ALEX ZANOTELLI, DOMENICO PIZZUTI, a nome DEL COMITATO CAMPANO CON I ROM
Il Comitato Campano coi Rom denuncia alle autorità competenti e alla
cittadinanza intera le disastrose condizioni sanitarie in cui versano
gli immigrati che vivono nelle rifugi di fortuna nel Parco della
Marinella. A pochi passi dall’Ufficio Immigrazione della Prefettura, a
un chilometro da Palazzo S.Giacomo, in mezzo ai topi, nel fango, tra i
rifiuti, senza acqua, elettricità, e bagni, sorgono un centinaio di
baracche in legno, plastica, lamiera ed altri materiali di recupero.
La maggioranza è composta da piccoli nuclei familiari di origine rom,
emigrati da zone depresse della Romania e già residenti da tempo nel
nostro territorio; altri provengono dall’Africa settentrionale e
centrale, altri ancora sono poveri napoletani che nella baraccopoli
trovano accoglienza e rifugio. La società non può tollerare che
bambini, donne ed anziani vivano in queste condizioni disumane, la
nostra città non può guardare questo scempio senza agire
>
Il Comitato Campano coi Rom chiede un intervento di assistenza
umanitaria urgente per assistere queste persone e chiede alle autorità
competenti di pianificare l’inserimento sociale di queste persone
emarginate.
Il Comitato Campano coi Rom biasima le modalità dell’intervento della
Polizia Municipale nella baraccopoli del Parco della Marinella
avvenuto alle prime ore dell’alba del 20.02.2012. La Polizia
Municipale ha sottratto beni ai residenti senza contestare loro alcun
reato, sottraendo oltre 500 carrozzine utilizzate per la loro
sopravvivenza. Interventi come questo, non fanno altro che fomentare
la rabbia dei rom e sentimenti di razzismo e di xenofobia negli
italiani.
IL Comitato Campano coi Rom si augura che al più presto il Comune di
Napoli trovi una appropriata sistemazione per tutti gli abitanti del
Parco della Marinella.
Pirillo e i centri socio educativi a Napoli
Il presidente dell’UNEBA a Napoli è Lucio Pirillo, che fu capolista al Consiglio Comunale nel 1993 per ‘la Rete’, eletto Consigliere Comunale e poi dimessosi perchè nominato Assessore ai Servizi sociali nella Giunta del Sindaco Bassolino.
Riporto un’intervista che attiene alla condizione di un aspetto particolare dei servizi sociali in Città, alla mancanza di fondi, ed alla conseguente chiusura di strutture educative storiche con danno rilevante per l’educazione dell’infanzia.
Scritto da Francesco de Notaris
http://www.laretitudine.net/2010/index.php/notizie/259-pirillo-e-i-centri-socio-educativi-a-napoli
Non gettiamo questa vita di Anna Maria Gargiulo
Enormi sono i sacrifici in termini di personale e di risorse economiche che gli istituti UNEBA, e non solo, stanno sostenendo per non chiudere le attività, per non rimettere in strada migliaia di minori a rischio, per non togliere lavoro e dignità a migliaia di operatori sociali che lavorano, aiutando i più deboli di questa città.
Siamo in attesa di conoscere dall’assessorato come superare quest’impasse che ci tiene sulla corda da anni.
Nel frattempo, ci permettiamo di suggerire un piccolo provvedimento tampone che certo non risolve, ma che, almeno per le case albergo per anziani, può dare un minimo di respiro.
Basterebbe eliminare l’ingiusta pratica attualmente in essere di incamerare da parte del Comune una quota della pensione dell’anziano ospite come compartecipazione alla retta: visto che il Comune paga dopo oltre tre anni questa retta, mentre incassa mese per mese la quota dall’anziano, si dovrebbe consentire di far incassare agli Istituti questa quota, mese per mese, e sottrarla poi dal contributo del Comune quando finalmente verrà l’ora di erogarlo.
In tal modo, gli Istituti avrebbero un minimo di entrata certa con la quale comprare gli alimenti, qualche stipendio, riducendo un po’, almeno, i costi enormi che si affrontano nel pagare gli interessi alle banche per i mutui che si stanno contraendo.
Si tratterebbe solo di un piccolo segnale, che al Comune non costa nulla, mentre per molte case per anziani potrebbe essere un aiuto e incoraggiare a non chiudere.
LE DUE NAPOLI Scritti di Domenico Pizzuti Un gesuita sociologo - UN ANNO DOPO
UNEBA NAPOLI - Semiconvitto Fondazione Famiglia di Maria - Riapre solo per un dovere ai minori -
Il contributo degli istituti religiosi alla costituzione del welfare italiano
Sabato 25 febbraio alle 10 presso la sala della Protomoteca in Campidoglio a Roma viene presentato lo studio “Per carità e per giustizia – Il contributo degli istituti religiosi alla costituzione del welfare italiano”, promosso da Cism, Usmi e Fondazione Zancan in collaborazione con la Fondazione Roma Terzo Settore.
Qui il programma e le indicazioni per la giornata, cui parteciperanno anche il cardinale Tarcisio Bertone segretario di stato di Benedetto XVI, il vescovo di Città di Castello mons.Domenico Cancian per la Cei e il neo direttore di Caritas Italiana mons.Francesco Soddu. Devono confermare la presenza i ministri Andrea Riccardi ed Elsa Fornero.
Ad illustrare “Per carità e per giustizia” saranno Emanuele Rossi dell’Istituto superiore Sant’Anna di Pisa, componente dell’Agenzia per le onlus, e mons.Giuseppe Pasini, presidente della Fondazione Zancan.
Lo studio è fuori commercio, sarà consegnato ai presenti sabato 25 febbraio.
L’Uneba – commentano il presidente nazionale Maurizio Giordano e il commissario regionale del Lazio Alessandro Baccelli -, che ha partecipato sia direttamente che indirettamente, in collaborazione con l’Area della Solidarietà CISM-USMI ed il Comitato di coordinamento, ai lavori, a partire dalla Rilevazione del 2009, che abbiamo presentato al convegno di Assisi “Il Vangelo nelle opere di carità e nelle attività sociali dei Religiosi in Italia”, richiama l’attenzione di tutti gli operatori su questo importante appuntamento: non per una celebrazione auto elogiativa, ma per trarne le conseguenze per il futuro. Soprattutto per continuare a lavorare insieme, evitando le dispersioni del passato e coordinando, nel rispetto delle autonomie di enti ed organismi, le diverse iniziative sul piano culturale, propositivo, organizzativo, gestionale. Dal canto nostro, assicuriamo la piena disponibilità sia a livello nazionale che regionale e locale”.
di UNEBA-NAPOLI:QUALE WELFARE TERRITORIALE? I Centri socio educativi di Napoli.
-Una lunga storia poco conosciuta di accoglienza e cura dei minori più poveri e svantaggiati-
Gli Istituti che ospitano i Centri socio educativi realizzano il servizio di semiconvitto; hanno, in molti casi, una tradizione secolare di accoglienza e cura dei bambini e ragazzi più poveri ed emarginati.
Ancor più nella grande Napoli, da sempre capitale delle contraddizioni: bellissima e poverissima, patria di famosi scienziati e nobili, così come di ignoranti senza pari e lazzaroni senz’arte né parte.
I poveri, i lazzaroni e “i figli della Madonna” hanno sempre abbondato e riempito le strade sporche e luride dei vicoli e dei quartieri.
Nell’immediato secondo dopoguerra, il problema dell’infanzia abbandonata riemerse in maniera drammatica e diventò una tra le questioni sociali più urgenti e delicate nel tentativo di ricostruzione che vedeva impegnata non solo l’Italia, ma l’Europa intera, devastata da guerra e bombardamenti; una questione quella dei bambini orfani a cui molti ordini religiosi, in particolari quelli femminili, diedero una risposta forte ed immediata con la creazione di tanti Istituti a Napoli e provincia, per accogliere nelle proprie Scuole Materne, Elementari, Medie Inferiori, Scuole Magistrali, Centri di Formazione Professionale migliaia di ragazzi che, dall’oscuro mondo dell’infanzia negata e violata, passavano a quello dell’infanzia protetta, grazie al duttile discernimento dei religiosi e dei loro collaboratori laici che furono sempre capaci di adeguarsi alle necessità dei tempi.
Molti di questi Istituti, nei decenni successivi, sono divenuti sedi di prestigiose scuole all’avanguardia per i loro tempi (Scuola Marittima Professionale, Scuola Odontotecnica (la prima in Campania), Scuola tipografica); di Centri di Formazione Professionale per i settori dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato per dare risposte concrete alle necessità educative, culturali e formative dei giovani assistiti.
Sono stati migliaia i giovani che hanno mosso i primi passi del loro corso di studi, partendo dalla Scuola Materna alle Superiori, alla formazione professionale che si sono completamente formati presso gli Istituti
Oggi, nonostante le grosse difficoltà che hanno imposto modifiche ed adeguamenti normativi, è sempre vivo l’ideale che mosse i Fondatori di tanti Istituti per la realizzazione della formazione integrale dell’alunno, nel pieno rispetto ed in armonia con i principi della Costituzione Italiana.
Lo stesso spirito evangelico continua ad animare religiosi e collaboratori laici, per meglio attuare il servizio in un mondo caratterizzato da una molteplicità di istanze e sollecitazioni nuove e complesse.
Il Territorio sul quale operano gli Istituti
Malgrado l’evolversi dei tempi e della società, specialmente in alcune realtà come quella di Napoli e provincia, alcune situazioni di povertà e disperazione non si sono estinte, sono diminuite nella quantità, ma restano comunque scandalosamente grandi i numeri di famiglie multiproblematiche, estremamente deprivate, sia da un punto di vista economico, sia culturale.
I Centri socio educativi diurrni accolgono i minori provenienti da queste famiglie, dai quartieri più difficili della città.
Questi contesti presentano le caratteristiche delle periferie urbane più degradate: economia depressa; un livello altissimo di disoccupazione che supera il 40% (quasi la metà della popolazione attiva); una fortissima presenza della criminalità organizzata (un vero e proprio esercito, secondo le stime dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia); devianza giovanile; carenza di centri di socializzazione giovanile.
In questi territori è bassissimo il grado di istruzione (appena il 4% di laureati contro il 10% della media cittadina, solo il 17% di diplomati contro il 24% della media cittadina). Molto alto è anche il livello di dispersione scolastica.
(fonte: Comune di Napoli, Profilo di Comunità 2006).
Le famiglie sono estremamente deprivate, sia da un punto di vista economico che culturale, con punte di analfabetismo altissimo tra gli adulti e l’uso frequente, se non esclusivo del dialetto, con la conseguente utilizzazione di un codice linguistico ristretto.
I nostri ragazzi si trovano a relazionarsi con adulti assenti, oppure profondamente sprovvisti di strumenti per trasferire ai propri figli un sistema di valori stabili, perché non li hanno a loro volta, o perché troppo presi a contrastare il disagio della precarietà e dell’instabilità in cui vivono.
Nella fascia 6/11 anni si rilevano tantissimi casi di demotivazione, scarso interesse per la scuola, ritmi lenti di apprendimento che, se non costituiscono sempre la causa della dispersione scolastica, ne sono sicuramente un sintomo.
In molti vivono anche problemi di salute fisica o psichica.
L’assenza di centri culturali e di sana socializzazione fa sì che i minori trascorrano il loro tempo libero essenzialmente per strada dove incontrano spesso persone e realtà a rischio o devianti.
In aiuto dei bambini più bisognosi
Il servizio del Centro, dunque, è svolto in favore delle famiglie bisognose che per ragioni ambientali, socio-economiche ed altro non riescono in pieno a provvedere alla educazione, istruzione e formazione dei propri figli.
Le risposte ai bisogni di queste famiglie si sono adeguate ai tempi e diversificate.
Il Centro socio educativo, chiamato anche semiconvitto, segue questa evoluzione e all’opera caritatevole dei religiosi e dei volontari ha affiancato nel tempo quella di tanti operatori qualificati, di educatori professionali, di psicologi, assistenti sociali…
I semiconvitti, radicati nei quartieri, nei vicoli della città, restano un punto di riferimento fondamentale per le famiglie, specialmente quelle più colpite dalle difficoltà;restano luoghi e persone di provata fiducia e competenza cui affidare per buona parte della giornata bambini che altrimenti resterebbero soli, o, peggio, in balia della strada e delle facili lusinghe di adulti senza scrupoli che, proprio a Napoli e provincia, abbondano e costituiscono un vero e proprio esercito numerosissimo di delinquenti.
E restano, i semiconvitti, il punto di riferimento importante dei servizi sociali alle porte dei quali bussano le tante famiglie deprivate.
Luoghi sereni per crescere e maturare
Presso i Centro socio educativi questi ragazzi trovano punti di riferimento, adulti accoglienti, capaci e competenti che li ascoltano e che indicano loro i valori veri della vita, alternative ai modelli di vita “sballata” o sbandata che i cattivi maestri della televisione o della camorra veicolano con tanta facilità.
Presso i semiconvitti, i ragazzi trovano luoghi dove vivere, per buona parte della giornata (lì dove c’è la scuola interna si comincia alle ore 8.00), la loro infanzia o adolescenza in serenità, senza tensioni, studiando, sperimentandosi, giocando, costruendo amicizie, imparando ad avere fiducia in se stessi e negli altri.
Quasi tutti i semiconvittori sono scelti dai servizi pubblici, e tutti hanno “certificata” una situazione drammatica di disagio personale e/o familiare.
Gli assistenti sociali del Comune di Napoli e di altri comuni limitrofi sanno bene quanti bambini sono stati curati nel corpo e nell’anima con l’intervento congiunto comune-semiconvitti.
Tantissimi vengono “soccorsi” nei loro bisogni morali e materiali, da quelli elementari dell’igiene, a quelli più seri e preoccupanti della salute, scoprendo e intervenendo su problematiche che altrimenti sarebbero state ignorate o trascurate da familiari poco attenti o superficiali.
Sono migliaia e migliaia le giovani vite seguite e curate dai religiosi e dal personale laico degli Istituti che svolgono attività di semiconvitto.
In tanti casi, si sono raggiunti risultati notevoli e immediatamente visibili: il bambino con ritardo negli apprendimenti che, seguito e curato con passione e professionalità, rifiorisce e recupera; la bambina senza papà, trascurata dalla madre, con diagnosi ospedaliera sbagliata, salvata da morte certa grazie all’ostinazione di educatori di semiconvitto e assistente sociale del comune, insieme;
i tantissimi bambini guidati a controllare gli sfinteri con la pazienza e l’attenzione che non trovano a casa; i tanti bambini guidati a giocare pacificamente con gli altri, mettendo da parte non solo le logiche prepotenti degli adulti camorristi che frequentano, ma anche le armi che a volte questi adulti regalano o lasciano usare.
Per tutti gli altri si fa un’opera di prevenzione contro ulteriori disagi, svantaggi, comportamenti devianti che già caratterizzano la vita di questi ragazzi, una prevenzione difficile da misurare, ma sicuramente indispensabile in questa città così a rischio.
L’investimento economico del Comune è invariato da decenni, pur avendo preteso, al contrario, sempre più garanzie procedurali, organizzative, strutturali….
E resta un investimento costo/utente molto più contenuto rispetto ad altri tipi di servizi, proprio perché si può contare su una disponibilità e sensibilità storica degli enti coinvolti, che impiegano strutture proprie, personale religioso e volontari che rinunciano ai compensi, lavoratori motivati che sanno aspettare i ritardi dei pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione.
E può contare, la pubblica amministrazione, su una pazienza infinita e ormai abusata di aspettare oltre tre anni l’erogazione dei contributi previsti da parte del Comune e di anticipo, quindi, abnorme e ormai non più sostenibile, di tutte le spes
DICHIARAZIONE DI P. DOMENICO PIZZUTI:Occuparsi di Scampia e non di promuovere eventi mediatici o passeggiate
La notizia di un presunto coprifuoco da parte della camorra locale ed una bomba artigianale per liberare un basso appetito per i traffici di un gruppo della criminalità organizzata, ha prodotto in pochi giorni mobilitazioni mediatiche sulla piazza Giovanni Paolo II e passeggiate questa sera per il quartiere senza alcuna preventiva legittimazione di iniziative concrete a favore del quartiere.
Scampia non è un luogo per processioni o passeggiate, cioè per passarelle di personaggi di qualsiasi affiliazione politica e sociale che cavalcano il disagio reale o immaginario. Forse si addice di più il silenzio operoso di chi lavora da anni in iniziative ben conosciute e accreditate di animazione sociale, sportiva e culturale in risposta a bisogni di giovani, donne, disoccupati, immigrati e rom, che non indice passeggiate serali se non domenica 19 febbraio il 30° Carnevale del Gridas per le strade del quartiere.
OCCUPARSI di e per Scampia è la parola d’ordine, o meglio affiancare le attività in corso per la crescita culturale e soprattutto per l’avviamento al lavoro delle giovani generazioni ed offrire pari opportunità alle donne. In fondo Scampia ha una preziosa risorsa e riserva nel capitale umano che deve essere qualificato e indirizzato nei circuiti lavorativi e partecipativi alla vita sociale per non sprecare gli anni giovanili nell’inerzia e nell’attesa
Quali risposte intendono dare, secondo le loro competenze, gli organi della Municipalità e le parti politiche - non mere aggregazioni elettoralistiche – per una crescita complessiva, sinergica, partecipata del quartiere secondo un progetto possibile come quello per esempio presentato con un Manifesto in occasione delle elezioni amministrative dal Laboratorio politico di liberi e responsabili cittadini “Scampia felice”?
Occorre a nostro avviso, al di là di fumose dichiarazioni e movimentazioni, una BIOPOLITICA a servizio delle necessità vitali delle famiglie e della riproduzione non solo biologica, ma sociale, culturale e religiosa per promuovere una coscienza della cittadinanza e se possibile di una cittadinanza attiva che non sia solo prerogativa benemerita di un élite culturale che pur è presente a Scampia.