VOCI DELLA SOCIETA’ CIVILE: PER QUALE CITTA ? Di Domenico Pizzuti
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Con un aplomb quasi britannico nell’elegante salone del Circolo Artistico Politecnico Sergio Sciarelli, docente di economia e promotore insieme con Gianpaolo Leonetti e Mario Di Costanzo del movimento di opinione “Napoli per Napoli” ha presentato all’assemblea pubblica di cittadini interessati gli obiettivi, le richieste, le attese di questo movimento nei confronti dei candidati alle prossime elezioni comunali di maggio per un cambiamento politico-amministrativo ineludibile.
Clima di attenzione e consapevolezza, pacato e signorile, da gentiluomini senza alzare troppo la voce anche nel denunciare i guasti ed i mali della città, con qualche autocritica per non aver controllato l’agire degli amministratori eletti.
Complessa la società civile napoletana, da analizzare nelle sue diverse componenti virtuose o meno, che nel volgere di poche settimane in quarantamila partecipa alle primarie per il candidato sindaco del PD con le dilacerazioni che ne sono seguite, ed in 300 si raccoglie nel salone del Circolo Artistico Politecnico per esprimere sofferenza e insoddisfazione per i mali e la gestione della città.
Voice nel senso di protesta?
No, direi denuncia di strati professionali e borghesi, diversamente acculturati politicamente e socialmente collocati in ruoli di responsabilità.
Nel corso del 2008 per l’emergenza rifiuti – un ossimoro – abbiamo partecipato a ben altre infuocate assemblee con la presenza degli amministratori responsabili.
Più che entrare nel merito delle analisi e delle proposte formulate, riteniamo più opportuno riflettere sul clima e sulle caratteristiche sociali dei promotori del movimento e dei partecipanti all’assemblea che da un punto di vista sociologico rivelano gli interessi ed i condizionamenti delle stesse formulazioni di pensiero.
A questo proposito – a nostro avviso - riteniamo non corretta la definizione data dalla stampa del movimento come espressione del volontariato civile e cattolico, che sembra invece voler significare cittadini che, fuori delle aggregazioni politiche o partitiche, volontariamente si protendono nell’arena pubblica in occasione di elezioni amministrative con loro richieste e proposte dopo un certo silenzio ed assenza nel dibattito pubblico.
Una contraddizione con lo statuto della cittadinanza attiva e responsabile che non si esaurisce certo con la partecipazione al voto fino alla prossima tornata elettorale.
I promotori ed i partecipanti all’assemblea certo appartengono a categorie della borghesia di stampo professionale, imprenditoriale, accademico, e questa appartenza può spiegare l’insoddisfazione e l’attesa più volte ribadita di una città normale, che funzioni nei servizi essenziali e nella pubblica amministrazione, garantisca la sicurezza ed il civile svolgimento delle varie attività, assicuri il decoro urbano, trasparenza e partecipazione dei cittadini secondo esperienze sperimentate in altre città.
In questo contesto di stili di vita, si è fatto ripetutamente richiamo alle qualità dei pubblici amministratori, specialmente sotto il profilo della competenza che certo non guasta perché si tratta di gestire la macchina comunale con i suoi 13.000 dipendenti, ma non basta se manca una qualità ed una visione politica della mission di una città.
Una prima osservazione riguarda l’altra e maggioritaria parte della città che non è rappresentata, formata da un ceto medio in difficoltà per la crisi economica, dalle famiglie con lavori saltuari e precari, con numerosi figli a carico, dai pensionati poveri, dai giovani in cerca di lavoro, dai numerosi iscritti al casellario giudiziario, cioè da quella che è stata definita la “pancia” della città che non si conosce e con cui non si dialoga.
Chi rappresenta chi?
Amato Lamberti, sul filo di un’ analisi statistica delle stratificazioni sociali ha potuto dire che l’Amministrazione comunale garantisce solo il 10% dei cittadini, quelli appunto di stampo borghese.
Quali compiti, secondo le competenze comunali, si pongono per un’ integrazione nella modernità economica, sociale e civile di questi strati popolari e che non sia la riproduzione di misure assistenzialistiche che non risolvono le situazioni?
Una seconda osservazione, in questa prima presentazione del movimento si è insistito molto sulle qualità dei candidati a sindaco e della sua squadra funzionale ad un’ eventuale lista civica se i candidati presentati dai partiti non risponderanno alle attese, ma non è emersa quale città si prefigura, quale mission di Napoli nel contesto europeo, mediterraneo e di globalizzazione non solo economica.
Quando i social network facilitano ben altre proteste per il pane e la democrazia sulla rive africane del Mediterraneo e configurano secondo il linguaggio di M. Castells <> che reagiscono ad oppressioni prolungate che si vogliono scrollare.
Dopo la lista delle attese sulle qualità dei candidati alle prossime elezioni comunali, la domanda che si può porre, e che formulerei se fossi un candidato,
“Voi benemeriti cittadini che cosa ci mettete” per realizzare il cambiamento atteso in termini di partecipazione, responsabilità, attivazione di risorse, ed in questo caso di programmi con progetti di fattibilità.
E con qualche sacrificio per migliorare la condizioni dei ceti meno privilegiati della città.
Dio salvi Napoli, tutta Napoli!