Comunità senza soldi, mille bambini a rischio
rassegna stampa
venerdì, dicembre 18, 2009
(di cri. z. da la Repubblica Napoli)
Mille bambini, ragazzini, adolescenti vittime di abusi o strappati alla criminalità sono in attesa. In attesa di sapere qual è il loro futuro: continuare il percorso cominciato in comunità o ritornare per strada. Nello scontro sui fondi tra Regione e Comune, ci sono loro, i più deboli.
Sono un centinaio le strutture residenziali che si occupano di minori a rischio chiusura su 370 che operano in città e provincia. Il caso limite è quello della Karis, casa-famiglia da zero a sei anni di Pianura, che è stata inaugurata due anni fa e non ha mai recepito soldi, tranne che per il primo bimestre. Nella piccola casa famiglia, c´è una coppia, che svolge funzioni genitoriali per cinque bambini, con l´aiuto di due educatori, un assistente sociale e uno psicologo. «Qui i bambini vivono come in una famiglia e la chiusura della casa significherebbe togliere loro, per la seconda volta, l´unico punto di riferimento che hanno. Si tratta di piccolissimi sottratti a genitori violenti, tossicodipendenti o autori di altre gravi forme di abuso», dice Gianni Minucci, vicepresidente del Sam (federazione Servizi residenziali di accoglienza minori).
Da due anni, casa Karis sopravvive solo grazie all´impegno personale della coppia e degli operatori. Ma ora, senza finanziamenti, ha annunciato la chiusura per il 31 dicembre.
Stessa situazione ad Acerra, dove nella comunità gestita da Rosa Coppola, sono già partite le lettere per i dipendenti. «Siamo come una famiglia e io ho dovuto avvisarli – spiega la titolare – Il Comune non ci paga da 18 mesi e le banche ormai non ci fanno più credito, anzi quando presentiamo le fatture del Comune di Napoli ci dicono che è peggio, perché il bilancio comunale è così disastroso che nessuno ci pagherà mai». È disperata Rosa Coppola: «Sono preoccupata per gli operatori che da anni lavorano con noi. Sono tutti ragazzi laureati e specializzati», ma il pensiero va soprattutto ai bambini dai 7 ai 14 anni che sono ospiti nella comunità. «Siamo ad Acerra, ma abbiamo tanti bimbi di Napoli, Secondigliano, Bagnoli. Con ciascuno di loro lavoriamo per reintegrarli nella vita normale. C´è una ragazzina romena, ospite da noi da quattro anni, che a scuola è diventata bravissima. Ora l´idea di perderli, di abbandonarli è una ferita al cuore. Non sono dispiaciuta solo per il lavoro che si butta via, ma perché ho paura di cosa succederà a questi piccoli uomini e piccole donne del nostro domani».
C´è malinconia e rabbia, tra chi lavora in prima linea tra i minori a rischio. «Viviamo nel paradosso – cerca di spiegare Minucci – Quando dobbiamo incassare le fatture il Comune ci chiede contestualmente la presentazione dei documenti per la regolarità contributiva Inps e Inail. Io cioè mi devo impegnare ogni mese a versare i contributi per i miei dipendenti, ma il Comune non mi paga da 18 mesi. In molti non hanno più i soldi neanche per assicurare il pagamento dei contributi, questo l´ho spiegato all´assessore Giulio Riccio».
È un coro. «Il Comune non ci paga da oltre un anno», conferma Silvia Ricciardi che gestisce le Comunità alloggio Jonathan, Colmena e Oliver, per minori tra 14- 21 anni e Casa di Luca, che accoglie bimbi tra i 6-12 anni. «I fondi del Comune non ci servono solo per pagare vitto, alloggio e gli operatori – spiega Silvia Ricciardi – questi bambini intraprendono un programma educativo completo, vanno a scuola, in palestra, seguono corsi danza e di calcetto. E tutto questo ha un costo». La comunità Jonathan e le altre riescono a sopravvivere grazie ai privati: «Noi riusciamo ad andare avanti, perché abbiamo un contratto di lavoro per i ragazzi più grandi con la Indesit e il presidente della società, Vittorio Merloni, ha personalmente fatto da garante per noi con una banca di Fabriano, che ci anticipa i soldi a tassi di interesse molto bassi. Senza questa intermediazione Jonathan e le altre case famiglia sarebbero già alla deriva».