L’idea falsa delle due Napoli

Luglio 23, 2009 by admin
Filed under: Politica 

-rassegna Stampa -
di Luciano Brancaccio da il Corriere del Mezzogiorno

C’è una grave contraddizio­ne tra i dati for­niti dagli istitu­ti di ricerca e le rappresen­tazioni che si affollano nel dibattito cittadino, da par­te di intellettuali e politici. Non esistono due Napoli, una superiore e l’altra infe­riore, bisogna dirlo con for­za, una volta per tutte. Que­sta mistificazione che or­mai ci perseguita da secoli, non solo è falsa, ma produ­ce atteggiamenti fatalistici e dunque autoassolutorii. Sarebbe forse il caso di invi­tare tutti coloro che vi insi­stono a un maggior senso di realismo e, sia detto con tutto il rispetto, a una mag­giore onestà intellettuale.

L’interpretazione delle due Napoli è semplicemen­te falsa, qualsiasi scala si utilizzi per collocare i napo­letani nella parte «bassa» o «alta» della città. Sul piano della stratificazione sociale classica, basata su reddito e prestigio, Napoli è una città di ceti medi.
Come molte altre grandi città oc­cidentali con un passato in­dustriale e un presente fat­to per buona parte di pub­blico impiego (circa il 40% dei redditi è riconducibile alla spesa statale), presen­ta una struttura a rombo, ri­gonfia nelle classi centrali e ristretta ai due estremi.
È vero che negli ultimi venti anni c’è stata una certa po­larizzazione della ricchezza e una crescita delle aree di povertà, ma niente di para­gonabile alle città davvero «duali», come le metropoli sudamericane e asiatiche. Se si vuole combattere l’emarginazione sociale bi­sogna partire dal problema qual è, dipingere l’inferno serve a poco.

Il discorso di una ristret­ta cerchia colta e cosmopo­lita e di una massa plebea regge ancor meno se pren­diamo in considerazione le risorse culturali.
La quota di laureati a Napoli è di ol­tre 4 punti superiore a quel­la italiana, mentre il nume­ro di napoletani senza tito­lo di studio è di circa due punti percentuali inferiore alla media nazionale. Qui c’è un importante vantag­gio competitivo sul quale può fondarsi una nuova po­litica di sviluppo. Napoli è ricca di nuove generazioni che si immettono sul mer­cato del lavoro con alti li­velli di formazione, ammi­nistratori e politici dovreb­bero lavorare per far frutta­re questo capitale umano.
Per farlo, bastano politiche di buon senso, che combat­tano i recinti di privilegio e le aree di collusione. Nien­te di più distante, quindi, da un partito governativo del Sud, che intende ripro­durre l’antico piagnisteo dell’eccezionalità della so­cietà napoletana e meridio­nale, con l’obiettivo «politi­co » di tenere salde le mani sui cordoni della spesa pubblica.
Abbiamo ormai esperienza di 60 anni di fi­nanziamenti speciali che non hanno ridotto il diva­rio con il resto d’Italia e in­vece hanno prodotto l’effet­to collaterale di irrigidire la gerarchia sociale, fino a ottenere tassi di mobilità sociale (questi sì) da paese del terzo mondo.

Napoli è città problema­tica. I suoi problemi sono anche peculiari e unici, ma non ha nulla di patolo­gico, né di fatalmente irre­versibile. La sua ecceziona­lità non sta nel corpo so­ciale ma in un’impressio­nante continuità del di­scorso politico. Per comin­ciare a metter mano ai pro­blemi di oggi c’è bisogno di amministratori che non si spaccino per la parte «buona» della città contro quella «cattiva», né che utilizzino retoriche stantie per restare pervicacemen­te in sella.


Comments