Truffa dei rifiuti a Colleferro
smantellata la dirigenza del termovalizzatore
13 arresti e sequestro dell’impianto
Falsificati i certificati di analisi: nel sistema di riciclo finivano anche materiali tossici
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ROMA - Un termovalorizzatore moderno, un modello di tecnologia. Quello di Colleferro. Ma dentro ci finiva di tutto, con pesanti conseguenze sull’ambiente circostante. E’ questa l’accusa per cui nella notte tra domenica e lunedì i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Roma hanno eseguito 13 ordini di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emessi dal gip del tribunale di Velletri, nelle province di Roma, Latina, Frosinone, Napoli, Avellino, Bari, Foggia, Grosseto e Livorno. Gli investigatori hanno poi anche deciso il sequestro dei due termovalorizzatori dell’impianto di Colleferro.
Secondo quanto si apprende da fonti investigative a Colleferro veniva smaltito ogni tipo di rifiuto violando «tutte le norme previste». Parte del materiale, hanno verificato gli uomini dell’Arma, arriva «di nascosto» dalla Campania e comprendeva anche rifiuti pericolosi.
GLI INQUIRENTI: «PROVE INEQUIVOCABILI» - Le indagini del nucleo ecologico dei carabinieri - spiega una nota - hanno permesso di raccogliere «inequivocabili elementi di responsabilità a carico dei soggetti che conseguivano ingiusti profitti, rappresentati dai maggiori ricavi e dalle minori spese di gestione dei rifiuti che venivano prodotti e commercializzati come Cdr (combustibile da rifiuti) pur non avendone le caratteristiche, qualificabili, in parte invece, come rifiuti speciali anche pericolosi e quindi non utilizzabili nei forni dei termovalorizzatori per il recupero energetico».
L’ORIGINE DELL’INCHIESTA - Era stata la denuncia di un ex dipendente a far partire le prime indagini. Il capo-turno si presentò con un campione di rifiuti da analizzare, estratto da una vasca per il trattamento dei rifiuti che presentava picchi anomali di XCl (acido cloridico) e SO2 (biossido di zolfo). Il campione sotto forma di cilindro è stato poi fatto analizzare dall’Arpa di Frosinone che non lo ha repertato come «materiale non identificabile come cdr» bensì «rifiuto speciale e pericoloso per la presenza di idrocarburi».
I REATI - I reati contestati a vario titolo sono di associazione per delinquere; attività organizzata per traffico illecito di rifiuti; falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico; truffa aggravata ai danni dello Stato; favoreggiamento personale; violazione dei valori limiti delle emissioni in atmosfera e prescrizione delle autorizzazioni; accesso abusivo a sistemi informatici.
IN MANETTE I DIRIGENTI DEL CONSORZIO - A finire in manette la dirigenza del consorzio che gestisce l’impianto di smaltimento alle porte di Roma e alcuni responsabili dell’Ama per i ciclo dei rifiuti. Tra di loro anche il direttore tecnico e responsabile della gestione dei rifiuti degli impianti di termovalorizzazione di Colleferro, Paolo Meaglia; un dirigente dell’Ama; soci e amministratori di società di intermediazione di rifiuti e di sviluppo di software, chimici di laboratori di analisi. I militari oggi hanno provveduto anche a notificare 25 informazioni di garanzia.