La protesta davanti a Palazzo San Giacomo contro i mancati pagamenti agli istituti di assistenza per minori e anziani
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Il Comune di Napoli abbandona i minori
SE NON ORA QUANDO ? SACERDOTI SUORE E LAICI IN PIAZZA PER DIFEDERE I BAMBINI DI NAPOLI
Da 26 mesi Palazzo San Giacomo non paga le rette e l’assistenza per minori ed anziani.
Chiudono cento semiconvitti (sacerdoti, suore ed operatori scenderanno nuovamente in piazza lunedì 28 febbraio)
di Andrea Acampa
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il Giornale di Napoli
Da oltre due anni il Comune non versa un euro nelle casse dell’Uneba e della Sam.
Da 26 mesi Palazzo San Giacomo non paga le rette e l’assistenza per minori ed anziani.
Ammontano a 55 milioni di euro i debiti dell’amministrazione nei confronti degli operatori che continuano imperterriti il proprio lavoro. Un impegno che, però, nel tempo rischia di essere interrotto dall’ingente mole di debiti, soldi per ora anticipati dalle banche che non ne vogliono più sapere di finanziare le attività di case famiglia, case di riposo e semiconvitti.
Per questo motivo sacerdoti, suore ed operatori scenderanno nuovamente in piazza lunedì prossimo.
La seconda protesta a distanza di quasi un anno per consegnare al sindaco, Rosa Russo Iervolino, le dimissioni di oltre cento minori a rischio.
L’ultimo incontro con il sindaco e l’assessore alle Politiche sociali di Palazzo San Giacomo, Giulio Riccio, risale al 27 gennaio scorso. Da parte dell’amministrazione comunale la garanzia che entro il 15 febbraio sarebbe arrivata una prima tranche di fondi.
Due bimestri per l’esattezza che precedevano un secondo finanziamento ed infine la totale cessione del credito da effettuare entro fine mese. Mancano quattro giorni alla fine di febbraio e non ci sono novità, tutto tace, così i responsabili dell’assistenza di minori ed anziani partenopei hanno deciso di far sentire la propria voce all’esterno di Palazzo San Giacomo.
«Abbiamo atteso in silenzio – commenta amareggiato Lucio Pirillo, presidente dell’Uneba – rimandando nei mesi lo sblocco dei fondi, adesso non possiamo più aspettare, siamo con l’acqua alla gola. Dobbiamo ricevere 25 milioni di euro, il 15 aspettavamo 4 milioni di euro relativi a due bimestri, poi i fondi del 2009, del 2010 e di due mesi del 2011.
Forti della convenzione con il Comune siamo riusciti ad andare avanti, ma ora le banche hanno interrotto il credito».
Eppure i fondi destinati all’assistenza erano inseriti nel bilancio comunale approvato in Consiglio. «Sono soldi del Comune – precisa Pirillo – in questo caso non è solo una questione di liquidità e le colpe non sono del Governo o della Regione».
Due le strutture che hanno chiuso. Una a Barra, l’unica nella periferia est di Napoli, gestita dalle suore del Verolino che anticipavano gli stipendi agli operatori con le loro pensioni e la seconda a Materdei. «Saremo in piazza con lo slogan “Se non ora quando’?”- continua Pirillo – perché non possiamo più andare avanti».
Vantano 30 milioni di euro di credito nei confronti del Comune gli operatori della Sam che da 24 mesi non ricevono soldi. «Siamo sull’orlo del fallimento – confessa Cesare Romano leader della Sam – in questi mesi hanno chiuso 40 strutture e altre 50 stanno per chiudere i battenti. Rischiano di restare senza assistenza 600 minori, mentre perderanno il lavoro 700 operatori».
La crisi sta investendo tutti insomma.
Lunedì, in strada, ci saranno anche i minori a rischio insieme a suore e sacerdoti. Delle 300 strutture campane rischiano in 50 (40 quelle che già hanno smesso di operare), la carenza di fondi e i rischi, ovviamente, si concentrano soprattutto a Napoli con 70 strutture che possono sparire da un giorno all’altro.
“SE NON ORA, QUANDO? DIFENDIAMO I BAMBINI DI NAPOLI”UNEBA NAPOLI E SAM SCENDONO IN PIAZZA LUNEDI’ 28
Per tutto il giorno restano chiusi i centri socio-educativi per 3000 minori.
“Ecco cosa succederà se il Comune di Napoli continuerà a non pagare, malgrado le promesse, i 25 milioni di euro di debiti”
“Se non ora, quando? Difendiamo i bambini di Napoli”.
Sotto questo slogan, che parafrasa quello recente dell’indignazione femminile, scendono in piazza per una manifestazione di protesta operatori, educatori, personale e dei centri socio-educativi, laici e religiosi, associati a Uneba. Con loro anche genitori dei 3000 minori quotidianamente accolti nelle strutture. Come chiarisce lo slogan, si scende in piazza in nome loro: spesso provengono da situazioni economiche e sociali disagiate, e nei centri trovano attenzione educativa: se così non fosse, dove andrebbero?
Si unisce alla protesta anche Sam, la federazione delle case famiglia napoletane.
La manifestazione si svolgerà lunedì 28 febbraio a partire dalle 10, sotto le finestre di Palazzo San Giacomo. Cioè la sede dell’amministrazione comunale di Napoli che da 26 mesi non versa agli enti la retta di mantenimento per i minori accolti. A circa 25 milioni di euro ammonta il debito accumulato dalle strutture
Per dare ancor più forte voce alla loro protesta, i centri socio-educativi sospenderanno la loro attività per l’intera giornata di lunedì 28. Un disagio per le famiglie dei minori quotidianamente accolti, ma, ancora di più, un campanello d’allarme verso l’amministrazione comunale: questo è quel che succederà se le inadempienze e le promesse mancate della giunta Jervolino metteranno le strutture non profit di Uneba così tanto in difficoltà da costringerle a chiudere.
Proprio a causa di questa drammatica situazione i centri Uneba hanno di recente nuovamente proclamato lo stato di agitazione e anche pubblicamente chiesto le dimissioni del sindaco Rosa Russo Jervolino e dell’assessore al sociale Giulio Riccio.
“Quella di lunedì 28, in ogni caso – spiega il presidente di Uneba Napoli Lucio Pirillo – è la prima di una serie di azioni di protesta che intendiamo attuare. E nel frattempo continua a crescere il numero di strutture nostre associate che hanno deciso di passare alle vie legali nei confronti del Comune di Napoli, attivando le azioni necessarie per arrivare alla certificazione legale, attraverso l’ingiunzione di pagamento, del debito del Comune verso di loro.
La missione fallita dello Stato sociale:Napoli capitale delle mamme-bambine che non hanno nemmeno 18 anni.
di Antonio Galdo
-rassegna stampa -
il mattino- 19-02-2011
Primato nazionale di gravidanze sotto i 18 anni -
La percentuale delle minorenni è l’1,9 di tutte le partorienti:
più alta rispetto alla media italiana, dell’1,5 per cento e ancora di più di quella della Campania, ferma all’1,1 per cento.
Il dato emerge dal rapporto che Il Mattino ha consultato e che sarà pubblicato nel «Profilo di comunità 2010-2012» realizzato dal Centro interistituzionale di Asl e Comune.
Sono madri per caso,
per ignoranza,
forse per noia.
Un bebè al giorno nasce così, tra le braccia di mamme poco più che adolescenti.
Sono 639 le madri in Campania al di sotto dei 18 anni, censite in un anno (nel 2008) attraverso i rilevamenti effettuati sulla base dei certificati di assistenza al parto.
Una su tre vive a Napoli,
dove si segnala il «baby boom»: 197 nascite.
Boom nei quartieri delle periferie, zero nascite a Chiaia e Posillipo.
A Posillipo e al Vomero le baby-mamme non esistono, le statistiche non ne contano neanche una.
È come se il malessere sociale comprendesse, quasi in modo automatico, una sfida, costruita sull’impasto della rassegnazione e dell’indifferenza, alla maternità, al naturale e meraviglioso desiderio che le donne posseggono dalla nascita.
È come se queste ragazze fossero condannate a un destino di precarietà, di incertezza, di perdita di senso, trascinando nel buio di una vita fragile quanto povera di prospettiva anche i loro figli.
Più che un parto, si sceglie una maledizione.
Il dolore piega la gioia, la sofferenza delle madri condanna allo stesso destino, una buia successione, anche chi viene dopo.
In secondo luogo il primato delle baby-mamme segnala la frana delle istituzioni di base della convivenza civile, la scuola e la famiglia.
Pensate: otto partorienti su dieci non sono sposate, soltanto il 21 per cento studia, e il 10 per cento ha abbandonato la scuola dopo la licenza elementare.
Così l’idea di famiglia sfuma nella nebbia di una maternità che non ha bisogno di punti di riferimento, di bussole.
Non c’è neanche il desiderio di disporre del proprio corpo a piacimento, oppure il sogno di condividere con un’altra persona la più straordinaria avventura che un uomo e una donna possono realizzare insieme.
Non esistono più sentimenti, passioni.
C’è solo un vuoto che, meccanicamente, si riempie attraverso un atto compiuto nella più totale irresponsabilità.
E, come è facile intuire, in una drammatica solitudine.
Quanto alla scuola, le baby-mamme dimostrano la sua abdicazione, il venire meno delle sue funzioni formative nel nome di un relativismo che colpisce al cuore le ragazze, troppo piccole anche solo per essere accusate di una colpa.
La vera colpa, piuttosto, è la nostra, di chi le ha viste, le vede tutti i giorni, e le lascia sole, alla deriva di una vita che si spegne troppo presto, prima ancora di iniziare.
DOPO LE PROMESSE DI JERVOLINO E RICCIO:UNEBA NAPOLI SOSPENDE LA MANIFESTAZIONE ED IL BLOCCO DELLE ATTIVITA’
Faccia a faccia tra l’organizzazione degli enti socioassistenziali per minori ed anziani e l’amministrazione comunale, debitrice di 20 milioni di euro
PIRILLO: MA LO STATO DI AGITAZIONE DEGLI ENTI PERMANE
L’ASSEMBLEA UNEBA DECIDERA’ LE PROSSIME MOSSE
Verso il rinnovo della convenzione Comune - Uneba
Uneba Napoli sospende la manifestazione in programma per lunedì 31 gennaio, che doveva portare sotto Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, i centri socioassistenziali, laici e religiosi ma comunque di ispirazione cattolica, associati all’Uneba, in cui 2000 operatori si prendono cura ogni giorno di 3000 minori e 700 anziani.
L’associazione presieduta da Lucio Pirillo rinuncia anche alla forma estrema di protesta che era stata valutata nell’assemblea di venerdì 21: chiudere gli enti e bloccare tutte le attività per un giorno.
A spingere l’Uneba alla scelta di sospendere la manifestazione e il blocco delle attività sono state le rassicurazioni ricevute dall’assessore ai servizi sociali Giulio Riccio e dal sindaco Rosa Russo Jervolino nell’incontro di giovedì 27 gennaio.
Il sindaco, infatti si è impegnato a liquidare agli enti, entro il 15 febbraio, almeno 2 dei 24 mesi di arretrato del Comune di Napoli, che è debitore agli enti Uneba di oltre 20 milioni di euroSi tratta delle rette di mantenimento per gli anni 2009 e 2010 di anziani e minori ospitati nelle strutture socioassistenziali.
Ha promesso, inoltre, che l’amministrazione avrà uguale comportamento sia nei confronti delle cooperative sociali, sia nei confronti delle strutture religiose, senza alcun favoritismo.
Entro il mese di febbraio, ha annunciato Jervolino ai rappresentanti di Uneba, sarà inoltre completata l’operazione di cessione alle banche del credito che il Terzo Settore, enti Uneba compresi, vanta verso il Comune.
La cessione del credito è sempre stata una delle ipotesi caldeggiate dall’associazione, da quando il venire meno dell’amministrazione comunale ai suoi impegni di pagamento ha messo in grave difficoltà gli enti non profit Uneba.
Infine, sindaco e assessore al sociale hanno annunciato che a breve verrà rinnovata per 2 anni la convenzione con cui il Comune affida agli enti Uneba Napoli la gestione dei servizi con minori ed anziani. La precedente convenzione è scaduta e attualmente gli enti operano in regime di proroga.
A fronte delle promesse del Comune, Pirillo ed Uneba esprimono cauta soddisfazione.
“Abbiamo sospeso il blocco delle attività dei nostri centri per senso di responsabilità nei confronti dei nostri assistiti minori ed anziani. Ma i nostri enti mantengono lo stato di agitazione precedentemente proclamato. E Uneba Napoli convocherà a breve un’assemblea di tutti gli associati per valutare il da farsi”.
Welfare, ISTITUTI SENZA FONDI APPELLO ALLA IERVOLINO
NAPOLI (Cronaca) - Il direttivo provinciale dell’UNEBA (Unione degli Istituti religiosi e laici di Assistenza Sociale) di Napoli, riunitosi stamane, ha deciso di avviare lo stato di agitazione di tutte le strutture religiose e laiche per la grave situazione economico-finanziaria in cui versano i Centri che operano nel campo dell’assistenza ai circa 3000 minori e 700 anziani di Napoli, determinato dal mancato pagamento di quanto dovuto agli istituti da oltre 24 mesi. Il Direttivo chiede al Comune di Napoli che si provveda con un atto di giustizia al pagamento delle rette di mantenimento dei minori e anziani assistiti. L’UNEBA di Napoli attiverà nei prossimi giorni una campagna di informazione alla cittadinanza e,ogni domenica, in tutte le chiese della città; viene avviata,poi,una mobilitazione da parte delle oltre duemila persone, tra operatori socio-educativi ed assistenziali, insegnanti, collaboratori e personale vario. Il presidente dell’Unione degli enti di assistenza, religiosi e laici (Uneba) di Napoli, Lucio Pirillo, rivolge un appello al sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, al Consiglio Comunale e “a tutte le forze politiche al di là degli schieramenti”, perché intervengano concretamente sulla vicenda sottolineando il pericolo di venir meno delle attività delle strutture religiose e laiche che assistono circa tremila ragazzi e ragazze appartenenti a famiglie povere dell’area a rischio di devianza: prevalentemente figli di detenuti, tossicodipendenti o altre situazioni difficili, provenienti dai rioni napoletani come Scampia, Secondigliano, Sanità, Piscinola, San Giovanni a Teduccio, Barra Ponticelli, Quartieri Spagnoli, Forcella, Pianura, Rione Traiano”.
Pirillo richiama le Istituzioni preposte affinché si assumono le responsabilità come classe politica cittadina nei confronti di minori in difficoltà e di anziani con gravi disagi economici. “Chiediamo che il Comune si impegni a pagare quanto dovuto, non solo alle cooperative sociali, ma anche alle strutture religiose e laiche che operano nel settore delle politiche socio-assistenziali. Altrimenti, inevitabilmente, gli enti religiosi e laici,dovrebbero sospendere le attività, considerato che le banche stanno richiedendo il rientro dei debiti contratti con grave danno per il servizio a tutela di bambini e anziani e per l’intero comparto che dà occupazione a circa duemila persone,tra operatori socio-educativi ed assistenziali”.
”La città - prosegue Pirillo - sarebbe privata di una attività ben radicate sul territorio cittadino,da oltre 30 anni, che rappresenta un efficace mezzo di lotta alla dispersione scolastica e di prevenzione alle devianze,sottraendo per l’intera giornata centinaia e centinaia di minori alle tentazioni della strada e offrendo loro una vasta gamma di attività post-scolastiche”.
fonte
http://www.scrivonapoli.it/detail.php?id=3138
Appello alla responsabilità delle istituzioni del presidente di Uneba Napoli Lucio Pirillo
“SE IL COMUNE DI NAPOLI NON PAGA 20 MILIONI DI EURO GLI ISTITUTI CHE ASSISTONO 3000 MINORI E 700 ANZIANI SARANNO COSTRETTI ALLA CHIUSURA”
DA 24 MESI IL COMUNE NON RIMBORSA COME DOVUTO LE RETTE DI MANTENIMENTO
IL DIRETTIVO PROVINCIALE UNEBA ANNUNCIA LO STATO DI AGITAZIONE
LA SOSPENSIONE DELLE ATTIVITA’ RISCHIA DI COLPIRE ANCHE I 2000 LAVORATORI DEL COMPARTO
Il presidente di Uneba Napoli, organizzazione di categoria che raccoglie decine di enti di assistenza, religiosi e laici, Lucio Pirillo rivolge un appello al sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino, al consiglio comunale di Napoli e a tutte le forze politiche al di là degli schieramenti perché intervengano sulla grave situazione economico-finanziaria degli istituti che a Napoli operano nel campo dell’assistenza, prendendosi cura di circa 3000 minori e 700 anziani.
Una situazione di cui gli enti non hanno alcuna responsabilità, tutt’altro: è invece determinata dal mancato pagamento, da parte del Comune, delle rette di mantenimento dovute agli istituti da oltre 24 mesi.
Si tratta di circa 20 milioni di euro di cui il Comune è debitore verso queste realtà del sociale.
“Chiediamo – dice il presidente di Uneba Napoli Lucio Pirillo - che il Comune si impegni, con un atto di giustizia, a pagare quanto dovuto. Altrimenti inevitabilmente, gli enti religiosi e laici dovranno sospendere le attività, considerato che le banche stanno richiedendo il rientro dei debiti precedentemente contratti proprio a causa dei ritardi del Comune.
La chiusura delle attività porterebbe grave danno al servizio di tutela di bambini e anziani delle fasce più deboli. Mi riferisco in particolare a circa 3000 ragazzi e ragazze appartenenti a famiglie povere dell’area a rischio di devianza: prevalentemente figli di detenuti, tossicodipendenti o altre situazioni difficili, provenienti da rioni come Scampia, Secondigliano, Sanità, Piscinola, San Giovanni a Teduccio, Barra Ponticelli, Quartieri Spagnoli, Forcella, Pianura, Rione Traiano.
Ma le conseguenze negative della chiusura colpirebbero pure per l’intero comparto, che dà occupazione a circa 2000 persone, tra operatori socio-educativi ed assistenziali, insegnanti, collaboratori e personale vario”.
“Chiedo alle istituzioni - dice Pirillo - che si assumano le proprie responsabilità come classe politica cittadina nei confronti di minori in difficoltà e di anziani con gravi disagi economici”.
Il direttivo provinciale dell’Uneba di Napoli, riunitosi stamane lunedì 17 gennaio, ha deciso inoltre di avviare lo stato di agitazione in tutti gli enti associati, svolgendo una campagna di informazione alla cittadinanza e, ogni domenica, nelle chiese della città, in occasione delle messe.
“Ci stiamo avviando verso una strada senza ritorno, che potrebbe portare alla sospensione di tutte le attività socio-assistenziali - aggiunge Pirillo -. La città sarebbe privata di un’ attività ben radicata a Napoli, presente da oltre 30 anni, e che rappresenta un efficace mezzo di lotta alla dispersione scolastica e di prevenzione alle devianze. Infatti sottrae per l’intera giornata centinaia e centinaia di minori alle tentazioni della strada e offre loro una vasta gamma di attività post-scolastiche. Ma il comportamento dell’amministrazione comunale di Napoli, che non paga quanto dovuto da oltre 2 anni, rende assai difficile la conduzione e il proseguimento di queste attività”.
ISTAT:8 milioni di persone che vivono con un reddito di 983 euro mensili.
Povertà stabile nel 2009
la crisi ha colpito i giovani
In totale ci sono quasi 8 milioni di persone che toccano vivere con un reddito di 983 euro mensili. Il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Male il sud e le famiglie operaie
rassegna stampa -
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repubblica.it
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ROMA - Nonostante la dura recessione economica la povertà in Italia non subisce un aumento nel corso del 2009. Ma ad essere colpiti sono i giovani, il Sud e le famiglie operaie. I dati diffusi dall’Istat indicano che l’esercito dei poveri è stabile a quasi 8 milioni di persone, pari al 13,1% dell’intera popolazione ma al mezzogiorno si conferma una situazione allarmante. Vive in condizioni di povertà (la soglia di poverta è pari ai 983 euro mensili, 17 euro in meno rispetto al 2008) oltre una famiglia su 5, il 22,7% con un aumento del valore dell’intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Peggiorano, però, le condizioni delle famiglie assolutamente povere del sud e cresce la povertà assoluta (che misura i più poveri tra i poveri) di quelle operaie.
Le famiglie composte da due persone che hanno una spesa mensile pari o inferiore a 983 euro, vengono classificate come povere. Sempre nel 2009, 1 milione 162mila famiglie (il 4,7%) risultano in condizione di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 74 mila individui (il 5,2% della popolazione). Ambedue i fenomeni risultano stabili rispetto al 2008.
Sono due le ragioni per le quali il numero dei poveri non è nè aumentato nè diminuito. Nel periodo considerato, l’80% del calo dell’occupazione ha colpito i giovani, mentre due ammortizzatori sociali fondamentali hanno mitigato gli effetti della crisi sulle famiglie: la famiglia, che ha protetto i giovani che avevano perso il lavoro, e la cassa integrazione che ha protetto i genitori dalla perdita dell’occupazione.
Il Sud conferma i livelli di incidenza della povertà raggiunti nel 2008 (22,7% per la relativa e 7,7% per l’assoluta) e mostra un aumento del valore dell’intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto pressochè identico, ma le loro condizioni medie sono peggiorate.
L’incidenza di povertà assoluta aumenta, tra il 2008 e il 2009, per le famiglie con persona di riferimento operaia (dal 5,9% al 6,9%), mentre l’incidenza di povertà relativa per queste famiglie aumenta solo nel centro (dal 7,9% all’11,3%). L’incidenza diminuisce invece a livello nazionale tra le famiglie con a capo un lavoratore in proprio (dall’11,2% all’8,7% per la povertà relativa, dal 4,5% al 3% per l’assoluta), più concentrate al nord rispetto al 2008.