Lo storico Paolo Macry. Napoli, il rito e un mondo a sé

Settembre 14, 2009 by admin · Comment
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Rassegna Stampa

di Mario Porqueddu da il Corriere della Sera

 «Io non so se questa pratica sia pericolosa. Però mi sembra che, dagli Stati Uniti fino al nostro ministero della Sanità, dappertutto ci sia un atteggiamento di grande prudenza. Napoli, come sempre, tende a essere un mondo a sé». E il problema, assicura il professor Paolo Macry, ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università di Napoli Federico II, non è rappresentato dal culto religioso, né da San Gennaro, e neppure dalle sue reliquie. «Piuttosto, quello che emerge da una vicenda del genere, è il singolare rapporto tra l’autorità religiosa e il popolo napoletano: nella decisione del cardinale mi pare di vedere la paura di disgustare il suo popolo». Non che le autorità civili si comportino in modo diverso, aggiunge subito lo storico: «Quella teca — ricorda — viene baciata platealmente dalle autorità amministrative locali, dal presidente Bassolino al sindaco Iervolino, e sempre per questa specie di propensione verso una categoria che io, anche se non sono sicuro che esista davvero, chiamo ‘popolo napoletano’.

 Intendiamoci: che in alcuni segmenti della cultura partenopea si avvertano ancora fortemente riti che hanno valore mantico e previsionale non c’è dubbio. E lo scioglimento della reliquia, oltre che un fenomeno antico, è appunto un auspicio». Ma è soprattutto l’atteggiamento nei confronti del «popolo come categoria ideologico-culturale» a colpire il professore: «Mi tornano alla mente lontani studi sull’estrazione del Lotto, che era di origine genovese ma si è poi radicata a Napoli.

Anche in quel caso, le autorità non derogavano mai dalle regole, non modificavano mai in nulla la ritualità, si attenevano alla norma del ‘no lime tangere’ . Non andavano toccati i confini tra presente e futuro, tra fortuna e sfortuna…

Mi pare sia questo, anche oggi, l’unico motivo culturale per spiegare quello che accade». E tutto ciò dev’essere sul serio un aspetto dell’«eccezione napoletana», ragiona Macry, se è vero che a Salerno, dove il 21 settembre per tradizione i fedeli baciano il braccio di San Matteo, i vertici ecclesiastici, su invito della Asl, hanno vietato la pratica a causa dell’influenza.

«Se il divieto a Salerno rimanesse, allora questa storia individuerebbe i confini di un territorio specifico, tutto interno a Napoli». Antonio Bassolino, che quel territorio l’ha governato a lungo, ha già annunciato che bacerà la teca. «Spesso — conclude Macry — capita che siano proprio le autorità, molto più dei fedeli, a compiere quel gesto. Anzi, io escluderei la presenza di folle di persone a rendere omaggio e prendere auspici dalla teca. Perciò, in realtà, il no del cardinale ha un valore più simbolico che reale.

È un discorso, a forte tasso ideologico, che può significare: ‘Io rappresento una pratica religiosa che ha una sua radice popolare, non mi importa quanto attuale, e la difendo al di là delle preoccupazioni mondane’.

Insomma, a Napoli c’è sempre grande cautela da parte delle autorità civili e religiose nei confronti di una cultura popolare da non disgustare».