Montesanto, il Far West fa paura Fiorenzano chiude e se ne va

Maggio 28, 2009 by admin
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Fast food era an­cora una espressione scono­sciuta e Fiorenzano era già lì. Tappa obbligata per studenti e professori reduci dalla scuola, impiegati, medici ed infermie­ri del vicino ospedale, popola­ne impegnate negli acquisti al­la Pignasecca.

La friggitoria ha deliziato per ottant’anni napo­letani e turisti, prima nella se­de di via Portamedina, poi in quella di fronte alla Cumana.

A chi camminava affaccendato per Montesanto regalava dieci minuti di ritorno all’infanzia, con le mani unte di olio e la bocca piena di crocche’, panza­rotti, pizze fritte, frittelle di fio­ri di zucca e zeppole.

Felici ed immemori del cole­sterolo e dei trigliceridi. Tutto finito, Fiorenzano chiude. Col­pa, racconta, della sempre mag­giore invivibilità della zona e degli affari che vanno tutt’al­tro che bene.

Un annuncio, il suo, che arriva esattamente il giorno dopo le scene da Far West che si sono viste di fron­te alla Cumana, con i killer del­la camorra che sparavano tra la folla delle sette di sera e due innocenti colpiti: un ragazzino ferito ad una spalla ed un musi­cista rom ammazzato. «Quella di ieri», racconta Ciro D’Elia, poco più di 50 anni, che gesti­sce il locale con la moglie Titi­na, «è stato solo l’ultimo episo­dio. Mi aiuta a prendere una decisione che avevo già in te­sta da tempo».

Amara perché lui tra pizze e panzarotti ci è cresciuto. «Ho cominciato ­racconta - quando avevo sol­tanto 8 anni. Mia nonna, che di cognome faceva Fiorenzano ed aveva sposato Ciro D’Elia, preparava le pizze. Io friggevo.
La mia famiglia sta qui dalla fi­ne dell’ottocento. Si lavorava in un basso di via Ventaglieri. Poi, negli anni trenta del seco­lo scorso, il primo negozio, quello di via Portamedina». Non si vive, però, solo di ricor­di e dell’orgoglio di un mestie­re .
«Ho due figli, uno di 18 an­ni - dice D’Elia - . Farli vivere qui in mezzo non è possibile, non è pensabile. Rischio che me li rovinino e davvero que­sto non lo potrei sopportare».
Richieste estorsive, giura e spergiura, non ne ha mai rice­vute.
Lo preoccupa, però, una città che vede ogni giorno di più incarognita, aggressiva, violenta, cinica. Il resto lo han­no fatto la crisi, i bilanci di fine giornata tutt’altro che entusia­smanti. Con la friggitoria chiu­de anche la pizzeria gestita dal­la famiglia. Ieri, a ora di pran­zo, un solo clien­te.

Alle pareti le foto dei tempi che furono: il bisnonno di D’Elia in negozio, un diploma, una dedica del batterista Tullio De Pi­scopo.
Ci­ro le guarda e commenta, ama­ro: «A Napoli per fare i soldi de­vi essere disonesto».

fonte-
Fabrizio Geremicca da il Corriere del Mezzogiorno

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