Intervento del prof. Rusciano Parte II “Chiesa e Mezzogiorno”
«Il consenso era interessato Serve una bonifica sociale» di Daniele Abbiati
Rassegna Stampa -il giornale.it
(n.d.r.presentiamo come rassegna stampa questo interessante articolo di Daniele Abbiati.
Ai lettori ci piace ricordare,in questa occasione,Napoli Anno Zero,conversazione metropolitana con Lucio Pirillo a cura di Corrado Castiglione ( Edizione INTRAMOENIA,Napoli 2009)
nel quale Lucio Pirillo sottolinea :
“Penso che il ceto politico campano debba confessarsi nel senso agostiniano: cioè riconoscere le responsabilità della sua storia di governo, alle quali risale in gran parte il mancato sviluppo culturale e civile del territorio.
C’è un filo che lega destra e sinistra, il notabilato tradizionale e progressista di Gava e Valenzi fino al recente compromesso di sistema costruito da Bassolino e Iervolino.
Alcuni dall’interno stesso del Pd hanno parlato di “dittatura rossa” come una volta si parlava di “amministrazione clericale”.
Ma la situazione è diversa.
Mi piacerebbe, comunque, che in questa specie di notte artificiale si intravedesse un’aurora dalla quale ripartire”.)
BUONA LETTURA!
La potenza della politica non è purtroppo pari a quella della storia». Antonio Bassolino usa queste parole per coprire con una pietra il fallimento della sua politica. Racchiudendo nello spazio di un avverbio, «purtroppo», l’essenza del ben noto fatalismo partenopeo. «Un fatalismo che soltanto ora riscopre - dice Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno -. Troppo facile diventare fatalisti dopo la prova del governo.
Troppo facile, soprattutto, trascinarsi dietro nel crollo l’intera città. Non va bene, è un’operazione scorretta. È come se si dicesse “non potevamo fare altrimenti”. Ma in questo trovo la permanenza dell’idea tipicamente comunista per cui il politico è una cosa sola con il popolo che lui rappresenta. No, invece, il destino dei governati dev’essere separato da quello dei governanti. Un politico moderato non si permetterebbe di accreditare i suoi errori e mancanze sul conto dell’elettorato».
Ma, ci si chiede, nel decennio di… fulgore bassoliniano, il popolo dov’era? Secondo Demarco «dal ’93 al 2004, cioè dall’elezione a sindaco alla faida di Scampia, la città ha vissuto in uno stato di sospensione dell’incredulità. Come al cinema, come a teatro, si assisteva allo spettacolo di una politica utopistica, illusionistica, dandole la fiducia che non meritava. In quel periodo, la camorra era come svanita, dissolta, azzerata».
Anche gli intellettuali erano al cinema paradiso bassoliniano? «Guardi, il Pci ha sempre avuto dell’intellettuale un’alta considerazione. Lo vedeva come un valore aggiunto. Penso in particolare alla cooptazione degli intellettuali nel governo della città fatta dal sindaco Valenzi. Ma poi il romanticismo va a rotoli. L’intellettuale torna a essere un rompipalle. E allora, se lo si “arruola”, gli si attribuiscono unicamente ruoli tecnici. L’intellettuale non è più politicamente, ma soltanto tecnicamente organico».
Intanto, il pregiudizio antimeridionale continuava ad assillare le coscienze del resto degli italiani. O no? «Il pregiudizio antimeridionale è un fatto storico, secolare - afferma l’autore di Bassa Italia. L’antimeridionalismo della sinistra meridionale (Guida) -. Ma se penso agli anni del boom economico, o alla Napoli della seconda metà degli anni Settanta - quello sì che era almeno un progetto di “rinascimento” -, ecco, devo dire che in passato s’era fatto qualcosa, per attenuare quel pregiudizio». Un pregiudizio che oggi pare di nuovo ben saldo sulle gambe… «Sa quando è riesploso? Proprio con Bassolino.
Lui aveva ricevuto in dono, un prezioso dono da gestire, l’immagine di napoletanità come genialità, come creatività, ma ci ha restituito una Napoli dominata, zavorrata dal pregiudizio degli altri. E anche di se stessa». Insomma, come al solito, ha ragione Totò.
Diceva, il principe De Curtis, che, essendo napoletano, aveva l’impressione che anche i gatti lo guardassero in cagnesco.
Ma segnali di ottimismo, nella Napoli del post-monnezza, se ne trovano? «Be’, come si dice… toccato il fondo non si può che risalire. Certo, sia agli occhi del resto dell’Italia, sia a quelli del resto del mondo, il fondo lo abbiamo toccato.
Quando mai avremo a disposizione tutti quegli aiuti europei mal gestiti? Tuttavia qualcosa si sta muovendo. Si torna a parlare di alternanza e di dibattito politico. La camorra è finalmente vista come un’emergenza nazionale. E il centrodestra, se si dà una mossa, ha in mano molte carte da giocare».
Secondo il professor Giuseppe Galasso, grande storico del Mezzogiorno anche in chiave antropologica (ricordiamo il suo L’altra Europa, riproposto quest’anno da Guida), «i legami di Napoli sono più forti con il resto del Paese che con il Mezzogiorno. Il sogno della grande capitale ha fatto del male alla città. Almeno quanto il luogo comune dell’eccessivo assistenzialismo venuto dal Nord: Napoli ha avuto tanto, ma meno di quanto si creda. I punti di eccellenza ci sono eccome. Ma vengono frenati. Ci vuole una bonifica sociale, anche a livello di cattiva amministrazione.
Noi dobbiamo batterci il petto 33 volte, ma chi sta fuori Napoli non presuma di non avere negli occhi, se non una trave, almeno una pagliuzza».
Don Manganiello: Comune non paga e ci prende in giro
Il caso La protesta all’inaugurazione della Giornata nazionale per l’infanzia
Assistenza, preti e suore oggi in piazza
A rischio almeno tremila bambini
RASSEGNA STAMPA
fonte-corriere del mezzogiorno-
NAPOLI - Lancia un ultimo e accorato grido disperato l’Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale), a nome dei propri associati, e lo rivolge questa volta ai politici che prenderanno parte alla Conferenza nazionale sull’infanzia e sull’adolescenza che comincia oggi a Napoli alla Stazione Marittima. E proprio stamattina gli esponenti dell’Unione, guidati da padre Aniello Manganiello, parroco che lavora con i ragazzi al rione Don Guanella, saranno lì per denunciare ancora una volta la gravissima crisi economica in cui versano i sessanta istituti riuniti dall’Uneba, che assistono, in forma semiresidenziale, circa tremila ragazzi a rischio e 600 anziani, a causa del mancato pagamento delle rette di mantenimento da parte del Comune di Napoli.
PADRE ANIELLO: BASTA PAROLE - «Saremo lì con un cartellone con la scritta: ‘Basta parole’ per dire che siamo stanchi di aspettare. A cosa servono queste conferenze - dice padre Aniello - solo a sprecare denaro pubblico mentre poi non si risolvono i veri problemi della gente, non si danno risposte. Proprio ieri - continua don Aniello - l’assessore Riccio ha fatto sapere all’Uneba che avrebbe cominciato a saldare il debito che ormai ammonta a venti milioni di euro. È dal primo settembre che ci stanno prendendo per i fondelli, se non hanno i soldi o non sono in grado di gestire la cosa pubblica, vadano a casa, non abbiamo bisogno di amministratori incapaci, non è un disonore ammettere di non essere capaci, anzi».
I BAMBINI POVERI DI NAPOLI SENZA RETTA DA UN ANNO - I ragazzi assistiti dall’Uneba appartenengono a famiglie povere, prevalentemente figli di detenuti, tossicodipendenti, provenienti da Scampia, Secondigliano, Sanità, San Giovanni a Teduccio, Barra, Ponticelli, Quartieri Spagnoli.
Gli istituti svolgono attività scolastica con relativo pranzo e merenda, laboratori sportivi dalle 8 alle 17.30. Le rette non vengono corrisposte dal Comune dal settembre 2008. Tutto ciò ha messo in crisi l’intero settore tanto che non si riesce a comprare l’indispensabile per il quotidiano. Non solo. Le banche, con le quali gli istituti sono fortemente indebitati, chiedono il rientro dalle esposizioni. Il personale dipendente è da mesi senza stipendio, mettendo in sofferenza anche le loro famiglie.
L’APPELLO A BERLUSCONI - L’Uneba lo scorso settembre denunciò il rischio che venisse bloccata l’assistenza con una manifestazione di piazza che coinvolse oltre duemila persone e vide la partecipazione anche di A lato manifestazione di religiosi contro il Comune; oggi il bis davanti ad esponenti del governo.
Nei giorni scorsi il presidente dell’Uneba, Lucio Pirillo si era rivolto a Berlusconi e alle istituzioni locali perché: «E una questione che riguarda tutta la città, che va oltre gli schieramenti partitici, un problema che attiene alla responsabilità dell’intera classe politica napoletana nei confronti di minori in difficoltà e di anziani con gravi disagi economici» .
Elena Scarici
18 novembre 2009
WELFARE: PIRILLO, DIBATTITO INFANZIA MA ISTITUTI SENZA RETTA
WELFARE: PIRILLO, DIBATTITO INFANZIA MA ISTITUTI SENZA RETTA
NAPOLI, 16 NOV
- fonte
ANSA
“Che senso ha discutere a Napoli del futuro dei bambini all’interno della Conferenza Nazionale sull’infanzia, quando poi ai bambini di Napoli neppure si garantisce un presente, dato che il Comune non paga da 20 mesi i centri che dei bambini si prendono cura?”
E’ questo il senso dell’appello del presidente di Uneba Napoli Lucio Pirillo.
Lo rivolge alle istituzioni che organizzano a Napoli da mercoledì a venerdì prossimi la Conferenza Nazionale sull’Infanzia, “cioé il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con il ministro Maurizio Sacconi e la sottosegretaria Eugenia Roccella, e la Presidenza del Consiglio dei Ministri di Silvio Berlusconi, in collaborazione con la Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza presieduta dalla napoletana Alessandra Mussolini”.
Uneba, associazione di categoria di radici cattoliche, raccoglie a Napoli 60 istituti, religiosi e laici, che svolgono attività socio educative a beneficio di 3000 minori. Tutti questi, denuncia Pirillo, “non ricevono da circa 20 mesi i dovuti pagamenti da parte del Comune di Napoli delle quote spettanti”.
“L’Uneba - dichiara Pirillo - intende rendere consapevoli Ministro, Presidenza e Commissione della gravissima crisi economica finanziaria in cui versano i nostri istituti.
Si occupano di circa tremila ragazzi e ragazze appartenenti a famiglie povere dell’area del rischio di devianza: prevalentemente figli di detenuti, tossicodipendenti o altre situazioni difficili, provenienti dai rioni napoletani come Scampia, Secondigliano, Sanità, Piscinola, San Giovanni a Teduccio, Barra Ponticelli, Quartieri Spagnoli, Forcella, Pianura, Rione Traiano”.
“Le istituzioni associate Uneba svolgono in modo encomiabile l’attività scolastica, socio-educativa, e di assistenza fornendo pranzo e merenda, attività sportive o di laboratorio, ogni giorno dalle 8 alle 17.30. Sono convenzionate con il Comune di Napoli che però da 20 mesi, più di un anno e mezzo, non paga quanto dovuto.
Per poter portare avanti l’attività a beneficio dei minori le istituzioni si sono indebitate con le banche che ora chiedono la restituzione di quanto anticipato”. “Il Comune non paga le rette e gli enti restano senza soldi: risultato, i dipendenti degli enti associati, insegnanti educatori ed assistenti, non possono essere pagati.
Questa situazione porta alla inevitabile chiusura degli enti o cessazione delle attività. Con il rischio concreto che tremila ragazzi e duemila dipendenti restino sulla strada”.
fonte
ANSA
Uneba Napoli - Appello a Berlusconi per i ragazzi di Napoli
Il presidente di Uneba Napoli Lucio Pirillo si rivolge a Governo, Regione e Provincia perchè spingano sull’amministrazione comunale di Napoli, che mette a rischio le attività a beneficio di bambini ed anziani.
-
“Intervenite sulla grave situazione economico-finanziaria in cui versano gli istituti che operano nel campo dell’assistenza ai circa 3000 minori ed ai 700 anziani di Napoli!”.
E’ il nuovo pressante appello che il presidente dell’Uneba Napoli Lucio Pirillo rivolge al sindaco Rosa Russo Jervolino, al presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, al presidente della Regione Campania Antonio Bassolino e finanche il presidente del consiglio Silvio Berlusconi.
L’appello è stato ripreso anche dall’Ansa.
Si tratta di un ulteriore tentativo da parte di Pirillo di attirare attenzione sulla preoccupante situazione di Napoli, più volte raccontata da www.uneba.org Il Comune di Napoli, infatti, viene meno ai suoi impegni verso i centri per minori accumulando enormi ritardi nei pagamenti a dispetto delle promesse.
“E’ una questione – afferma Pirillo - che riguarda tutta la città e va oltre gli schieramenti partitici. E’ una questione di responsabilità dell’intera classe politica napoletana nei confronti di minori in difficoltà e di anziani con gravi disagi economici. Ci stiamo avviando verso una strada senza ritorno”.
Il presidente Uneba evidenzia ancora una volta il rischio che si fa ogni giorno più forte: “Si potrebbe arrivare alla sospensione di tutte le attività socio-assistenziale con grave danno per i ceti più deboli. Infatti, il comportamento dell’amministrazione comunale, con il suo mancato pagamento di quanto dovuto agli istituti, rende assai difficile la conduzione delle varie attività”.
“Le rette di mantenimento non vengono corrisposte dal lontano settembre 2007 mentre nel periodo successivo sono state elargite poche somme, quasi a titolo benefico. Tutto ciò ha messo in crisi l’intero settore tanto che gli istituti, religiosi e laici, non riescono a comprare neppure l’indispensabile per il quotidiano. Le banche, con le quali gli Istituti sono fortemente indebitate stanno chiedono il rientro dalle esposizioni. Il personale dipendente è, da mesi, senza stipendio mettendo in sofferenza anche le loro famiglie”.
“L’amministrazione comunale viene meno anche ai verbali d’accordo che sottoscrive regolarmente d’intesa con l’Uneba. Il danno non è fatto solo agli istituti. Il danno è fatto anche ai minori ed agli anziani. Anche perché ora c’è davvero il rischio che gli istituti, sospendano le attività per i debiti con le banche, delusi e sfiduciati verso il Comune. E rinuncino, a malincuore, alla loro attività con i minori ed anziani:una attività ritenuta indispensabile per una politica che vuole definirsi capace di affrontare i drammatici problemi che affliggono la nostra città”.
FONTE UNEBA NAZIONALE
http://www.uneba.org/uneba-napoli-appello-a-berlusconi-per-i-ragazzi-di-napoli
WELFARE: NAPOLI - ISTITUTI SENZA SOLDI, APPELLO A ISTITUZIONI
ANSA - NAPOLI
Un appello al presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi, al presidente della Regione Campania, Antonio Bassolino, al sindaco di Napoli, Rosa Russo Iervolino, al presidente della Provincia di Napli, Luigi Cesaro e a tutte le forze politiche viene rivolto dal presidente dell’Unione degli enti di Assistenza,religiosi e laici di Napoli, Lucio Pirillo perché “intervengano sulla grave situazione economico-finanziaria in cui versano gli Istituti che operano nel campo dell’assistenza ai circa 3000 minori ed ai 700 anziani di Napoli”.
“E’ una questione, infatti, che riguarda tutta la città che va oltre gli schieramenti partitici - afferma il presidente Pirillo - E’ una questione di responsabilità dell’intera classe politica napoletana nei confronti di minori in difficoltà e di anziani con gravi disagi economici. Ci stiamo avviando verso una strada senza ritorno.
Che potrebbe portare alla sospensione di tutte le attività socio-assistenziali con grave danno per i ceti più deboli”.
A giudizio di Pirillo “il comportamento dell’Amministrazione Comunale rende assai difficile la conduzione delle varie attività per il mancato pagamento di quanto dovuto agli Istituti.
Le rette di mantenimento non vengono corrisposte dal lontano settembre 2007 mentre nel periodo successivo sono state elargite poche somme quasi a “titolo benefico”. Tutto ciò ha messo in crisi l’intero settore tanto che gli Istituti, religiosi e laici, non riescono a comprare “l’indispensabile” per il quotidiano.
Le banche, con le quali gli Istituti sono fortemente indebitate stanno chiedono il rientro dalle esposizioni. Il personale dipendente è, da mesi, senza stipendio mettendo in sofferenza anche le loro famiglie. L’Amministrazione Comunale viene meno anche ai verbali d’accordo che sottoscrive regolarmente d’intesa con l’Uneba.
Il danno non e fatto solo agli istituti. Il danno è fatto anche ai minori ed agli anziani”. “Anche perché ora c’é davvero il rischio che gli istituti, sospendino le attività per i debiti con le banche, delusi e sfiduciati verso il Comune.
E rinuncino, a malincuore, alla loro attività con i minori ed anziani:una attività ritenuta indispensabile per una politica che vuole definirsi capace di affrontare i drammatici problemi che affliggono la nostra città“, conclude Pirillo.
fonte
ANSA
Vicerè, cacicchi e musica
rassegna stampa
di Mimmo Carratelli (da: La Repubblica del 2 novembre)
Ci scrive Libero Bovio dopo la confidenza fattagli dal Governatore che con Re Mita si vince alle prossime regionali: “Ogge sto tanto allero ca quasi quasi me mettesse a chiagnere pe’ sta felicità. Ma è overo o nun è overo ca so’ turnate ‘nsieme?”. Commosso, ha scritto anche al Governatore: “Tu ca nun cagne e chiagnere mme faje”. Tempo addietro, aveva scritto a Prodi: “No, caro Romano no, così non va, diamo un addio all’Ulivo se nell’Ulivo è l’infelicità”.
Il signor Bovio ha confidato alla madre: “Mia cara madre, sta pe’ trasì Bersane. Vuttamme ‘e mmane. Aggio fatte ‘e primarie ‘e sto partito, ch’era ‘nu chiuovo, e mo co’i viecchi o fanno nuovo nuovo. Brinneso alla salute d’’o governatore ca s’è rispusato cu’ l’amiche-nemiche risaputo. Vino vinello, se pe’ Ntonio e Ciriaco è tutto ‘nu trastullo, i’ veco l’allianza e mi fo bello co’ l’Allirchino e il Purginello”. Bovio ci informa d’avere preparato un personale saluto al nuovo Pd campano: ”Felicissima sera a tutte sti signure rilanciate e a chesta cummitiva accussì allera d’uommene cacicchi e democristiane pittate.
Musica, musicante! Fatevi mordo onoro, vattimmo ‘a destra, Cosentino, Viespoli e Caldoro. ‘Mmiez’a tante uommene rampante abballa n’Amendola rinnovatore, ma chi cagna ‘a via vecchia co’ a nova, sape ‘e viceré che lassa e nun sape ‘e cacicche ca trova. Nun se cagna a scena. O riceno a Gallipoli, o rice Massimo D’Alema”.
Bovio invia un saluto anche al sindaco. Titolo “Rusinella”. Testo: “T’aggio vutato bene a te, tu m’hai rivoltato a me, e tra duie anne nun’nce virimmo cchiù. Duje anne, ce pienze duje anne. Dicevi di voler bene a Napoli, ma nun ci hai mai pensato, parcheggi nun hai fatto, ‘e buche l’hai lasciate. Aggio fatto nu voto a Madonna d’’a neve, ca te passa ‘sta freve dei poteri speciali. Palomma si’, ma ti mancano le ali”.
(intervista a Bassolino appena nominato commissario della federazione del Pds, non ancora candidato a Sindaco di Napoli )
Il delitto il castigo e la pietà ….
di MICHELE BRAMBILLA
rassegna stampa
fonte la stampa
La brigatista Diana Blefari Melazzi si è impiccata in cella come il Michè della ballata di Fabrizio De André e il primo sentimento nel cuore di ognuno di noi è quello di una misericordia che non deve essere negata a nessuno, neanche agli assassini. Guai se finisse come in quella ballata: «Domani alle tre / nella fossa comune cadrà / senza il prete e la messa / perché di un suicida / non hanno pietà». L’Italia è però un Paese che in tema di delitto e castigo reagisce spesso più con l’istintività che con la ragione. Ci si straccia le vesti ogni volta che un giudice emette sentenze ritenute troppo morbide, e ogni volta che un reo o anche un semplice indiziato lascia il carcere.
Nel caso dei terroristi, poi, si pensa che alla maggior parte di loro - tra leggi sui pentiti, sconti, permessi di lavoro eccetera - sia andata fin troppo bene. Ci indigniamo, e non senza buone ragioni, quando un ex brigatista rosso o nero va a tenere conferenze.
Eppure ieri la morte di Diana Blefari Melazzi è stata fatta passare come un mezzo assassinio di Stato. Ascoltando le prime reazioni, sembrava che questa donna in carcere ci fosse finita per sbaglio, e ci fosse rimasta per l’ostinazione vendicativa di uno Stato che non ha voluto tener conto delle sue condizioni di salute psichica; condizioni, come si dice in questi casi, «incompatibili con la detenzione». Si rischia così, ancora una volta, di perdere di vista la realtà dei fatti e il senso dell’equilibrio.
Ora, è vero che un suicidio in carcere è sempre - oltre che una tragedia personale - una sconfitta per lo Stato. Il ministro Alfano ha annunciato un’inchiesta, che ci auguriamo non preveda sconti per nessuno.
Ma per mettere alcuni punti fermi, e per distinguere la pietà dalla giustizia, bisognerà ricordare che Diana Blefari Melazzi al momento dell’arresto si era dichiarata «militante rivoluzionaria del partito comunista combattente»; che nel covo che aveva preso in affitto furono trovati, oltre all’archivio delle nuove Br, cento chili di esplosivo; che sul suo computer c’era un file con la rivendicazione dell’«esecuzione»; che se lei era in cella, Marco Biagi - l’uomo che aveva pedinato per giorni, compresa la sera dell’omicidio - è sotto terra da sette anni; che nessun pentimento è stato espresso. Infine, bisognerà ricordare pure che questa donna è stata ritenuta colpevole in tutti i gradi di giudizio.
Era «incapace di stare in giudizio», come dice ora chi parla di suicidio annunciato? Può darsi. Ma una perizia psichiatrica c’è stata, e lo ha escluso. Sono cose sgradevoli da ricordare, ma così come Diana Blefari Melazzi ha diritto alla pietà, i giudici che ora passano per carnefici hanno diritto alla verità.
Tutto questo premesso, non c’è dubbio che - lo ripetiamo - un suicidio in carcere sia una sconfitta per lo Stato, e per lo Stato italiano si tratta della sessantesima sconfitta dall’inizio dell’anno. Ma sì: sessanta sono stati i suicidi in cella dal primo gennaio. Altre 87 persone sono morte in carcere, ed è ancora più inquietante sapere che, fra questi 87, il numero di «morti per cause da accertare» supera quello di «morti per malattia». La contabilità diventa ancor più macabra se prendiamo in esame gli ultimi dieci anni: 1500 morti in carcere, un terzo per suicidio.
Ieri si faceva notare che a Rebibbia - dove s’è uccisa la Blefari - invece che 164 agenti ce ne sono in servizio 110. Molte guardie vengono assegnate a compiti amministrativi, sicuramente più agevoli e probabilmente meno utili. Non c’è dubbio che ci sia un difetto nei controlli. Ma c’è da chiedersi se sia solo un problema di guardie insufficienti.
Ne dubitiamo. Forse è anche e soprattutto un problema di sovrappopolazione carceraria; sovrappopolazione che rende più difficili i controlli e più disumane le condizioni di vita dei detenuti. Il ministro Maroni ha più volte fatto notare che senza gli immigrati clandestini le carceri non esploderebbero. E’ un’osservazione da tenere in grande considerazione.
Ma l’uomo della strada si chiede anche perché in Italia ci sia così tanta gente in carcere per piccoli reati quando poi vediamo bancarottieri e - appunto - terroristi lasciare le sbarre con tanto anticipo. Difficile indicare una soluzione. Più facile per ora la diagnosi, che è quella di un Paese che vive una specie di schizofrenia: da una parte una diffusa impunità, dall’altra una punizione che diventa ingiustizia.
Fra i tanti problemi urgenti da mettere subito nell’agenda politica c’è anche questo.
Non sia turbato il vostro cuore…..
“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Io vado a prepararvi un posto e quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perchè siate anche voi dove sono io.
E del luogo dove io vado, voi conoscete la via.
Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via.
E Gesù: Io sono la via, la verità e la vita” (Gv. 14,1-6)
Di fronte al mistero della morte, ogni parola che possiamo pronunciare sembra, e forse lo è realmente, inutile.
Sarebbe opportuno invece rimanere in silenzio, con le lacrime agli occhi ed una profonda pena nel cuore.
E’ l’atteggiamento umano, questo, più naturale e spontaneo, se di spontaneità si può parlare in questi momenti.
Ma tutto si ridurrebbe lì, in un pianto e in un dolore, più o meno lungo nel tempo, più o meno carico di intensità.
C’è qualcosa, invece….
Qualcosa nella nostra fede che non fa assolutamente scomparire il dolore o cancellare il pianto, ma contribuisce fortemente a dare un senso alla tristezza dell’abbandono, nonché al vuoto del distacco.
E il periodo che stiamo vivendo in questi giorni, il Natale ormai alle porte, lo sottolinea ancor di più e ancor di più lo fa penetrare nella nostra anima.