NAPOLI ANNO ZERO COMINCIA : Fede e politica: riflessioni dal cuore di una notte ricca di stelle…di Antonio E. Piedimonte

Pensieri e ricordi dal buio che avvolge la Napoli dell’anno zero, nel bel mezzo della conflagrazione finale. Conversazione tra un giornalista e un intellettuale cristiano sulle vicende degli ultimi quindici anni all’ombra del Vesuvio (ma non solo), dalla rottura dell’unità politica dei cattolici al medioevo bassoliniano, senza dimenticare le radici degli anni Cinquanta e Sessanta ma anche le macerie lasciate dalle sei giunte guidate dal senatore comunista Maurizio Valenzi.

Un’intervista-dialogo tra Corrado Castiglione, cronista del Mattino, e Lucio Pirillo, ex presidente delle Acli e assessore comunale nel 1993-94, che è stata raccolta, insieme ad alcuni importanti contributi esterni e alla prefazione di Leoluca Orlando, nel volume Napoli anno zero (edizioni Intra Moenia), appena giunto in libreria.

Duecento pagine che aprono una preziosa finestra sul mondo cattolico, quello delle associazioni e del volontariato, ma anche sul ruolo della Chiesa partenopea.
Il curatore - che giornalisticamente nasce nel settimanale diocesano Nuova Stagione - confessa di amare Michel Houellebecq, e dunque quella singolare posizione, peraltro molto partenopea, sospesa tra il disincanto e la disperata necessità di sperare contro ogni speranza. Per questo cita un verso dell’autore che è a sua volta una citazione (san Paolo):

La notte è inoltrata e il giorno si avvicina. Spogliamoci dunque dell’opera delle tenebre e indossiamo le armi della luce.

Una metafora, quella del buio, già usata dal cardinale Sepe qualche anno fa: E notte nello scenario della città (Napoli, ndr), le tenebre non lasciano comprendere

Né è dato calcolare quando giungerà l’aurora liberatrice.

E così, passando con agilità dal profeta Isaia (A che punto è la notte?) ed Eduardo De Filippo (Adda passà a nuttata ), la domanda è sulle stelle che brillano ancora, ovvero sulla speranza. Pirillo, da buon cattolico vede segni di speranza e tuttavia non ha timore di parlare delle origini del buio:

Penso che il ceto politico campano debba confessarsi in senso agostiniano: cioè riconoscere le responsabilità della sua storia di governo, alla quali risale in gran parte il mancato sviluppo culturale e civile del territorio.

Cè un filo spiega che lega destra e sinistra, il notabilato tradizionale e progessista di Gava e Valenzi fino al recente compromesso di sistema costruito da Bassolino e Iervolino.

Alcuni all’interno dello stesso Pd hanno parlato di dittatura rossa. Ed ancora: A Napoli e in Campania, come diceva in un altro secolo Antonio Gramsci, dobbiamo ancora uscire dalla prigione delle ideologie.

L’impressione è che Pirillo - da alcuni anni presidente provinciale dell’Uneba (unione delle istituzioni di assitenza sociale) voglia dar voce al diffuso e radicato malcontento del mondo cattolico verso le amministrazioni locali.

Di certo l’intellettuale non risparmia bordate contro la sindaca, anche se, va sottolineato, non si non si tratta di spari contro la croce rossa ma di legittimi e opportuni appunti, sempre precisi e circostanziati.
Così, dopo l’elezione della Iervolino i cattolici partecipano a questa rinuncia al contraddittorio e prosegue il pensiero unico; senza che nessuno dei tanti problemi venga avviato a soluzione:

dal dilagare delle piccole grandi illegalità al mancato sviluppo delle aree ex industriali dismesse da Bagnoli a Napoli Est.
Mentre cresce il silenzio della Chiesa (tranne rare eccezioni come la lettera dei parroci di Secondigliano) e, soprattutto, mentre intorno gli imprenditori e la cosiddetta società civile (dai liberi professionisti ai docenti universitari) cercano di non disturbare il manovratore.

Anche perché cresce un altro fenomeno, che diventa palpabile con la rosa di consulenze, contributi e prebende varie.

Il libro, dopo una sezione fotografica (che appare eccessiva), offre poi alcuni importanti contributi, come la lettera sulla miseria del cardinale Corrado Ursi, i ricordi di padre Vincenzo Perna e
Marta Losito (la docente morta l’anno scorso), le testimonianze di Ludmila Mandlova (sulla Primavera di Praga) e Mario Cercola (sulle Quattro giornate), il documento anticamorra dei vescovi campani nel 1982, le parole di Giovanni Paolo II a Napoli, l’omelia del cardinale Sepe al suo ingresso in diocesi, l’omelia di Benedetto XVI in piazza Plebiscito.

E, soprattutto, quattro articoli firmati da Luigi Maria Pignatelli (giornalista, teologo, missionario), uno dei quali, quello scritto dopo la strage di Torre Annunziata, si chiudeva così:

I camorristi di Stato hanno difeso con i denti le posizioni acquisite. Torre Annunziata è il frutto, uno dei tanti frutti nefasti, della camorra pubblica.

Era il 6 settembre 1984.
L’anno zero a volte sembra davvero non finire mai.

Antonio E. Piedimonte
fonte
il corriere del mezzogiorno

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