Wild Strawberries Final
Pdl, Regione mai così vicina
De Simone: Piedigrotta è un evento morto e putrefatto imposto solo dal potere politico
Che c´entra Elton John con la Madonna? Sono scomparsi i reali valori: gli organizzatori si rileggano Doria e Rea
RASSEGNA STAMPA
di Gianni Valentino da la Repubblica Napoli
Mi chiedo a chi serve questa Piedigrotta. È un cadavere putrefatto, un relitto donato alla gente come fosse chissà quale tesoro secolare e invece è soltanto imposta dall´alto, dalla volontà del potere politico. Assessori e presidenti vari adoperano la festa come in passato fecero Garibaldi, i Borbone e, in anni più recenti, Achille Lauro. Qui si tratta di populismo puro
Va giù duro il maestro Roberto De Simone parlando della terza edizione di Piedigrotta. Resuscitata tre anni fa dopo un´assenza lunga cinquant´anni, stavolta la manifestazione è pronta a ospitare, tra gli altri, Geraldine Chaplin, Elton John e John Turturro. Non ditemi che questi personaggi abbiano qualche relazione tradizionale con la Piedigrotta – ribadisce De Simone – . Questi artisti paradossalmente, inconsapevolmente, partecipano al degrado culturale della città di Napoli. Che gli organizzatori rileggano quanto hanno scritto Domenico Rea e Gino Doria su questa celebrazione. Anzi, mi piacerebbe domandare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha vissuto il periodo storico di metà Novecento, o anche allo scrittore Raffaele La Capria, al regista Francesco Rosi, che cosa pensano di una Piedigrotta gestita in questa maniera
Lei non ha ricevuto mai una proposta in merito alla Piedigrotta? C´è chi potrebbe pensare: si è sentito escluso.
Per l´amor di Dio. Permetta, ma è volgare solo pensarlo. Avrei detto no se mi avessero cercato per un progetto. Sono amareggiato come napoletano colto perché anno dopo anno vedo davanti a noi un baratro sempre più profondo. Parliamo di una manifestazione putrefatta, di un cadavere rispolverato solo per spendere soldi pubblici
Non le pare che in questa città talvolta si tenda a demolire eventi spettacolari?
Ma per carità: se volessi vedere un concerto di Elton John andrei a Londra, non lo cercherei mica in piazza Plebiscito. Cosa c´entra con il culto della Madonna? Questa festa, come tutte le feste popolari, nasce da un culto religioso. Una volta era importante la visita al Santuario, la veglia alla Vergine del 7 settembre. Le persone si radunavano da tutti i quartieri con una partecipazione collettiva e spontanea, come avviene ancora ai Gigli di Nola. Come accade alla Madonna dell´Arco. L´attuale Piedigrotta non ha alcun aggancio con i reali valori che l´hanno generata. Aggiungo: il potere politico ha rimesso in piedi una cosa che già al tempo di Lauro testimoniava un degrado spaventoso. Ma i politici di oggi stanno facendo addirittura peggio di Lauro
Cosa manca alla Piedigrotta?
L´autenticità. Io non sono né di destra né di sinistra. Mi vanto di essere una persona libera e non sopporto le imposizioni del potere. Per non parlare delle pagine trionfalistiche pubblicate dalla stampa. Ristabiliamo un po´ di equilibrio. Tanto per iniziare, si potrebbe insegnare ai giovani l´essenza della festa, conservata tutt´oggi soltanto dai pescatori di Mergellina, devoti alla Madonna. Se poi vogliono illuderci che con quattro spettacoli Napoli ritroverà il suo benessere autorappresentativo, allora la presa in giro è totale. Sopravviviamo in una città dove la sera si ha paura persino di passeggiare per le strade. La criminalità imperversa in maniera incontrollata, la disoccupazione aumenta ogni giorno di più, la scuola è abbandonata a se stessa. Con questi guai i politici pensano a comprare e vendere artisti per un evento morto e putrefatto
Quale soluzione prospetta allora?
Questo non so dirlo. Non so proprio se abbia senso insistere su una manifestazione che già nel dopoguerra aveva esaurito le sue potenzialità. Ricordo che nel 1945 ci fu una vera ripresa, ma fu un´eccezione, credo. La gente voleva vivere la festa in strada, i militari americani accesero le lampadine delle loro camionette lungo via Toledo, e fu bellissimo. Il giornale Il Risorgimento pubblicò una pagina intera su questo stupefacente avvenimento. Non c´era nessun apparato spettacolare, nessuna sfilata di carri allegorici. Fu realmente un momento spontaneo della collettività e la Piedigrotta riuscì. Oggi sapere che in undici giorni di programmazione si susseguono appuntamenti scollati dal senso culturale mi provoca una grande tristezza. Oltretutto ai tempi di Lauro c´era un comitato direttivo. Adesso hanno eliminato anche questo e decidono tutto dall´alto. Non so se le istituzioni pensano di fare campagna elettorale con simili eventi, ma so che si spende a vanvera una marea di soldi pubblici
L’unico vero pericolo è quello di non sentire più niente.
La Chiesa, il Pd e il silenzio dei cattolici democratici di Andrea Romano
RASSEGNA STAMPA -fonte- • da Il Sole 24 Ore del 4 settembre 2009, pag. 16
Nella partita nuova e sempre più disordinata che si è aperta tra berlusconismo e Chiesa italiana è da registrare con qualche sorpresa il silenzio dei cosiddetti “cattolici democratici”, ovvero di coloro che hanno predicato e praticato la mediazione politica tra la propria fede e l’esigenza di governare una nazione moderna e plurale. Naturalmente non sono mancate in Parlamento e nei partiti di opposizione le prese di posizione, anche molto nette, di singoli esponenti cattolici contro le particolarità comportamentali del Presidente del Consiglio e più recentemente contro gli attacchi venuti dalla stampa filo-berlusconiana alla persona di Dino Boffo. Ma quella che è clamorosamente mancata è la sensazione di una presenza di quella vasta e autorevole area del centro-sinistra che nell’ultimo decennio ha tentato di aggiornare alle condizioni della Seconda repubblica la lezione che fu già di De Gasperi e Moro: testimoniare la propria fede senza rinchiudersi nella rappresentanza confessionale di una sola parte d’Italia, cercare ad ogni passo di coniugare in senso universalistico la vocazione cristiana con lo spirito della democrazia e della giustizia sociale. La ragioni di quest’assenza non possono essere cercate esclusivamente nei patimenti congressuali del Partito democratico, per quanto l’incombere della vittoria di Bersani nel segno del revival socialdemocratico stia evidentemente concorrendo a togliere energia ed entusiasmo a quell’area C’è forse qualcosa di più nell’incapacità di inserirsi con forza nel primo vero conflitto che si registra da molti anni tra Berlusconi e una componente non secondaria delle gerarchie ecclesiastiche, con le sue inevitabili ricadute su almeno una parte dell’elettorato cattolico di centro-destra. Qualcosa che ha a che fare con la più recente parabola storica del cattolicesimo democratico, che dopo la stagione di Romano Prodi non sembra più in grado di trovare ragioni abbastanza forti per giustificare la propria identità organizzata e quella funzione di ago della bilancia svolta per molti anni sulla scena politica non berlusconiana. Nella stagione di Prodi, specialmente per gli ansi del primo Ulivo, l’aspirazione universalistica dei cattolici democratici aveva trovato un nuovo modo di stare al mondo dopo la fine della Dc. Era stata figlia diretta di quell’aspirazione la scelta di Prodi come candidato alla presidenza del consiglio, ma soprattutto fu emanazione di una tradizione alta di amministrazione della cosa pubblica lo schieramento di una classe dirigente che in quegli anni ha saputo distinguersi nel governo del paese e nell’assunzione di scelte coraggiose, necessarie e spesso impopolari. Comunque la si pensi e comunque si sia votato nel 1996, è difficile negare che negli ultimi anni dello scorso decennio il contributo venuto dal cattolicesimo democratico alla concreta pratica di governo del paese sia stato di alta qualità. I problemi sono venuti dopo. Quando la stagione del primo Ulivo si è consumata come tutti ricordiamo e quando dalle soluzioni di governo il protagonismo dei cattolici democratici si è spostato a quel conflitto sui valori che nel frattempo andava colonizzando gran parte dei nostro discorso pubblico. Qui il centro-destra ha avuto buon gioco nell’assorbire le ragioni del tradizionalismo cattolico, nella debolezza di una cultura politica che se pure si era detta fugacemente liberale non è mai riuscita a darsi forza e coerenza sufficienti a costruire posizioni autonome sui nuovi temi della vita e della persona. La controprova è nelle più recenti prese di posizione di Gianfranco Fini, che tenta di risalire la china di questa passività collegandosi a quanto negli stessi anni è stato realizzato dai settori più innovativi del centro-destra europeo. Sull’altro fronte, nel centrosinistra, la chiamata al conflitto sui valori ha frantumato la tradizione del cattolicesimo democratico in una piccola nube di appartenenze tutte minoritarie: dall’esperimento teodem con cui si è cercato di costruire un nuovo protagonismo politico dei cattolici non berlusconiani ma lontani dagli stilemi del cattolicesimo di sinistra, alla nostalgia prodiana degli ulivisti più irriducibili fino al più recente tentativo di Ignazio Marino di ibridare la fede personale con soluzioni bioetiche di segno radicalmente laico. Tentativi tutti minoritari sia perché incapaci di contrastare la compattezza del neo-tradizionalismo del centro-destra, sia perché inseriti in un contenitore di partito dove ogni singola identità rivendica una propria casella dentro un comune accordo di non belligeranza. Ogni componente conserva il proprio potere di interdizione e tutte concorrono a definire in modo pattizio una leadership che, anche domani, non sarà che l’ennesima espressione di un passato che non accenna a passare. Per i cattolici democratici lontani dal governo e spesso anche da una cultura di governo gli effetti di questo accordo nel contesto dell’Italia post-secolare hanno significato la dispersione in molte piccole tribù. Con il doppio risultato negativo di rendere del tutto pacifico il ritorno egemonico di quella tradizione post-comunista che, seppur indebolita, non ha certamente subìto lo stesso destino di frammentazione. E soprattutto di perdere la voce nei momenti in cui, come oggi, sarebbe utile e opportuno anche agli occhi di chi non è credente saper mostrare forza e attrattiva nei confronti di un elettorato cattolico quanto meno spaesato di fronte a quanto sta accadendo. Pare, inoltre, che Kant abbia rivolto queste parole allo storico russo Karamzin: «Date a un uomo tutto quello che desidera e nonostante ciò, proprio in questo istante, egli sentirà che tutto non è tutto». Anche Freud, nel saggio Coloro che soccombono al successo, si era posto un problema analogo in relazione a quanti — dopo aver raggiunto la meta cui aspiravano con tutta l’anima, pur non credendo di poterla mai conseguire — provano soltanto scontentezza. È come se, avendo ottenuto lo scopo, si chiedessero sconsolatamente: «È tutto qui?». Adam Phillips, uno psicoanalista specializzato nel trattamento dei bambini, ha studiato, in altra prospettiva, la dinamica degli eccessi, legandola sostanzialmente alla paura e alla mancata capacità di governare le frustrazioni. In un libro recente, scritto in collaborazione con la storica Barbara Taylor (On Kindness, Penguin 2009) ha anche mostrato come la gentilezza sia anch’essa una forma di misura, temperata da un ingrediente di virtuoso eccesso, di benevolenza verso gli altri come quella del Buon Samaritano. Paradossalmente, chi vince alla lotteria è talvolta infelice, perché il desiderare è più importante dell’ottenere, in quanto non è la realtà a deluderci, bensì le nostre eccessive fantasie, che una maggiore attenzione agli altri potrebbe moderare e, almeno in parte, appagare. Ma chi è capace di convincere di questo quanti inseguono il miraggio di una strepitosa vincita alla lotteria, di una ricchezza infinita in grado di soddisfare i propri, personali desideri infiniti? Remo Bodei I cromosomi della furia.(di Enrico De Notaris da la Repubblica Napoli)– I termini violenza ed adolescenza, oltre che essere tanto spesso accomunati nelle cronache e nelle narrazioni di fenomeni molto spesso vissuti con fastidio dal mondo adulto, risultano essi stessi frequentemente equivocati e appiattiti su ciò che fenomenicamente appare. Possiamo prendere spunto da una splendida poesia di Borges che così recita: “…un uomo che coltiva il giardino/ il ceramista che intuisce una forma e un colore/ chi è contento che esista la musica/ chi preferisce che abbiano ragione gli altri/ Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo…”. Napoli, si è detto, non è omofoba, basta fare un giretto nei quartieri spagnoli e verificare che trans, omo, femminielli ed altre forme in cui si coniuga la “diversità”, convivono in regime di mutua assistenza nei nostri vicoli. Napoli ha conosciuto i neri fin dal dopoguerra, quelli americani. A mio avviso è errato pensare che la simmetrizzazione dei rapporti tra genitori e figli sia all´origine del dilagare della violenza: si dice che ora i padri non riescano più a contenere, perché troppo permissivi o incapaci di dire dei no, le istanze aggressive, che poi possono tramutarsi in condotte violente, dei loro figli. Piuttosto appare vero il contrario: la violenza e la sopraffazione vengono ingiunti ai giovani come vie da percorrere per il successo e per primeggiare, cioè per fare in modo che gli altri non abbiano ragione. In questa cornice l´aggressività, componente irrinunciabile della nostra natura, assume le vesti della violenza, quell´aggressività che servirebbe ai ragazzi per tendere ad esplorare, come Ulisse, ciò che non conoscono, si trasforma in un´illusoria vittoria momentanea: ecco, sono più forte di questo ricchione e quindi più uomo, posso disporre di un debole da picchiare o da oltraggiare, quindi sono più grande e così potrò tacitare questo tirannico e famelico Super-Io culturale. Chiudete il C.T.O. di Giovanni Laino(E se invece si chiedesse di mandare a casa i responsabili della malasanità,medici e politici, a Napoli ed in Campania ? N.d.R.) In agosto ho dovuto frequentare il Centro Traumatologico Ortopedico. Solo dopo alcuni giorni ho capito il senso di un manifesto pubblicitario che nella hall avverte: abbi fegato ! Ho dedotto come mai i pazienti fossero tutti di ceto popolare. Anche i ricchi si rompono le ossa ma evidentemente vanno altrove. Meditation Music www.biolifestyle.orgQUALCUNO ERA COMUNISTA……….. |