La moglie di Nugnes: «Gogna ignobile niente potrà ridarci Giorgio»
rassegna stampa
sabato, marzo 20, 2010
(di Giuseppe Crimaldi da il Mattino)
Nel giorno che decreta l’uscita di scena di 14 imputati dal processo Global Forum sono in molti a brindare. La fine di un incubo riesce finalmente a sciogliere i nervi e a far tornare il sorriso a chi viene assolto o prosciolto dalle accuse: quattro ex assessori del Comune di Napoli, docenti universitari, un ex vicepresidente della Provincia, un parlamentare, un ex colonnello della Guardia di Finanza ed altri ancora.
L’entusiasmo, però, si ferma in città e non arriva a Pianura. Non può espandersi fino a coinvolgere la palazzina bassa di una anonima strada di campagna dove viveva il quinto assessore comunale che venne indagato per l’inchiesta sul Global service. Quell’uomo si chiamava Giorgio Nugnes. Morì suicida il 29 novembre 2008 con una corda al collo, sopraffatto dalla disperazione in quelli che erano i giorni della gogna mediatica.
In casa Nugnes, ieri, si celebrava solo una ricorrenza: la festa del papà. Di buon mattino la moglie, Mimma Costantino, è uscita di casa con i due figli, di 20 e 14 anni. I tre. sono andati al cimitero. Fiori bianchi sulla tomba del marito e padre, ex assessore alla Protezione civile di Palazzo San Giacomo finito nel gorgo dei sospetti della prima ora, arrestato per la rivolta scatenata a Pianura in piena emergenza rifiuti.
Sopraffatto dagli eventi, si trovò solo in quei giorni terribili, Giorgio Nugnes. Trovò di fronte a sé solo porte chiuse.
«Non credo ci sia proprio niente da dire – replica la moglie, raggiunta al telefono dopo la notizia della sentenza emessa dal gup Campoli – se non che Giorgio è stato portato al suicidio da un ignobile gogna mediatica. E non intendo rilasciare interviste». La conversazione termina prima ancora di incominciare. Ferma e risoluta, questa donna ora dimostra di non voler pensare ad altro che a proteggere i suoi figli. E sì che di cose ne avrebbe da dire.
Ai parenti e con qualche amico fidato ieri ha trasferito lo stato di profondo disagio e l’angoscia che finisce col riaprire una ferita che difficilmente si potrà rimarginare.
Ha continuato a disperarsi, a cercare un motivo valido – ammesso che ne esista uno; chiedendosi come sia potuto succedere, come l’esistenza di suo marito, che non aveva mai voluto lasciare quella casetta di via Grottole, lontano dai lussi degli appartamenti collinari con vista sul Golfo, sia stato in fondo l’unico a pagare veramente. E nel modo più caro. «Lo hanno diffamato ancora prima di processarlo», si è sfogata la signora Mimma con un’amica, aggiungendo di aspettarsi, almeno da qualche parte, di leggere una nota di autocritica e di scuse da parte di quegli stessi organi di informazione che – dice – sono tra i primi responsabili della tragedia. Tra i primi, ma non gli unici che hanno ora, sostiene l’insegnante, il dovere di interrogarsi su come si danno in pasto alla stampa notizie capaci di distruggere una vita.
Il resto è pura cronaca, carta di giornale. Le assoluzioni, i proscioglimenti e pure le uniche due condanne non riescono a portare sollievo, in questo modesto villino di Pianura che guarda verso la collina di castagni e lecci. La verità giudiziaria ora importa veramente poco alla famiglia Nugnes. Sono lontani i giorni dei successi, dell’ascesa in politica, delle vittorie. Ancora troppo vicini quelli del dramma, dell’umiliazione inferta con un provvedimento giudiziario del divieto di dimora che imposto a Giorgio Nugnes negli ultimi giorni di vita. «Chi ci ripagherà di tutto ciò?»: eccolo il vero tarlo che continua a scavare e non abbandona la moglie e i due figli dell’ex assessore.