Il Dopo-Bassolino:Vincenzo De Luca sdogana anche la volgarità!

Marzo 25, 2010 by admin
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rassegna stampa
E De Luca offende come il Cavaliere
giovedì, marzo 25, 2010
(di Fabio Ciaramelli da il Corriere del Mezzogiorno)

La polemica tra i leader dei diversi partiti, soprattutto in campagna elettorale, è sempre stata caratterizzata da passionalità e toni particolarmente accesi. Ma in questi ultimi giorni di escalation linguistica che sta forse superando i livelli di guardia e di buon gusto, colpisce una specie di strabismo nella valutazione del medesimo fenomeno. Quando Berlusconi insulta le donne dello schieramento avversario (ieri l’altro Mercedes Bresso, un po’ di tempo fa Rosi Bindi), i suoi sostenitori non fanno una piega, mentre i suoi critici si stracciano le vesti. Quando invece è Di Pietro a inciampare nell’infortunio linguistico, i ruoli s’invertono: i primi esecrano, gli altri minimizzano. Eppure il cattivo gusto dovrebbe essere liberato dal pregiudizio ideologico e bisognerebbe denunciarlo a prescindere dalle proprie appartenenze politiche e dalle proprie convenienze elettorali. Senonché, in una fase di stallo della vita politica nazionale e locale come quella che stiamo vivendo, il ricorso alla battutaccia e all’insulto personale appare forse come l’unico strumento in grado di rivitalizzare un dibattito altrimenti spento.

Forse questa è la ragione per cui i sostenitori di Vincenzo De Luca, la cui retorica è tutta basata sulla demonizzazione degli avversari, si guardano bene dal denunciarne il linguaggio spesso oltraggioso, che però appare diretto e capace di far presa su un elettorato smarrito e desideroso di recuperare l’orgoglio di un’identità indebolita. Non sono mancate, tuttavia, all’interno della stessa area culturale di sinistra, analisi critiche acute e severe di questa deriva che non è solo linguistica.

Antonello Caporale qualche settimana fa ha scritto su Repubblica: «Mondo diviso in due: amici e nemici. Nemici, soprattutto: che diventano “ cafoni” o anche “ sciacalli”, “ iettatori” e “sfaccendati”. Linguaggio rozzo, vocabolario che negli anni è mutato nella chiarezza dei propositi fino ad apparire truce: “Li prenderemo a calci nei denti e li butteremo a mare, prima che ci scappi un nostro morto”. Gli italiani si accorgeranno presto – conclude Caporale – di quanto sia padano questo sessantenne meridionale. Troveranno, molto più che in Vendola, lo sviluppo di una antropologia berlusconiana, e attrezzature tipiche del leader di Arcore».

Del resto, lo stesso De Luca ha dichiarato di apprezzare Berlusconi per la sua assenza di doppiezza. Insomma, anche il sindaco di Salerno rifugge dall’ipocrisia e dalle buone maniere, usa un linguaggio dai modi spicci, non rinuncia al trash: e forse proprio per questo gode di ampio seguito. Nel suo eloquio fiorito, il presidente della provincia di Napoli Cesaro diventa «uno sterminatore di congiuntivi, che definire uomo sarebbe biologicamente scorretto»; Gasparri o Travaglio sono solo degli «sfessati» che gli intralciano il cammino; i «lacci e i lacciuoli» del protezionismo burocratico odiati dai liberisti si trasformano in «palle e pippe»; gli intellettuali che lo criticano fanno solo la figura dei «pipì» (il che fa il paio con i «frocetti di Roma» sbeffeggiati qualche tempo fa da Cosentino, quando sperava d’essere ancora candidato del centrodestra). E poi, dopo aver insultato Travaglio, De Luca non si peritò d’aggiungere: «Spero di incontrarlo di notte al buio». Al che Massimilano Gallo si chiese sul Riformista: «Non era stato De Luca ad autoproclamarsi candidato anti-camorra? E ora che fa, usa il linguaggio dei camorristi?».

In fin dei conti, il modo di parlare esprime anzitutto il proprio modo di essere e di pensare. Una politica seria e responsabile dovrebbe prendere radicalmente le distanze da questa degenerazione linguistica e mentale. Ma è proprio con questo tipo di linguaggio che De Luca riesce a infiammare le platee, come d’altronde accade a Berlusconi e ai leghisti con le loro battute più o meno grevi. Ecco perché a criticarli sono solo gli avversari. A prescindere da ogni preoccupazione etica o magari solo estetica, in politica il successo sdogana anche la volgarità.

“Mo’ che il tempo s’avvicina”…….


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