Centrale biomasse Pignataro, 23 arresti indagato l’assessore regionale Cozzolino

Aprile 28, 2009 by admin · Comment
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CASERTA (28 aprile) - Inchiesta della Guardia di Finanza su una truffa riguardante produzione di energia. Al centro dell’inchiesta la costruzione della centrale biomasse (Biopower) di Pignataro Maggiore, in provincia di Caserta: 23 arresti, ci sono anche un ex assessore provinciale di Caserta, Franco Capobianco e un ingegnere consulente della Regione. Avviso di garanzia per l’assessore regionale alle Attività produttive, Andrea Cozzolino….

Il maltempo non dà tregua Frane e fiumi straripati

Aprile 28, 2009 by admin · Comment
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In Piemonte e in Lombardia preoccupa il livello del Po e del Ticino
Nel Pavese è crollata una palazzina: disperso un uomo di 70 anni

ROMA - L’Italia continua a essere spazzata da un’ondata di maltempo proveniente dall’Atlantico che sta provocando allagamenti e frane, ingenti danni e gravi problemi. Ieri due persone hanno perso la vita a causa del forte vento in Sicilia mentre in Lombardia un anziano risulta disperso tra le macerie di una palazzina crollata a Broni, nel Pavese, a causa di uno smottamento. In Piemonte diversi fiumi e torrenti sono straripati.

Ieri raffiche di scirocco che hanno soffiato fino a 120 chilometri orari hanno mandato in tilt la Sicilia. A Palermo un custode del parco comunale di Villa Trabia è morto dopo essere stato colpito dal ramo di un albero caduto a causa dal fortissimo vento. Rosario Cona, 63 anni, stava chiudendo il cancello d’ingresso della villa dove erano già caduti altri rami. L’altro incidente mortale ha avuto luogo a Rometta Marea (Messina), dove un uomo, Rosario La Spina, 62 anni, è rimasto schiacciato sotto da un cancello di ferro di un’abitazione uscito dai binari per il vento. All’aeroporto di Palermo alcuni voli sono stati cancellati o dirottati su altri scali e la torre di controllo è stata evacuata per 10 minuti nella mattinata a causa delle oscillazioni della struttura provocate dalle intense raffiche di vento. Sempre a causa del vento, da domenica sera sono isolate le isole minori della Sicilia, Lampedusa, Pantelleria, Ustica, Egadi e Eolie.

Risalendo la penisola la situazione resta difficile. Un camion si è ribaltato sulla A3 in Calabria causando la chiusura dell’autostrada tra Bagnara Calabra e Scilla (Reggio Calabria).

Sempre ieri, in Campania sono stati sospesi per alcune ore tutti i collegamenti marittimi tra Napoli e Ischia. E a partire dalla serata sono previste piogge intense su tutto il territorio regionale.

Disagi per il vento anche all’aeroporto di Fiumicino (Roma), dove alcuni voli hanno accusato ritardi. Al Nord è pericolo valanghe, classificato come ‘forte’ (grado quattro su una scala di cinque) in Valle d’Aosta. Pericolo anche in Veneto e in Trentino (’marcato’, grado tre).


A Broni, in Lombardia, una frana si è staccata da una collina e ha provocato il crollo di una palazzina di due piani. In quel tratto scorre il torrente Rile, le cui acque si sono ingrossate a causa delle abbondanti piogge. Le famiglie che abitano nell’edificio si sono messe in salvo. Un uomo di 70 anni risulta invece disperso. Si tratta di un abitante della casa accanto a quella crollata che era sceso in strada per vedere il corso d’acqua in piena. I soccorsi sono scattati immediatamente ma il rischio di nuovi smottamenti complica le ricerche. Il maltempo ha provocato allagamenti e frane in tutto l’Oltrepo pavese. Il Po è salito di tre metri e si è alzato anche il livello del Ticino.

Problemi anche nel Comasco. Due famiglie (cinque eprsone in tutto) sono state allontanate dalle loro case a Capiago Intimiano, dove le prolungate e forti precipitazioni hanno provocato il cedimento di un muro che arginava il terrapieno su cui sorge una palazzina a due piani.

In Piemonte il Tanaro è straripato ieri sera nella piana di Castello d’Annone, a dieci chilometri da Asti. L’acqua ha invaso campi e prati ma finora non sta minacciando le case. Allarme anche ad Alessandria e dintorni.

Preoccupa anche il Po e a Torino l’innalzamento dei livelli (che oggi, secondo le previsioni dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale, toccherà il culmine restando a livelli di “elevata criticità“) ha portato alla chiusura dei locali pubblici sul lungofiume e ad allagamenti nei parchi.

In Liguria tre località dell’entroterra genovese sono bloccate per una grossa frana caduta lungo la strada. A Ventimiglia (Imperia) due persone sono rimaste ferite per una frana caduta su un’auto in transito.

Migliora la situazione a Venezia: il centro maree del Comune ha cambiato le sue stime portando la punta massima prevista sul medio mare da 130 a 120 centrimetri. Circa il 30% del suolo cittadino è stato interessato al fenomeno dell’acqua alta. Comunque non sono stati segnalati particolari problemi.

Per il brusco abbassamento delle temperature il sindaco di Bolzano ha prorogato i termini per l’accensione dei termosifoni.

(28 aprile 2009) Tutti gli articoli di cronaca

 

 

Marco Travaglio - Il paese dei manganelli. Ricordando Indro

Aprile 27, 2009 by admin · Comment
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Canzoni e inni partigiani

Aprile 25, 2009 by admin · Comment
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Vorrei ricordare che l’eccidio delle Ardeatine fu compiuto per rappresaglia a seguito di un attentato (militarmente inutile) compiuto da partigiani comunisti, che ben conoscevano quale sarebbe stata la reazione tedesca. I morti tedeschi erano soldati dalla territoriale e non SS; Paolo Monelli documentò tutta la vicenda, corredandola di numerose testimonianze e note nel libro “Roma 43″ (Longanesi). I veri carnefici delle Ardeatine furono i partigiani comunisti che effettuarono l’attentato.

http://www.youtube.com/watch?v=ni8DHKy0xWw

Napoli, un ragazzo di 17 anni ucciso in un agguato di camorra

Aprile 25, 2009 by admin · Comment
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I killer lo hanno circondato e colpito sette volte. Era incensurato
Il Padre era stato ammazzato allo stesso modo
Incursione in ospedale di 200 parenti e amici. Medici in fuga.

NAPOLI (25 aprile) - Ancora violenza a Napoli, ancora una volta un ragazzo ucciso dopo il dramma dell’omicidio Tagliaferri. Questa volta in un vero e proprio agguato di camorra e morto un giovane di 7 anni, Ciro Fontanarosa. Il ragazzo è stato ucciso la scorsa notte a Napoli in un agguato avvenuto nei pressi della stazione centrale delle Ferrovie.

Fontanarosa si trovava in via Pietro Antonio Lettieri quando gli si sono avvicinate alcune persone che gli hanno sparato contro numerosi colpi di pistola. Il ragazzo è stato raggiunto da sette proiettili.

Soccorso, è stato portato nell’ospedale Loreto Mare, ma è morto subito dopo il ricovero. Il ragazzo era incensurato. Il padre qualche anno fa era stato ucciso in un agguato di camorra.

Appena si è diffusa la notizia, un folto gruppo di parenti ed amici della vittima - circa 200 persone - si è radunato dinnanzi all’ospedale, chiedendo di poter vegliare la salma.

C’è stata una vera e propria irruzione deifamiliari nell’ospedale. I medici sono stati aggrediti e minacciati e sono statoi costretti a barricarsi nelle sale interne del nosocomio, fino all’arrivo di pattuglie di carabinieri.

Ancora impossibile capire le ragioni dell’agguato. Ma quasi certamente si tratta di una vendetta trasversale, di una faida interna ai clan. O della consueta

inflitta aun giovane che aveva  - o voileva -calpestare i piedi a qualche boss della zona.

 

fonte:ilmattino.it 

Il vero significato del 25 aprile

Aprile 24, 2009 by admin · Comment
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Salve amici cari, secondo voi ha davvero ancora senso, nell’Italia del bipolarismo e dei partiti post-ideologici, celebrare come festa nazionale il 25 aprile?

Ha senso, ogni anno, in prossimità di questa ricorrenza, assistere a dibattiti che la caricano di significati politici atti più ad alimentare le divisioni che non a porre l’accento sui valori, ormai interiorizzati nella maggioranza del paese, di libertà e democrazia? Non si tratta di domande retoriche o provocatorie. Le feste nazionali sono ricorrenze che dovrebbero sottolineare, attraverso la solennità dei rituali, i momenti fondanti e unificanti della storia del paese. Sono occasioni per ricordare il senso dell’appartenenza dei cittadini a una sola comunità nazionale. E poco importa che il presidente della Repubblica ricordi che “non è una festa di una parte sola”. Fiato sprecato…
In Italia c’è qualcuno che sabato, 64° anniversario della Liberazione, dovrà tenersi a distanza dalla piazza. Il primo della lista è ovviamente il premier Silvio Berlusconi. Il segretario Pd Dario Franceschini lo ha invitato a dire «parole chiare e inequivocabili sui valori della Resistenza, dell’antifascismo e della Costituzione». Un passo necessario visto che, come spiega Antonio Di Pietro, «a lui non gliene frega proprio niente. Fa e dice tutto questo solo perché è in campagna elettorale». Ancora più netto il giudizio di Paolo Cento (oggi militante sotto le insegne di Sinistra e Libertà): «Sarebbe del tutto inaccettabile la sua presenza durante la celebrazione di questa data storica». Mentre David Sassoli, fresco di candidatura alle europee con il Pd, ha già imparato la lezione: «Berlusconi bisogna sempre invitarlo a fare qualcosa, invece a noi viene spontaneo ricordare che il 25 aprile è un giorno importante». Eccolo qua il problema. Noi e loro. Altro che festa di tutti. Sembra di essere nel 1945. Da una parte i vincitori, dall’altra i vinti che, ovviamente, rappresentano ancora un pericolo per la democrazia. Soprattutto ora che sono al governo. Ma andiamo a qualche anno fa: il 25 aprile di tre anni fa quando l’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti, candidato sindaco nel capoluogo lombardo, partecipò al corteo con il padre, ex deportato a Dachau, in carrozzella. Fu accolta con fischi e urla. E non le andò meglio l’anno successivo quando, in qualità di primo cittadino, salì sul palco di piazza Duomo. Forse anche per questo, quest’anno, non ha ancora fatto sapere se parteciperà o meno al corteo. Così come non ha ancora sciolto la riserva il governatore lombardo Roberto Formigoni, che però ricorda il 25 aprile del 1995 quando, «a pochi giorni dall’insediamento come presidente della Regione Lombardia, fui oggetto di attacchi e insulti». Gli stessi che nel 2002 ricevette, a Bologna, il sindaco Giorgio Guazzaloca. «Fischi sacrosanti» commentarono i Verdi Paolo Cento e Mauro Bulgarelli. Napolitano avrà anche a ragione a dire che «non è una festa di una parte sola», ma a sinistra la pensano un po’ diversamente.

La festività civile del 25 aprile fu introdotta in Italia con una precisa valenza politica e simbolica. La propose ad Alcide De Gasperi nel 1946 il comunista Giorgio Amendola, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Lo scopo era, al di là delle dichiarazioni ufficiali, al tempo stesso quello di esaltare il ruolo del Cln del Nord nella liberazione del paese e quello di accreditarne i componenti, a cominciare dai comunisti, come legittimi costruttori della nuova Italia e come depositari dei valori di libertà e democrazia.
Era la consacrazione del mito di una “unità della Resistenza” egemonizzata dal partito comunista: una visione che, di fatto, relegava in secondo piano il generoso contributo alla lotta contro il fascismo da parte di settori del Paese che non si riconoscevano nella bandiera rossa e nel progetto di Palmiro Togliatti di «democrazia progressiva». E questo, a ben vedere, era e rimane il vizio d’origine della festività. Dopo l’esclusione di comunisti e socialisti dal governo, le celebrazioni della ricorrenza assunsero un carattere paradossale: le manifestazioni ufficiali promosse nello spirito della riaffermazione dell’identità nazionale trovarono un contraltare in quelle inneggianti al «tradimento» della Resistenza e dei suoi valori.
Le piazze dei 25 aprile si riempivano di bandiere rosse più che di tricolori. E ciò proprio mentre il trascorrere del tempo rendeva più saldi, nel sentire comune degli italiani e nella profondità delle loro coscienze, al di là dell’appartenenza all’uno o all’altro partito, i sentimenti di adesione ai principi liberali e democratici. Adesso molta acqua è passata sotto i ponti e il sistema politico è profondamente cambiato. Le forze che vollero la ricorrenza del 25 aprile come simbolo dell’«unità antifascista» e quelle che la contestavano in nome di una improponibile fedeltà a un passato morto e sepolto sono scomparse o ridotte a elementi residuali.
Le nuove generazioni di italiani sono estranee (grazie al cielo!) alle memorie contrapposte. La loro adesione alla liberaldemocrazia è priva di remore. Berlusconi tenga presente questo fatto nel valutare la proposta di Franceschini di prendere parte alle manifestazioni celebrative. In ogni caso, l’auspicio è che quella del 25 aprile sia percepita non più come una festa dell’«unità antifascista» ma come una celebrazione dei valori di libertà e democrazia. Se così non fosse - e si ritorna alla domanda iniziale - ha ancora un senso il 25 aprile?

mobbing

Aprile 23, 2009 by admin · Comment
Filed under: Senza categoria, mobbing 
 Mobbing

Questo documento è il frutto di una mia elaborazione realizzata con l’utilizzo di quanto di meglio ho potuto trovare sul web relativamente a questa materia.

 Partecipiamo: home page

Indice

Definizione

 Come battere il mobbing?

COS’E’ IL MOBBING?

Soggetti del Mobbing

Come si  esercita?

Primo soggetto: la persona

In quali forme si manifesta?

Secondo soggetto il sindacato

Quali sono le finalità?

Raccogliere informazioni

Quali sono le conseguenze del mobbing?

Denunciare il mobbing

Quali sono i sintomi del mobbing sulla vittima?

Come deve operare il sindacato?

Come ci si può difendere dal mobbing? 

Le vie legali

 Allontanarsi dal posto di lavoro: è utile?

Glossario

 

Definizione

La parola deriva dal verbo inglese “To mob”

 (assalire con violenza)

 

Cos’è il Mobbing?

 

Il mobbing è una violenza psicologica tipica del posto di lavoro.

 

Come si esercita?

 

Con attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei datori di lavoro.

 

In quali forme si manifesta?

 

Si può esercitare con:

o    La semplice emarginazione;

o    la diffusione di maldicenze;

o    continue critiche;

o    persecuzione sistematica;

o    Assegnazione di compiti dequalificanti;

o    Compromissione dell’immagine sociale nei confronti di clienti e superiori;

o    nei casi più gravi, anche sabotaggio del lavoro ed azioni illegali.

 

Quali sono le finalità?

 

Lo scopo del Mobbing è di eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni.

 

Quali sono le conseguenze del mobbing?

 

§          causa problemi psicologici alla vittima, che accusa disturbi psicosomatici e depressione;

§          ma anche danneggia sensibilmente l’azienda stessa, che nota un calo significativo della produttività nei reparti in cui qualcuno è mobbizzato dai colleghi.

§          il mobbing può portare fino all’invalidità psicologica, e quindi si può parlare anche di malattie professionali o di infortuni sul lavoro.

 

Quali sono i sintomi del mobbing sulla vittima?

 

 

Il mobbing è causa di importanti effetti sulla salute della persona presa di mira, in quanto esercitato a lungo ed in modo continuativo, queste conseguenze sono soprattutto a carico del benessere psico-fisico.

Come fonte di stress, il mobbing, costituisce un fattore lesivo sia per la psiche che per il corpo, producendo alterazioni funzionali a vari livelli, diversi da soggetto a soggetto. I lavoratori sottoposti a violenza psicologica presentano un alto rischio di sviluppare disturbi d’ansia e dell’umore, con alterazione del sonno e dei livelli di risposta cognitiva.

Unitamente a questi, si possono aggiungere effetti di tipo economico e relazionale.

 

Disturbi d’ansia

 

L’ansia è uno stato di allarme, di marcata inquietudine e attesa affannosa di un pericolo imminente e indefinibile. Tale stato si associa a sentimenti di incertezza e a vissuti di impotenza. A differenza della paura che è una risposta emozionale a condizioni di pericolo reale esterno ben riconoscibile, l’ansia è una paura senza oggetto, compare senza che vi sia una reale minaccia riconoscibile dal soggetto. Essa diviene patologica quando l’individuo non riesce più a dare delle risposte funzionali ai problemi lavorativi e ne risente in misura tale da non poter raggiungere scopi realistici e comuni soddisfazioni.

Lo stato d’ansia si può esprimere acutamente sotto forma di crisi oppure in modo più persistente e continuo.

Nell’ambito lavorativo si possono riscontrare principalmente due disturbi d’ansia:

  

 

Disturbo d’attacco di panico (DAP):

 

si manifesta con una crisi d’ansia acuta spontanea ed inaspettata dalla durata molto breve. Durante questo lasso di tempo il soggetto vive un’esperienza intensa e traumatica di paura o disagio accompagnata da un senso di pericolo o di catastrofe imminente con conseguenti comportamenti atti ad evitare le situazioni in cui il soggetto ha sperimentato per la prima volta la crisi; oppure di rassicurazione. L’attacco insorge inaspettatamente, senza preavviso, raggiunge l’apice rapidamente: di solito bastano 10 minuti o meno.

Questo disturbo è caratterizzato da una serie di sintomi quali: dispnea, palpitazioni, nausea, dolore al petto, sensazioni di soffocamento e asfissia; capogiri, sudorazione e tremori; intensa apprensione, terrore.

Durante l’attacco gli individui riferiscono di aver pensato di essere in procinto di morire, di poter perdere il controllo, di avere un infarto del miocardio o un ictus, o infine di impazzire.
Nei casi di mobbing possono verificarsi due tipi specifici di attacchi di panico:

attacchi di panico causati dalla situazione (provocati): quando sono fortemente associati a dei fattori scatenanti situazionali.


attacchi di panico sensibili alla situazione: quando fra l’esposizione alla situazione e l’attacco esiste sì una relazione ma meno forte.

 

Disturbo post traumatico da stress (PTSD):

 

risposta estrema ad un fattore altamente stressogeno, risposta che comprende un aumento notevole del livello d’ansia, la volontà di evitare gli stimoli associati al trauma e una perdita di efficienza emozionale.
I sintomi di questo disturbo sono raggruppati in tre categorie principali, la diagnosi richiede che i sintomi appartenenti a ciascuna di queste categorie persistano per più di un mese.

 

1.L’evento traumatico viene rivissuto persistentemente dall’individuo attraverso: ricordi spiacevoli e intrusivi dell’evento, comprendenti immagini, pensieri, percezioni, incubi notturni, flashback.
 

2. L’ atto di evitare gli stimoli associati con l’evento e attenuazione della reattività generale. La persona cerca di evitare di pensare al trauma o di essere esposta a stimoli che possano riportarglielo alla mente; a volte può essere incapace di ricordare aspetti importanti dell’evento traumatico. La perdita di efficienza della reattività generale si manifesta nel diminuito interesse per gli altri, in un senso di distacco e di estraneità, e nell’incapacità di provare emozioni positive.

Questo disturbo è caratterizzato quindi, da fluttuazione: la persona passa attraverso fasi alterne di perdita di efficienza della reattività e di riaffioramento dell’esperienza traumatica.

3. Sintomi di aumentata attivazione fisiologica. Questi sintomi comprendono la difficoltà di addormentarsi o mantenere il sonno, la difficoltà a concentrarsi, l’ipervigilanza ed esagerate risposte di allarme.


La diagnosi di disturbo post traumatico da stress, sta iniziando ad essere accettata, sia in sede psichiatrica che di medicina del lavoro e di medicina legale, nei paesi dell’Europa del Nord e Centrale, come conseguenza di violenza psicologica sul posto di lavoro, mobbing. 

 

 

 

Come ci si può difendere dal mobbing?

 

§        Il primo passo è raggiungere la consapevolezza della propria situazione, cioè comprendere che i sentimenti che si sta provando in questo momento: solitudine, inadeguatezza, rabbia ecc., sono causati dal mobbing;

§        quindi capire che sarà necessario mettersi in gioco in prima persona e che gli aiuti esterni (medici, psicologi, avvocati, sindacato) potranno essere dei validi supporti, ma non potranno sostituirsi all’azione della vittima.

§        È necessario cercare l’appoggio ed il conforto negli affetti vicini, reagire agli attacchi del mobber e dei complici in modo calmo, ma chiaro e deciso a far notare all’aggressore e ai testimoni che la via intrapresa si identifica con mobbing o molestia morale.

 

 

Allontanarsi dal posto di lavoro è utile?

 

 

Dimissioni: Quando lo stress e la tensione psicologica diventano inaccettabili si è tentati dall’abbandonare il lavoro per lasciarsi alle spalle una situazione insostenibile.

Si può ricorrere ad un allontanamento provvisorio oppure definitivo, ma in entrambi i casi le scelte vanno valutate attentamente.
Nonostante tutto moltissimi bersagli di violenza psicologica decidono di allontanarsi definitivamente dall’ambiente mobbizante e di cambiare lavoro.

Quando non viene vissuta come una sconfitta, questa soluzione restituisce alle vittime una grande serenità interiore e un senso di liberazione. Anche se non ci sentiamo di considerarla come una strategia vincente, soprattutto perché non è applicabile a tutti i mobbizzati.

Mai si deve abbandonare il posto di lavoro, se non si ha ancora una valida alternativa di occupazione;

Malattia: un periodo di cura e di riposo può essere utile, anche perché permette di allentare la tensione psicologica e fare il punto della situazione con un po’ più di serenità.

Tuttavia un’assenza dal lavoro prolungata può aggravare le persecuzioni e rendere ancora più tesi i rapporti con l’azienda, un metodo tipico per continuare a molestare il dipendente durante le malattia, ad esempio, è l’invio eccessivo di visite medico-fiscali a domicilio, che possono ulteriormente esasperare la situazione.
Trasferimento: in alcuni casi può essere utile richiedere un trasferimento, sempre che la struttura aziendale lo consenta. A volte questa scelta si dimostra risolutiva perché si elimina l’occasione del conflitto che può essere alla base del mobbing. Se però il mobbing origina dai vertici stessi sull’azienda questa soluzione sarà ostacolata proprio per portare il dipendente alle dimissioni.
 

 

Come battere il Mobbing?

 

In un momento di profondo isolamento psicologico come è il mobbing, riuscire a parlare razionalmente con i familiari e gli amici aiuta ad acquisire consapevolezza e a creare un fronte comune contro l’aggressore.

Bisogna però stare attenti a non cadere nell’errore opposto, cioè quello di scaricare sugli altri tutti i problemi, concentrandosi sulla situazione con atteggiamento ossessivo. Questa reazione potrebbe rendere insofferenti le persone che circondano la vittima causando ulteriore solitudine e conflittualità.

 

Soggetti del Mobbing

 

E’ necessario provare a tracciare le linee guida di una strategia difensiva che, per essere efficace, deve potersi reggere su due soggetti: la persona ed il sindacato.

 

Primo soggetto : La persona

 

Punto centrale

la persona

per battere il mobbing la persona deve avere la volontà di sconfiggerlo e convincersi che ciò è possibile.

 

Per fare ciò occorre:

non chiudersi in sé stessi

convincersi che ad essere in difetto sono gli autori delle violenze psicologiche

Dare risposta a queste domande:

o        perché?

o        perché a me? 

o        perché ora?

o        quanto durerà?

o        chi sono gli altri?

o        a quali fini?

o       quale è lo scenario reale?

o        quali sono le possibili soluzioni?

o       cosa posso fare subito?

o        con quali alleati?

 

Secondo soggetto il sindacato

 

Perchè il sindacato opera nei luoghi di lavoro, lì dove il mobbing nasce e si sviluppa ed è in grado di svolgere la indispensabile azione di prevenzione del fenomeno.

 

 

 

 

 

 

 

 

Come deve operare il sindacato? Deve

 

Affermare il principio che questo fenomeno ha bisogno di un approccio assolutamente interdisciplinare: sociologia, psicologia del lavoro, medicina del lavoro, giurisprudenza – ognuna per la sua parte – possono contribuire tutte a conoscere meglio e quindi a debellare il mobbing.

 

Svolgere nei luoghi di lavoro una incessante opera di vigilanza e prevenzione, per questo è necessario che i delegati sappiano riconoscere tempestivamente i segnali di eventuali azioni mobbizanti in atto.

 

esercitare una assidua azione di informazione/formazione tra i lavoratori recuperando fino in fondo i valori fondamentali dell’unità e della solidarietà, uniche armi che da sempre i lavoratori hanno potuto contrapporre ai soprusi perpetrati nei loro confronti.

 

sviluppare una forte iniziativa per pervenire alla stipula di accordi aziendali specifici sul mobbing

 

Gli accordi devono:

sancire il diritto al ricorso da parte dei lavoratori vittime dei comportamenti mobbizanti;

 

istituire nelle aziende o negli enti organismi paritetici dotati della necessaria autorevolezza e di reali poteri di intervento;

 

favorire ed incentivare la necessaria opera di informazione sulle cause che originano il mobbing assicurando, quindi, le basi per la prevenzione del fenomeno.

 

 

Raccogliere informazioni

 

La prima cosa che la vittima deve fare è tentare di crearsi una base di elementi che potrebbero servire in futuro come prove giuridiche.

La raccolta delle informazioni e della documentazione deve essere effettuata su due argomenti principali:

-mobbing in genere: raccogliete tutto il materiale disponibile sull’argomento, per combattere contro qualcuno o qualcosa bisogna conoscere il nemico.

-ambiente di lavoro: serve per comprendere se il mobbing è una strategia perpetrata dall’azienda per liberarsi di collaboratori scomodi o se invece si tratta di un caso individuale.

 

cercare informazioni:

 

• contattare altre persone con lo stesso problema o che l’hanno avuto in passato.

• parlare con impiegati anziani o ex-dipendenti.

• valutare la presenza di comportamenti aggressivi o atteggiamenti antisindacali all’interno dell’azienda.

 

raccogliere sempre:

 

• nome della fonte.

• date degli avvenimenti.

• documenti, e-mail, appunti e qualsiasi altro materiale scritto che attesti una determinata situazione. Anche una mancata risposta ad una domanda fatta per iscritto può essere una prova della degenerazione dei rapporti.

 

facendo però attenzione a:

 

§        rispettare la privacy altrui.

§       evitare di chiedere informazioni ad amici o collaboratori stretti del mobber.

§        informazioni personali.

§        precedenti scatti di carriera, premi e promozioni.

§       tenere un vero e proprio diario delle azioni mobbizanti: prendete nota di tutti gli attacchi con date, luoghi e nomi delle persone coinvolte o presenti.

§        resoconto dei sintomi psichici e fisici.

§       Confrontare la successione delle azioni mobbizanti ed i suoi sintomi.

 

 

Denunciare il mobbing

 

Stiamo parlando dell’arma più potente che la vittima ha a disposizione nella guerra al mobbing: la denuncia.

 

Prima di arrivare a questa fase è necessario avere svolto un lavoro completo e soprattutto molto documentato relativamente alla fase della raccolta delle informazioni.

 

La denuncia può essere fatta mediante:

 

§        diffusione personale (discorso davanti ai colleghi);

§        affissione di un foglio in bacheca;

§        distribuzione di un foglio in forma di volantino.

§        intervento in un’assemblea sindacale o in una riunione;

§        l’intervento dei sindacati per aprire una vertenza;

§        l’inoltro di una protesta formale presso i superiori, seguendo le modalità e i regolamenti specifici dell’azienda (solo in casi estremi);

§        la richiesta  di pubblicare la propria storia sui giornali;

§        l’inoltro, in ultima istanza ed a prove acquisite, di un ricorso alle autorità giudiziarie o di una querela contro i persecutori.

 

La denuncia è un atto esplicito, compiuto principalmente all’interno dell’ambiente lavorativo, con il quale il mobbizzato fa i nomi dei propri persecutori, spiega in quale occasione ha subito violenza psicologica e, soprattutto, dichiara di non essere più disponibile a sostenere il ruolo della vittima.

L’importante è che la denuncia abbia queste quattro caratteristiche:

1. deve avere pubblicità sul luogo di lavoro: i vostri colleghi devono essere a conoscenza di tutto, così non correte il rischio che i vostri avversari li portino dalla loro parte facendovi passare per paranoico o per un elemento di disturbo.

2. deve essere trasparente e comprensibile: dalla vostra denuncia devono risultare fatti e date verificabili, non opinioni confuse o sfoghi emotivi. Il mobbing va rappresentato come una sequenza precisa e chiara di episodi di sopraffazione, non come un oscuro dramma psicologico fra voi e i vostri persecutori.

3. deve essere una rivendicazione di dignità: il mobbizzato dovrebbe avere ben chiaro il proprio ruolo di essere umano degno di rispetto. Non fate mea culpa, non mendicate la pietà degli altri: ammettendo di essere stato vittima di abusi morali mostratevi determinato nel rifiutare questo ruolo per il futuro.

4. deve essere un chiaro atto d’insubordinazione: i toni smorzati e le mezze frasi non vi metteranno in salvo dalle rappresaglie, quindi siate chiari. Denunciando, state compiendo un gesto di disubbidienza civile contro un sistema di regole condivise.

Dichiarate di conoscere e accettare le conseguenze di questa vostra presa di posizione. La denuncia non è il colpo di testa di un lavoratore stressato, ma parte di una battaglia finalizzata all’ eliminazione del mobbing dalla vostra azienda.

 

Perché denunciare?: il mobbing, per la persona che ne è bersaglio, è una specie di “stupro morale”. Ad esso (proprio come alla violenza sessuale) si legano sensazioni di vergogna e di violazione della soggettività profonda, conseguenze psichiche e fisiche indesiderate, incapacità di raccontare adeguatamente questa esperienza traumatica.

E’ necessario che la vittima trasformi in parole di senso compiuto le proprie emozioni:

 

§        dipendenza;

§        vergogna;

§        umiliazione;

§        insicurezza;

§        a volte autentico terrore che le agita.

 

Dietro un’azione di denuncia di questi abusi lavorativi si ha:

 

§        la volontà di non tacere.

§        La volontà di sensibilizzare gli altri.

§        Vuol dire essere un esempio per tutti e così fare del bene a tutti;

§        Vuol dire “comunicare”, cioè mettere la cosa in comune con gli altri e creare con loro un legame profondo, se voi cadrete, loro cadranno con voi; se voi resistete, loro resisteranno con voi.

 

La denuncia formale di una situazione di mobbing non deve essere uno sfogo, bensì una prima battaglia che il mobbizzato può vincere con le sue sole forza. I vostri colleghi sono “postazioni”, e con le vostre parole voi dovete “conquistarli”.


Soprattutto la denuncia è una questione di definizione. Fino a quel momento il mobbizzato accetta la definizione che gli viene fornita dai suoi persecutori (<<tu sei sbagliato>>, <<tu sei paranoico>>, <<tu non lavori bene>>). Con la denuncia invece il bersaglio di mobbing fornisce la propria definizione di se stesso e la spiegazione di tutti gli episodi avvenuti.

I colleghi e le persone dell’ufficio, abituati a pensare a quella situazione come a piccoli conflitti naturali, ora ne scoprono l’enormità e l’arbitrarietà.

Definirsi vittima del mobbing aiuta a “denormalizzare” la violenza psicologica.
Il mobbizzato che ricorre alla denuncia non deve cercare sollievo né la fine istantanea dei suoi tormenti: deve avere in mente solo la tattica che intende seguire per combattere il mobbing.

 

Le vie legali

 

 

Quando sono falliti tutti i tentativi possibili di accordo e di soluzione del problema, l’ultima via che rimane è quella legale.

 

Bisogna essere coscienti però del fatto che intraprendere le vie legali comporta un notevole dispendio di energie psico-fisiche ed economiche.
Attualmente in Italia non esiste una legge anti-mobbing; malgrado questo, sono sempre di più i lavoratori che si affidano agli strumenti del diritto. L’arma della denuncia alle autorità giudiziarie è una delle più estreme. Ma attenzione, è anche la più difficile da gestire perché impone uno sforzo emotivo e finanziario che non tutti, specie dopo un lungo periodo di mobbing, sono in grado di sopportare. Un mobbizzato, quando vuole intentare una causa contro il proprio persecutore, può fare appello tanto al diritto del lavoro quanto alla giurisprudenza civile e penale.

Un avvocato del lavoro potrà aiutarvi nei casi di licenziamenti o trasferimenti ingiusti e più in generale nei casi di bossing che si concretizzano in provvedimenti aziendali irregolari.

 

Ci sono tre articoli dello Statuto dei lavoratoti (legge n°300 del 20.05.1970) che in minima parte si adattano ai casi di mobbing:


• art. 9 “tutela della salute e dell’ integrità fisica”

• art. 15 “atti discriminatori” per motivi politici o

   religiosi

• art. 18 “reintegrazione nel posto di lavoro”, nel caso

   di ingiusto licenziamento


Il mobbizzato ha anche a disposizione strumenti legislativi, nel caso in cui la persecuzione psicologica porti a malattie professionali. Gli abusi lavorativi vengono di fatto equiparati a lesioni personali colpose.

 

• legge 626/94 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro

• art. 2087 del Codice Civile: obbligo del datore di

   lavoro di tutelare la salute fisica dei dipendenti.

 

Come si vede si tratta di una legislatura inadeguata e antiquata, che ha bisogno di essere aggiornata e che nei fatti si presta poco alle esigenze delle vittime di persecuzioni lavorative.

 

Nella scelta del legale bisogna stare attenti ad alcuni punti:


• prima di rivolgervi ad un legale raccogliete tutto il materiale scritto che avete a disposizione: i documenti ufficiali e ufficiosi da voi prodotti, le schede dei sintomi psicofisici e delle azioni mobbizanti ecc.

Questa documentazione servirà al legale per farsi un quadro della situazione.
• fornire il materiale raccolto in ordine cronologico.

• scegliere un avvocato che abbia già esperienza in casi simili.

• evitare studi collegati in qualche modo con l’azienda o coi datori

   di lavoro.

• accertarsi che la stessa persona segua il caso fino in fondo.

• decidere assieme gli obiettivi da raggiungere: la reintegrazione nel vostro ruolo? un trasferimento? la revoca di un trasferimento? un risarcimento? Assicuratevi di aver ben chiare le strategie.

• stabilire una cadenza degli incontri.


In caso di licenziamento con successivo reintegro in seguito a esito positivo del procedimento legale è necessario essere consapevoli che spesso le azioni persecutorie subiscono solo una battuta d’arresto, ma i problemi permangono e a volte peggiorano.
Qualche indicazione su come comportarsi in queste situazioni:


• continuare a segnalare gli abusi

• mettere al corrente più gente possibile

• cercare di rendere pubblica la situazione.

 

 

Glossario

 

 

Bossing o mobbing strategico:

 

E’ una forma di mobbing che viene usata strategicamente dalle imprese per promuovere l’allontanamento dal mondo del lavoro di soggetti in qualche modo scomodi.

Può trattarsi di soggetti appartenenti ad una gestione precedente o assegnati ad un reparto che deve essere dismesso, di soggetti divenuti troppo costosi (un senior costa di più di due contratti di formazione lavoro) o che non corrispondono più alle attese dell’organizzazione.
E’ prassi frequente nelle imprese che hanno subito ristrutturazioni, fusioni, cambiamenti che abbiano comportato un esubero di personale difficile da licenziare.

Il mobbing dunque si trasforma in una vera e propria politica aziendale, assumendo caratteri di normalità e di ineluttabilità.

La strategia dell’espulsione prende forma nell’intenzione del diretto superiore ed è mirata ad estromettere il soggetto dal processo lavorativo (sono stati riferiti casi di bossing della durata di 20 anni). L’obiettivo è quello di isolare la persona che si ritiene rappresenti una minaccia o un pericolo, bloccargli la carriera, toglierli il potere, renderlo innocuo. Nel bossing la competenza sociale e le caratteristiche di personalità del mobber e della vittima giocano un ruolo decisamente importante.

 

Bullismo (bullyng):

 

indica forme di terrorismo psicologico esercitate non esclusivamente sul posto di lavoro ma che possono avvenire a scuola, a casa, nelle carceri e in caserma; significa “comandare facendo prepotenze e tiranneggiando nei confronti dei sottoposti”; non è necessariamente intenzionale può essere provocato da conflitti di personalità e da emotività incontrollabile, la violenza può essere anche di tipo materiale sulla vittima comprendendo danni fisici, aggressioni e vandalismo.

 

Doppio mobbing:


L’energia distruttiva con cui la vittima è caricata e che trova in famiglia la possibilità di scaricarsi, può giungere ad un livello tale da comportare la saturazione delle riserve familiari. La famiglia latina, protettrice e generosa, improvvisamente cambia atteggiamento, cessando di sostenere la vittima e cominciando invece a proteggere se stessa dalla forza distruttiva del mobbing. Ciò significa che la famiglia si richiude in se stessa, per istinto di sopravvivenza, e passa sulla difensiva.

La vittima infatti è diventata una minaccia per l’integrità e la salute del nucleo familiare, che ora pensa a proteggersi prima, ed a contrattaccare poi.

Si tratta naturalmente di un processo inconscio: nessun componente sarà mai consapevole di aver cessato di aiutare il proprio caro.

E’ in questi casi che si parla di doppio mobbing, il mobbizzato perde la valvola di sfogo rappresentata dalla famiglia e quindi è praticamente accerchiato. Sono questi infatti i momenti di maggiore pericolosità per una vittima, quando cioè si sente veramente abbandonato da tutti.

CAUSE

Tra i molteplici fattori eziologici corresponsabili del mobbing, gli autori hanno evidenziato due grandi categorie: quella delle cause soggettive, che focalizza l’attenzione sui protagonisti del mobbing (vittima, aggressore); e quella delle cause oggettive, che si concentra invece sulle condizioni sociali e culturali che stanno alla base del mobbing.

 

Mobbing dall’alto :

 

Il mobber è in una posizione superiore rispetto alla vittima: un dirigente, un capo reparto, un capoufficio, un collega di anzianità o di mansioni superiori.

Questo tipo di mobbing comprende atteggiamenti ed azioni riconducibili alla ben conosciuta tematica dell’abuso di potere, cioè dell’uso eccessivo, arbitrario o illecito del potere che un ruolo professionale implica. Il capo tradizionale, autoritario e severo, è tendenzialmente più soggetto a questa inclinazione, tuttavia sarebbe errato ritenere che il capo “amicone” ne sia immune.
Il discorso è infatti più ampio: il mobbing può insorgere in ognuno dei due casi, quando il capo usa uno di questi due stili di guida in modo non uniforme. Se infatti usa il modo di fare autoritario e un po’ dispotico con tutti i suoi sottoposti allo stesso modo, ciò non è automaticamente mobbing. Finché egli usa con tutti lo stesso metro e ognuno subisce un trattamento giustamente ripartito e conseguente a ciò che effettivamente ha fatto, egli potrà essere accusato di eccessivo zelo, ma non di mobbing. Se invece usa il modo di fare da “amicone”, ma più con qualcuno e meno con altri, cioè se mostra di fare delle preferenze, allora il mobbing non è troppo lontano.

In un primo tempo ci si è chiesti se per caso questo tipo di mobbing non derivasse dalla gerarchia organizzativa aziendale stessa, ossia se la struttura gerarchica della ditta non facilitasse o addirittura provocasse l’insorgere del mobbing dall’alto, concentrando potere e capacità decisionali nelle mani di alcuni suoi componenti a scapito di altri. Nonostante questo si è visto che snellire la gerarchia aziendale, portandola al minimo indispensabile, porta tanti vantaggi, ma non in fatto di mobbing dall’alto. Questo inquietante fenomeno infatti sembra insorgere ovunque, anche nelle aziende ad organigramma piatto. In ultima analisi, insomma, pare che se una persona fa uso sconsiderato del suo potere professionale, per quanto esso sia limitato, possa divenire con molta probabilità un mobber.

 

Mobbing dal basso o down-up:

 

Il mobber è in una posizione inferiore rispetto a quella della vittima.

Accade quando l’autorità di un capo viene messa in discussione da uno o più sottoposti, in una sorta di ammutinamento professionale generalizzato. In effetti, nelle situazioni di mobbing dal basso sono solitamente più di uno, a volte anche tutti gli operai o i colleghi di un certo reparto, che attuano una vera e propria ribellione contro il capo che non accettano.

La vittima si trova quanto mai in una condizione di isolamento totale e devastante, inoltre essendo il numero dei suoi delatori piuttosto alto, anche il suo tentativo di discolpa risulta arduo; l’ufficio del personale finirà col dare credito alla maggioranza delle voci.
Questa forma di mobbing ha radici molto simili tra le culture. I casi di mobbing dal basso sono comunque abbastanza rari; nell’area tedesca si stima che ricoprano una percentuale del 10% del totale di tutti i casi si mobbing, in Italia la percentuale è addirittura minore, infatti, se l’antipatia verso il capo è un fenomeno molto diffuso, non altrettanto si può dire dell’aperta manifestazione di questo sentimento.

 

Mobbing tra pari o orizzontale:


Il mobber e la vittima sono allo stesso livello: due colleghi con pari mansioni e possibilità.

Normalmente si assiste tra colleghi a piccole invidie, pettegolezzi, conflitti che serpeggiano sotto la superficie; anche se rivalità ed antipatie personali tra colleghi superano per aggressività ed emotività quelle tra superiori e sottoposti. La ragione di questo è che in gioco non c’è il potere formale, ma quello informale, che comprende una serie di fattori legati alla sensibilità e alla percezione individuale. Unitamente a questa ragione bisogna tenere ben presente il contesto nazionale dove se alla difficoltà di occupazione, aggiungiamo la mancanza di trasparenza nell’accesso al lavoro e nello sviluppo di carriera, si ottiene un aumento della competizione in grado di destrutturare i rapporti relazionali e quindi di facilitare il mobbing tra colleghi.

 

Molestie sessuali (job harassment):

 

La molestia sessuale è la tangente imposta a moltissime persone, in primo luogo donne, che lavorano oppure che cercano lavoro. Nel mondo, e l’Europa e l’Italia non fanno eccezione, le indagini svolte raccontano che a pagarli è un terzo delle donne occupate. Per questo, quando si parla di molestie sessuali, lo si fa al femminile.Per definire cosa debba intendersi per comportamento molesto, è sufficiente riferirsi alle disposizioni comunitarie in materia:  “Per molestia sessuale si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro comportamento basato sul sesso, che offenda la dignità degli uomini e delle donne nel mondo del lavoro, ivi inclusi atteggiamenti male accetti di tipo fisico, verbale o non verbale

 

 

 

Molestia morale (harcèlement morale): termine introdotto dalla francese Marie-France Hirigoyen, si connota per lo più come evento singolo di molestia sessuale o discriminazione razziale (azioni punibili dalla legge) sul luogo di lavoro concentrata su un soggetto debole o a rischio.


Ostilità cronica sul lavoro e aggressione aziendale: (CWHCA-Chronic Workplace Hostilites and Corporate Aggression), violenza tra parigrado (horizontal violence), amministrazione bruta (macho management), vittimizzazione (victimisation), violenza leggera (soft violence).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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mobbing

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Come si manifesta

Questa forma di violenza può manifestarsi con una molteplicità di comportamenti. Di seguito ne riportiamo alcuni:

  • impedire al lavoratore di esprimersi;
  • isolare il lavoratore (privandolo dei mezzi di comunicazione: telefono, computer, posta.), bloccare il flusso d’informazioni necessarie al lavoro, estrometterlo dalle decisioni, impedire che gli altri lavoratori gli rivolgano la parola, negare la sua presenza, comportarsi come se il mobizzato non ci fosse, trasferirlo in luoghi isolati o distanti (che lo obblighino a tragitti faticosi, etc.);
  • screditare il lavoratore attraverso attacchi contro la sua reputazione (ridicolizzarlo, umiliarlo, attaccare le sue convinzioni religiose, sessuali, morali, calunniare membri della sua famiglia);
  • ridurre la considerazione di sé del lavoratore (privarlo degli status symbol; non attribuirgli incarichi; attribuirgli incarichi inferiori o superiori alle sue competenze; simulare errori professionali; avanzare continue critiche alle prestazioni o alle sue capacità professionali, anche di fronte a soggetti esterni, ma anche critiche soggettive; applicare sanzioni amministrative senza motivo apparente e senza motivazioni; affidare compiti volutamente confusi, contraddittori e/o lacunosi; mettere in atto azioni di sabotaggio, etc);
  • compromettere il suo stato di salute (diniego di periodi di ferie o di congedo, attribuzione di mansioni a rischio o con turni massacranti etc);
  • imporre cambio di mansioni;
  • operare violenza o minacce di violenza.

Molte delle azioni, sopra elencate, se isolate e non ripetute, possono avere luogo anche in condizioni normali, ed essere dettate da cause contingenti. Si parla, però, di mobbing quando una o più di queste azioni diviene sistematica e ripetuta nel tempo.

Spesso, le pressioni e violenze operate hanno lo scopo di indurre nelle vittime del mobbing reazioni “irragionevoli” che possono essere utilizzate al fine di promuovere contro di loro azioni disciplinari (fino al licenziamento)

Tipologie di mobbing

Mobbing di tipo verticale: quando la violenza psicologica viene posta in essere nei confronti della vittima da un superiore (nella terminologia anglosassone questa forma viene anche definita bossing o bullying);

  • bossing: azione compiuta dall’azienda o dalla direzione del personale nei confronti di dipendenti divenuti scomodi. Si tratta dunque di una strategia aziendale di riduzione, ringiovanimento o razionalizzazione degli organici (detto anche mobbing pianificato);
  • bullying: indica i comportamenti vessatori messi in atto da un singolo capo.

Mobbing di tipo orizzontale: quando l’azione discriminatoria è messa in atto dai colleghi nei confronti del soggetto colpito.

Mobbing individuale: quando oggetto è un singolo lavoratore.

Mobbing collettivo: quando colpiti da atti discriminatori sono gruppi di lavoratori (si pensi alle ristrutturazioni aziendali, prepensionamenti, cassa integrazione etc.)

Mobbing dal basso sia individuale che collettivo: quando viene messa in discussione l’autorità di un superiore

SINTOMATOLOGIA

Si manifesta in genere con sintomatologie ansioso-depressive e disturbi dell’adattamento o psicosomatici, (insonnia, colite, debolezza, disturbi fisici, ecc.),ecc. Nelle situazioni più gravi, può assumere la sindrome del disturbo post-traumatico da stress.

Questo disagio ha anche gravi conseguenze sociali ed economiche sulla collettività(costi per assenza dal lavoro, malattia, ecc.) oltre che sulla persona che lo subisce e sulla famiglia (perdita economica, spese legali ecc.)

CAUSE

Tra le cause vi sono fattori sociali ed economici generali, che determinano un clima di timore a perdere il posto di lavoro e a non trovarlo facilmente e predisposizioni individuali da accertare o traumi precedentemente subiti.

CURE

La persona ha necessità, bisogno di parlarne con un esperto per orientarsi sul percorso da seguire, avere sostegno psicologico e riabilitazione al lavoro. In casi gravi oltre all’intervento psicologico, necessita l’intervento medico, con supporto psicoterapeutico.

COSE DA FARE / DA NON FARE

Non prendere decisioni impulsive, affrettate (es. licenziarsi, ecc) sotto la pressione o il dubbio o la paura. Occorre acquisire prima adeguate informazioni presso esperti sia di carattere sindacale e legale che di carattere medico e psicologico.

Esistono poi associazioni in ogni regione che forniscono aiuto.

ESAMI

Esistono diversi test e batterie di test che possono aiutare nella diagnosi a stabilire un nesso causale tra sindrome e problemi di lavoro.

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