Cibo, eros e violenza - La dittatura dei desideri di Remo Bodei
rassegna stampa -fonte corriere della sera-
Tendenze Una società in cui è necessario consumare sempre di più
Senza limiti: così gli eccessi sono diventati di massa
Sul muro esterno del tempio di Apollo a Delfi, accanto al più famoso motto «Conosci te stesso», campeggiava la scritta «Niente di troppo». In essa si condensa il nucleo della religione, della morale e perfino dell’estetica classica, tutte basate sulla misura e sulla conseguente condanna della violazione dei limiti (ybris, tracotanza o sregolatezza). L’etica aristotelica è l’espressione più elaborata di questo criterio, il ponte principale attraverso cui il modello antico è giunto nell’Occidente medioevale e rinascimentale, plasmando la nostra mentalità e i nostri costumi. Che la virtù stia nel mezzo, che coincida con morigeratezza, non significa tuttavia che gli estremi, per difetto o per eccesso, si elidano reciprocamente: la liberalità non costituisce la media aritmetica tra l’avarizia e la prodigalità, ma la vetta che le squalifica entrambe.
Il prevalere dell’etica della misura non ha, nel passato, ovviamente impedito ai comportamenti effettivi di allontanarsi dagli ideali o agli eccessi di ogni genere di prosperare. Questi erano consentiti non solo ai potenti, ma, come valvola di sfogo, anche ai ceti popolari durante particolari festività, ad esempio nei riti bacchici o nei Saturnali. Noi oggi non abbiamo il monopolio degli eccessi: essi sono, semmai, diventati di massa e praticati in tutti i giorni dell’anno. È come se la diga che aveva trattenuto e bloccato l’impeto dei desideri si fosse gradualmente incrinata e poi rotta. Tramonta così la morigeratezza che aveva insegnato ad abbassare la soglia delle pretese degli individui piuttosto che ad alzare quella delle loro attese. Le società tradizionali possedevano, infatti, strumenti abbastanza efficaci sia per compensare gli uomini degli svantaggi della loro condizione, sia per giustificare le gerarchie sociali. L’accettazione dei limiti e delle privazioni della vita trovava di norma il proprio risarcimento nella prospettiva religiosa di una ricompensa in cielo.
L’impetuoso sviluppo economico in molte parti del mondo, dovuto all’introduzione delle macchine, la spinta ai consumi per far funzionare il sistema produttivo e la nascita delle società democratico-egualitarie moderne hanno invece aperto una falla in questo dispositivo di inibizione delle aspettative, collaudato da millenni. La condotta di miliardi di uomini ne è stata profondamente modificata. Con la fine virtuale, per molti, della scarsità di alcune risorse fondamentali e con l’aspirazione degli esclusi a conseguire vantaggi simili, i desideri prima compressi, sublimati o denigrati si sono in parte liberati dalle precedenti catene e sono scattati, come una molla compressa, verso la loro «smisurata» soddisfazione. Il consumo esteso di beni visibili e invisibili — da sempre appannaggio di élite ristrette — e la loro relativa abbondanza a costi generalmente affrontabili, hanno modificato la composizione e l’orientamento dei desideri e ampliato, anche sul piano dell’immaginario, il ventaglio dei possibili. Nella ricerca di una «vita esagerata» da consumare, non si punta alla semplice soddisfazione dei desideri, ma alla loro moltiplicazione, a renderli più intensi e, se possibile, più vari. Nelle nostre culture tale tendenza si mostra in maniera evidente nel campo del cibo e del sesso. Sintomatica, nel primo caso, è la petizione al Papa, nel 2003, dei cuochi francesi affinché facesse togliere la gola dall’elenco dei peccati capitali.
L’attuale ipersoddisfazione dei bisogni alimentari ha fatto dei piaceri della tavola, oltre che un elemento di cultura, un fattore di compensazione per lo stress quotidiano e uno dei più favoriti argomenti di conversazione. Non sempre cibo e bevande rappresentano occasioni di gioia. L’eccesso, in un senso o nell’altro, provoca obesità, anoressia, bulimia, danni all’organismo e confusione tra qualità e quantità, che induce a fare il pieno per sentirsi appagati o storditi. Nella sfera sessuale l’uso dei contraccettivi, separando il piacere dalla riproduzione e riducendo al minimo la paura di gravidanze indesiderate, rende donne e uomini più propensi alle avventure, alle trasgressioni e all’eros fine a se stesso, in comportamenti fortemente biasimati dalla morale ereditata e dalle chiese non solo cristiane. Del resto, nella nostra immaginazione i desideri sono inestinguibili e appaiono sempre eccessivi rispetto all’oggetto destinato a soddisfarli. I filosofi che hanno riflettuto a lungo su questo fenomeno lo hanno legato, come Agostino, alla «paura di perdere», all’incessante bisogno di desiderare per non essere delusi da soddisfazioni inferiori alle attese o, come Hobbes, alla intrinseca insaziabilità degli appetiti dell’uomo, animale «famelico anche della fame futura».
Pare, inoltre, che Kant abbia rivolto queste parole allo storico russo Karamzin: «Date a un uomo tutto quello che desidera e nonostante ciò, proprio in questo istante, egli sentirà che tutto non è tutto». Anche Freud, nel saggio Coloro che soccombono al successo, si era posto un problema analogo in relazione a quanti — dopo aver raggiunto la meta cui aspiravano con tutta l’anima, pur non credendo di poterla mai conseguire — provano soltanto scontentezza. È come se, avendo ottenuto lo scopo, si chiedessero sconsolatamente: «È tutto qui?». Adam Phillips, uno psicoanalista specializzato nel trattamento dei bambini, ha studiato, in altra prospettiva, la dinamica degli eccessi, legandola sostanzialmente alla paura e alla mancata capacità di governare le frustrazioni. In un libro recente, scritto in collaborazione con la storica Barbara Taylor (On Kindness, Penguin 2009) ha anche mostrato come la gentilezza sia anch’essa una forma di misura, temperata da un ingrediente di virtuoso eccesso, di benevolenza verso gli altri come quella del Buon Samaritano. Paradossalmente, chi vince alla lotteria è talvolta infelice, perché il desiderare è più importante dell’ottenere, in quanto non è la realtà a deluderci, bensì le nostre eccessive fantasie, che una maggiore attenzione agli altri potrebbe moderare e, almeno in parte, appagare. Ma chi è capace di convincere di questo quanti inseguono il miraggio di una strepitosa vincita alla lotteria, di una ricchezza infinita in grado di soddisfare i propri, personali desideri infiniti?
Remo Bodei