato ai porporati, richiamando la
necessità che la Chiesa sia unita, proclami un messaggio di giustizia e pace a livello mondiale,
pratichi (e per primo lo faccia il Papa) il messaggio dell’amore.
L’Osservatore romano precisa che ogni Pontefice esprime la Chiesa che lo ha eletto.
Insomma, novità e tradizione si mescolano nellavita di una Chiesa bimillenaria.
I papi nascono da attese e speranze, ma anche da alchimie di
vecchio e nuovo, da riti e tradizioni.
E il conclave appare al momento aperto.
Alla fumata la piazza, gremita oltre ogni attesa malgrado
la pioggia e il freddo invernale, trattiene il respiro. Alle 19,41 i
primi sbuffi sono grigi, ma poi i fumogeni dimostrano la loro efficacia.
Anche l’ex premier Romano Prodi lascia San Pietro mentre i conclavisti sono già nella residenza Santa Marta.
Preghiera, poche ore di sonno e stamattina all’alba si ricomincia. « Un’atmosfera molto particolare e intensa
all’interno della Sistina», sottolinea il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi.
Si elegge il 265° successore di Pietro e, dopo quello del primo Pontefice nella storia che rinuncia per
motivi d’età, nessun colpo di scena può essere escluso.
Tra i «reclusi» d’Oltretevere c’è anche il primo elettore cinese.
Oggi il «celeste impero» è ciò che la Russia fu 35 anni fa per il polaccoWojtyla.
Votare un Pontefice è «al contempo una scelta politica e religiosa» ha ricordato prima di
entrare in conclave il curiale De Paolis.
Conclave, il ruolo effimero degli ordini e dei movimenti
Si dice che la Chiesa respira soprattutto nei nuovi Movimenti, talvolta capaci di rideclinare carismi
ancor vivi negli Ordini religiosi sorti nel tempo.
Non pochi i cardinali affascinati da ciellini — o cielleini, come diceva padre Turoldo —, focolarini, santegidini, neo-catecumenali, carismatici…
Non pochi quelli affezionati ai meeting più diversi.
Più rare le voci di dissenso sui rischi di divisioni o parallelismi
che poche analogie trovano fra le più rassicuranti e radicate Congregazioni religiose.
Al di là delle opinioni sul valore o la data di questa fotografia, sorge una domanda: come si
esprimono queste realtà nelle ore che stiamo vivendo? Assistiamo ad un dinamismo che è solo
orante oppure interessato? E a dirla tutta: è un potere vero quello loro attribuito alla vigilia del
Conclave?
Parole ricorrenti da campagne elettorali- ne vanno infatti sottolineando un ruolo silenzioso e
determinante, non scevro da capacità di pressioni e alleanze. Ma è davvero così? Questa non è
l’attesa sul voto politico dei cattolici…
E allora?
Non si tratta, tutt’al più, di investimenti reciproci,
nati nel segno di fiduciose amicizie che hanno già costruito vicendevoli punti di riferimento?
Investimenti valoriali, si capisce, che consentono non dividendi, ma maggior serenità per il futuro.
Insomma è un conto dire che possa esserci stata — e possa ripetersi — una certa influenza
dell’Opus Dei (ma qui parliamo di una prelatura personale che fra l’altro arriva con un solo elettore
in conclave, Cipriani Thorne), un conto fantasticare circa pacchetti di voti controllati da questo o
quel movimento fuori dalla Sistina.
Procediamo per gradi.
Dove o su chi graviterebbero gli sforzi presunti che in queste ore
coinvolgerebbero gli Istituti religiosi e quasi tutti i Movimenti? (Quasi, perché i Legionari sono
citati solo per i misfatti del loro fondatore, già in rapporto con qualche porporato ora bersaglio di
fulmini «interdittivi»).
I nomi e i numeri ci sono.
Quelli dei cardinali appartenenti agli Ordini e quelli vicini ai Movimenti.
In qualche caso presenti in tutti e due gli elenchi.
Al primo appartengono
Schönborn e Dukae, domenicani;
Ouellet, sulpiziano;
tre francescani minori: Vallejo, Hummes, FoxNapier,
e il cappuccino O’Malley;
quattro salesiani: Amato, Bertone, Farina e Rodriguez Maradiaga;
il gesuita Bergoglio (del quale si dice ancora: «Gli basterebbero quattro anni per cambiare le cose»);
lo scalabriniano De Paolis e Boutros Raï, maronita della Beata Vergine Maria (ora assistenti del
camerlengo Bertone);
Rodé, vincenziano;
Terrazas Sandoval, redentorista; George, oblato di MariaImmacolata;
Errázuriz Ossa, dei Padri di Schönstatt.
Insomma: diciotto persone, voci di un gruppo
importante, seppur frammentato, che da O’ Malley a Ouellet e Schönborn esprime più di un favorito
per il dopo Ratzinger.
Anche se per trovare un papa «religioso» bisogna risalire al 1831, al
camaldolese Bartolomeo Cappellari, Gregorio XVI, dopo il quale il cardinale Bernetti coniò lo
slogan «né frate, né forestiero».
Sin qui le «famiglie religiose» con alti profili come Maradiaga che nei giorni scorsi ripeteva: «Se
esistono le cordate il problema è loro, noi dobbiamo rispondere al Signore non a Movimenti».
Continuando con l’altro elenco, ecco i cardinali punto di riferimento di quei Movimenti che si sono
irrobustiti con Giovanni Paolo II: laicali sì, ma con tante guide in talare. Vi troviamo Scola, radici in
Comunione e Liberazione; Antonelli e Braz de Aviz, focolarini; Dias, Filoni, Cordes, Cañizares,
vicini al Movimento dei carismatici.
E diversi porporati habitués della Comunità di Sant’Egidio, anche
se si ricordano sempre Sepe o Policarpo.
Chiusi gli elenchi, si fatica a credere che questi gruppi abbiano
la forza di spingere realmente candidati esclusivi. Non fosse altro che per alcuni
elementi. Prima per le regole e le prassi di quest’elezione singolare, ben diverse dai percorsi con cui
si sono costruite talune «carriere». Poi perché solo impossibili accordi trasversali consentirebbero
opzioni sin qui disgiunte. Infine perché chi li dipinge come lobby e think tank al servizio di
«pastori» o «curiali», «progressisti» o «conservatori», «ratzingeriani» o «antiratzingeriani» (!), li
sopravvaluta.
Piuttosto, si muoveranno di più dopo il conclave: perché tutti interessati a sostenere il
successore di Benedetto XVI, e ad avere un Papa — detto in sintesi rozza — «favorevole» o almeno
«non contrario».
Ma per chi è papabile il legame, ad esempio, con un Movimento è un vantaggio o un limite? La
risposta è che in conclave si vota una persona, non una coalizione. Aiuta, ma se ce ne sono le
condizioni, il peso del Movimento nel suo grado di presenza e credibilità internazionale. Ma i
cardinali elettori votano innanzitutto l’autorevolezza di un uomo: costruita sulle sue virtù, le sue
doti, la sua forza spirituale e umana. Quando c’è, non ha bisogno di rivendicazioni e interferenze
Come nel 2005, anche questa volta, serviranno almeno 77 voti per trovarla. E avremo — come
diceva il cardinal Laurenti entrando nel conclave del 1922 — «il papa che Dio vuole o almeno
concede».
di Marco Roncalli
rassegna stampa-fonte
“Corriere della Sera” marzo 2013