I cattolici rompono gli indugi, è pronta la «Rete» napoletana di Gimmo Cuomo
rassegna stampa -
6 febbraio 2011
il Corriere del Mezzogiorno
A differenza di quella palermitana, caratterizzata dall’esasperato giacobinismo in salsa gesuitica, la «Primavera napoletana» potrebbe assumere le sembianze più rassicuranti dei volontari, cattolici e non, disposti, finalmente, a compiere il balzo dal, pur utile, impegno prepolitico a quello politico vero e proprio, mettendo in preventivo la possibilità di «sporcarsi» le mani all’interno delle istituzioni.
Il clima in città è pesante, dunque astrattamente favorevole agli azzardi calcolati. Le condizioni ci sono tutte. I partiti sono in piena crisi: il Pd è dilaniato da un’antica faida interna, il Pdl altrettanto è spaccato e incapace di esprimere il candidato a sindaco;
il cardinale Crescenzio Sepe, che spesso, di fronte alla delegittimazione delle istituzioni, ha svolto un utile ruolo di supplenza, in occasione dell’apertura del Giubileo per Napoli ha sottolineato «l’esigenza diffusa di una stagione di rinascita» non solo religiosa ma anche «civile e sociale».
Sulla scorta di questo appello alla mobilitazione, pochi giorni fa il movimento «Napoli per Napoli» ha gettato la maschera, non escludendo la possibilità di una partecipazione diretta al prossimo confronto elettorale per palazzo San Giacomo.
A guidarlo non c’è un leader carismatico, ma non immune dagli eccessi populisti come l’allora cinquantenne Leoluca Orlando,
ma tre personalità flemmatiche molto conosciute e stimate in città:
Sergio Sciarelli, economista di chiara fama e presidente del cda del teatro Mercadante,
Mario Di Costanzo ex consigliere nazionale dell’azione cattolica, attualmente impegnato a guidare la Consulta dei laici della Curia napoletana e
Gian Paolo Leonetti dei conti di Santo Janni, sovrintendente del Pio Monte della Misericordia.
Una settimana fa la prima uscita pubblica al Circolo artistico politecnico in Piazza Triste e Trento.
«Ma — assicura Di Costanzo — ci saranno presto altri incontri anche nelle periferie perché non si pensi che il nostro movimento è uno dei tanti salotti della Napoli bene».
Va ricordato che un legame tra il movimento e le gerarchie ecclesiastiche non esiste.
Nessun ecclesiastico, infatti, ha finora (e probabilmente non lo farà nemmeno in futuro) assunto il ruolo di ufficiale di collegamento tra i laici e la Chiesa.
Una cosa è certa: la volontà dei promotori del movimento di orientare e non subire l’offerta politica dei partiti, senza escludere anche le opzioni più estreme.
«Siamo un cantiere aperto»,
spiega Di Costanzo:
«L’unico punto fermo è rappresentato dal rifiuto di pacchetti preconfezionati.
Per esempio, potremmo impegnarci in favore di quel candidato a sindaco che
annuncerà la squadra di governo prima delle elezioni.
So bene che si tratta di una provocazione e che difficilmente un aspirante primo cittadino deciderà di scontentare prima del voto tutti quelli che nutrono aspettative.
Appunto non escludiamo nemmeno la possibilità della lista civica».
Già la lista civica, l’ipotesi estrema.
Nel movimento si ragiona anche di altro.
Per esempio della possibilità di chiedere ai partiti l’impegno su punti programmatici ritenuti fondamentali e un’adeguata rappresentanza che possa garantire il rispetto dei patti.
Ma ogni opzione ha le sue controindicazioni.
L’ipotesi della lista civica dovrebbe fare i conti col sistema elettorale.
E pur vero che quello per il Comune, modulato su due turni, prevede la possibilità di apparentamenti. Ma è altrettanto vero che, in caso di ballottaggio, la scelta di sostenere l’uno o l’altro candidato rischierebbe di mandare in frantumi l’unità del movimento costruito sulla base della pluralità culturale.
Se, viceversa, prevalesse l’idea di inserire candidati nelle liste già in campo, si correrebbe il rischio di risultare esclusivamente portatori d’acqua, destinati a soccombere nel confronto con i grandi collettori di preferenze.
Ma il movimento cresce, e sta stabilendo rapporti con altri soggetti della società napoletana a cominciare dalla Cisl, guidata in Campania da Lina Lucci che già ha auspicato che le forze sociali partecipassero alla stesura dei programmi.
«Ho molto apprezzato le parole di Lina alla nostra assemblea», conclude De Costanzo:
«allo stesso tempo do atto alla Cisl nazionale di aver dimostrato grande coraggio nell’assumere posizioni che l’hanno esposta a critiche». E poi ci sono le altre associazioni, i comitati, tutti quei soggetti che sono ancora una volta tentati di varcare la soglia della politica.
La costruzione della «rete» napoletana è appena iniziata.
Dopo aver letto P.Pizzuti S.J. di Francesco Denotaris
Caro Padre, Lei ne avrà viste tante di Associazioni allo
“statu nascenti”! E’ un buon testimone, non di quelli che si comprano
in tribunale per qualsiasi testimonianza. Me ne accorgo dai giudizi,
dalle osservazioni, che pone in occasione della presentazione del
Movimento di opinione “Napoli per Napoli”. I promotori sono
personalità degne di stima e che motivano ogni attenzione.
Nascono, talvolta, questi Movimenti in occasione di elezioni perchè cittadini
pensosi e insoddisfatti mettono insieme idee, convincimenti comuni,
desiderio di respirare aria nuova e cercano consenso per iniziative
comuni.
Non sempre, purtroppo, “salgono” in politica (non si scende in
politica…) e si offrono al giudizio degli elettori. E’ anche vero
che ognuno ha una vocazione, ha sensibilità, ha aspirazioni tali da
giocarle in ambiti che non sempre sono quelli classici di una
competizione elettorale. Ed è giusto che sia così perchè ognuno deve
offrire il proprio contributo rispettando la propria vocazione.
Come Lei osserva, i partecipanti appartenevano a “categorie della borghesia
di stampo professionale, imprenditoriale, accademico…” insofferenti
e insoddisfatti per “i mali e la gestione della città“.
Ritengo che queste aggregazioni siano un arricchimento per la nostra Città e
certamente non vanno etichettate, come accade troppo spesso, ed ancora
una volta concordo con Lei nel dire “non corretta la definizione data
dalla stampa del movimento come espressione del volontariato civile e
cattolico”.
Se così fosse saremmo in presenza di un depauperamento
della potenzialità che il Movimento ha e che, comunque, ha
intercettato già tanti concittadini, direi anche non cattolici.
Sommessamente Le confesso che non si contano i concittadini
giustamente critici che, al momento del voto, rinforzano i peggiori.
Caro Padre, ho letto il Suo intervento e ci sarebbe molto da dire
anche sulla domanda che Ella pone in conclusione.
Ma come entrare nella modernità?
Mi permetta dire una banalità; se non riportiamo i bambini a scuola,
tutti a scuola, se non compiamo un grande sforzo per
risanare il nostro patrimonio edilizio, se non daremo un lavoro
dignitoso e vero a tutti, se non daremo una casa a chi non la ha, se
non garantiremo salute e assistenza a chi ne
ha diritto, se tutti insieme non ci libereremo dalla mentalit
camorristica (vedi discorso di Benedetto XVI in Piazza del Plebiscito)
sarà sempre più difficile, forse impossibile parlare di Napoli “nel
contesto europeo”. E dico di Napoli, della Città tutta intera con i
suoi abitanti.
VOCI DELLA SOCIETA’ CIVILE: PER QUALE CITTA ? Di Domenico Pizzuti
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Con un aplomb quasi britannico nell’elegante salone del Circolo Artistico Politecnico Sergio Sciarelli, docente di economia e promotore insieme con Gianpaolo Leonetti e Mario Di Costanzo del movimento di opinione “Napoli per Napoli” ha presentato all’assemblea pubblica di cittadini interessati gli obiettivi, le richieste, le attese di questo movimento nei confronti dei candidati alle prossime elezioni comunali di maggio per un cambiamento politico-amministrativo ineludibile.
Clima di attenzione e consapevolezza, pacato e signorile, da gentiluomini senza alzare troppo la voce anche nel denunciare i guasti ed i mali della città, con qualche autocritica per non aver controllato l’agire degli amministratori eletti.
Complessa la società civile napoletana, da analizzare nelle sue diverse componenti virtuose o meno, che nel volgere di poche settimane in quarantamila partecipa alle primarie per il candidato sindaco del PD con le dilacerazioni che ne sono seguite, ed in 300 si raccoglie nel salone del Circolo Artistico Politecnico per esprimere sofferenza e insoddisfazione per i mali e la gestione della città.
Voice nel senso di protesta?
No, direi denuncia di strati professionali e borghesi, diversamente acculturati politicamente e socialmente collocati in ruoli di responsabilità.
Nel corso del 2008 per l’emergenza rifiuti – un ossimoro – abbiamo partecipato a ben altre infuocate assemblee con la presenza degli amministratori responsabili.
Più che entrare nel merito delle analisi e delle proposte formulate, riteniamo più opportuno riflettere sul clima e sulle caratteristiche sociali dei promotori del movimento e dei partecipanti all’assemblea che da un punto di vista sociologico rivelano gli interessi ed i condizionamenti delle stesse formulazioni di pensiero.
A questo proposito – a nostro avviso - riteniamo non corretta la definizione data dalla stampa del movimento come espressione del volontariato civile e cattolico, che sembra invece voler significare cittadini che, fuori delle aggregazioni politiche o partitiche, volontariamente si protendono nell’arena pubblica in occasione di elezioni amministrative con loro richieste e proposte dopo un certo silenzio ed assenza nel dibattito pubblico.
Una contraddizione con lo statuto della cittadinanza attiva e responsabile che non si esaurisce certo con la partecipazione al voto fino alla prossima tornata elettorale.
I promotori ed i partecipanti all’assemblea certo appartengono a categorie della borghesia di stampo professionale, imprenditoriale, accademico, e questa appartenza può spiegare l’insoddisfazione e l’attesa più volte ribadita di una città normale, che funzioni nei servizi essenziali e nella pubblica amministrazione, garantisca la sicurezza ed il civile svolgimento delle varie attività, assicuri il decoro urbano, trasparenza e partecipazione dei cittadini secondo esperienze sperimentate in altre città.
In questo contesto di stili di vita, si è fatto ripetutamente richiamo alle qualità dei pubblici amministratori, specialmente sotto il profilo della competenza che certo non guasta perché si tratta di gestire la macchina comunale con i suoi 13.000 dipendenti, ma non basta se manca una qualità ed una visione politica della mission di una città.
Una prima osservazione riguarda l’altra e maggioritaria parte della città che non è rappresentata, formata da un ceto medio in difficoltà per la crisi economica, dalle famiglie con lavori saltuari e precari, con numerosi figli a carico, dai pensionati poveri, dai giovani in cerca di lavoro, dai numerosi iscritti al casellario giudiziario, cioè da quella che è stata definita la “pancia” della città che non si conosce e con cui non si dialoga.
Chi rappresenta chi?
Amato Lamberti, sul filo di un’ analisi statistica delle stratificazioni sociali ha potuto dire che l’Amministrazione comunale garantisce solo il 10% dei cittadini, quelli appunto di stampo borghese.
Quali compiti, secondo le competenze comunali, si pongono per un’ integrazione nella modernità economica, sociale e civile di questi strati popolari e che non sia la riproduzione di misure assistenzialistiche che non risolvono le situazioni?
Una seconda osservazione, in questa prima presentazione del movimento si è insistito molto sulle qualità dei candidati a sindaco e della sua squadra funzionale ad un’ eventuale lista civica se i candidati presentati dai partiti non risponderanno alle attese, ma non è emersa quale città si prefigura, quale mission di Napoli nel contesto europeo, mediterraneo e di globalizzazione non solo economica.
Quando i social network facilitano ben altre proteste per il pane e la democrazia sulla rive africane del Mediterraneo e configurano secondo il linguaggio di M. Castells <> che reagiscono ad oppressioni prolungate che si vogliono scrollare.
Dopo la lista delle attese sulle qualità dei candidati alle prossime elezioni comunali, la domanda che si può porre, e che formulerei se fossi un candidato,
“Voi benemeriti cittadini che cosa ci mettete” per realizzare il cambiamento atteso in termini di partecipazione, responsabilità, attivazione di risorse, ed in questo caso di programmi con progetti di fattibilità.
E con qualche sacrificio per migliorare la condizioni dei ceti meno privilegiati della città.
Dio salvi Napoli, tutta Napoli!