CONFUSIONE:’laRete’,Leoluca Orlando,la Primavera di Palermo,il ruolo dei Padri Gesuiti e il Movimento “Napoli per Napoli”
Gentile Direttore del corriere del mezzogiorno (Napoli),
leggiamo
con meraviglia che “la costruzione della “rete” napoletana è appena
iniziata. Il giovane giornalista che Domenica 6 Febbraio sul‘Corriere
del Mezzogiorno’ ha evocato, gratuitamente e con giudizi impropri,
‘laRete’ , Leoluca Orlando, la Primavera di Palermo e il ruolo dei
Padri Gesuiti non ricorda che il Movimento de “la Rete” è stato
presente a Napoli in tre consiliature comunali, ha avuto in Campania
quattro parlamentari nazionali e poi assessori e consiglieri comunali,
come in ogni Regione d’Italia.
In pubblicazioni recenti sugli anni ’
90 ci si è dimenticati, anche da parte di autorevoli Autori, di
sottolineare il ruolo de “la Rete” in quegli anni. E, invece, negli
anni ’90 quasi quotidianamente la cronaca cittadina (vedi, tra l’altro,
“Napoli anno zero” ed. Intra Moenia) ne riportava l’attività politica
certamente non gradita al tempo dai massimi responsabili dei Partiti,
che, dopo 18 anni, hanno prodotto elementi che, simili a loro, citando
Max Weber, “non hanno avuto, oggettivamente e di fatto, nel senso più
intimo la vocazione per la politica”, come dimostra il panorama
politico di oggi.
E’ assolutamente improprio ricordare un’esperienza
di altissima qualità, un’iniziativa di rinnovamento della politica di
livello nazionale per presentare un Movimento “Napoli per Napoli”,
appena apparso in una manifestazione cittadina pre-elettorale e al quale
auguriamo di ben lavorare. Del resto, lo stesso Movimento neonato
limita il proprio impegno all’ambito cittadino, come risulta dalla
sigla; nasce in un altro contesto storico e non si richiama né potrebbe
richiamarsi alla “Rete” di Leoluca Orlando e quindi stupisce l’
accostamento proposto e il tentativo di operare paragoni.
E poi “la Rete” di Orlando,
Galasso,
Dalla Chiesa,
Fava,
Novelli,
Mancuso,
Caponnetto
non era un movimento di cattolici,
né di cattolici integralisti.
Lo dimostra il lavoro in tre Legislature.
La laicità, propria del cristianesimo e dei cattolici,
veniva vissuta dai cristiani
presenti come grande valore.
Resta, in alcuni ex ed attuali dorotei
ed in ex ed attuali inciucisti,
democristiani e comunisti,
una grande…
invidia per una storia, che andrebbe semplicemente esaminata e
rispettata per ciò che ha espresso, per chi la ha rappresentata e
vissuta, per la sua laicità e per il suo rigore etico, per come si è
sviluppata e per come ha deciso di terminare…una straordinaria
esperienza di lievito culturale, in una realtà, quella di sinistra e di
destra, troppe volte affaristica, incolta e provinciale.
Non solo al Sud.
Noi consigliamo, in futuro, di scegliere un termine di paragone
qualitativamente diverso .
Il richiamo evocato esporrebbe “Napoli per Napoli” a brutte figure.
Con cordialità,
Arnaldo Capezzuto, già coordinatore cittadino di Napoli
Francesco de Notaris, già coordinatore regionale e Senatore
Lucio Pirillo, già Consigliere Comunale e
Assessore prima Giunta Bassolino
I cattolici rompono gli indugi, è pronta la «Rete» napoletana di Gimmo Cuomo
rassegna stampa -
6 febbraio 2011
il Corriere del Mezzogiorno
A differenza di quella palermitana, caratterizzata dall’esasperato giacobinismo in salsa gesuitica, la «Primavera napoletana» potrebbe assumere le sembianze più rassicuranti dei volontari, cattolici e non, disposti, finalmente, a compiere il balzo dal, pur utile, impegno prepolitico a quello politico vero e proprio, mettendo in preventivo la possibilità di «sporcarsi» le mani all’interno delle istituzioni.
Il clima in città è pesante, dunque astrattamente favorevole agli azzardi calcolati. Le condizioni ci sono tutte. I partiti sono in piena crisi: il Pd è dilaniato da un’antica faida interna, il Pdl altrettanto è spaccato e incapace di esprimere il candidato a sindaco;
il cardinale Crescenzio Sepe, che spesso, di fronte alla delegittimazione delle istituzioni, ha svolto un utile ruolo di supplenza, in occasione dell’apertura del Giubileo per Napoli ha sottolineato «l’esigenza diffusa di una stagione di rinascita» non solo religiosa ma anche «civile e sociale».
Sulla scorta di questo appello alla mobilitazione, pochi giorni fa il movimento «Napoli per Napoli» ha gettato la maschera, non escludendo la possibilità di una partecipazione diretta al prossimo confronto elettorale per palazzo San Giacomo.
A guidarlo non c’è un leader carismatico, ma non immune dagli eccessi populisti come l’allora cinquantenne Leoluca Orlando,
ma tre personalità flemmatiche molto conosciute e stimate in città:
Sergio Sciarelli, economista di chiara fama e presidente del cda del teatro Mercadante,
Mario Di Costanzo ex consigliere nazionale dell’azione cattolica, attualmente impegnato a guidare la Consulta dei laici della Curia napoletana e
Gian Paolo Leonetti dei conti di Santo Janni, sovrintendente del Pio Monte della Misericordia.
Una settimana fa la prima uscita pubblica al Circolo artistico politecnico in Piazza Triste e Trento.
«Ma — assicura Di Costanzo — ci saranno presto altri incontri anche nelle periferie perché non si pensi che il nostro movimento è uno dei tanti salotti della Napoli bene».
Va ricordato che un legame tra il movimento e le gerarchie ecclesiastiche non esiste.
Nessun ecclesiastico, infatti, ha finora (e probabilmente non lo farà nemmeno in futuro) assunto il ruolo di ufficiale di collegamento tra i laici e la Chiesa.
Una cosa è certa: la volontà dei promotori del movimento di orientare e non subire l’offerta politica dei partiti, senza escludere anche le opzioni più estreme.
«Siamo un cantiere aperto»,
spiega Di Costanzo:
«L’unico punto fermo è rappresentato dal rifiuto di pacchetti preconfezionati.
Per esempio, potremmo impegnarci in favore di quel candidato a sindaco che
annuncerà la squadra di governo prima delle elezioni.
So bene che si tratta di una provocazione e che difficilmente un aspirante primo cittadino deciderà di scontentare prima del voto tutti quelli che nutrono aspettative.
Appunto non escludiamo nemmeno la possibilità della lista civica».
Già la lista civica, l’ipotesi estrema.
Nel movimento si ragiona anche di altro.
Per esempio della possibilità di chiedere ai partiti l’impegno su punti programmatici ritenuti fondamentali e un’adeguata rappresentanza che possa garantire il rispetto dei patti.
Ma ogni opzione ha le sue controindicazioni.
L’ipotesi della lista civica dovrebbe fare i conti col sistema elettorale.
E pur vero che quello per il Comune, modulato su due turni, prevede la possibilità di apparentamenti. Ma è altrettanto vero che, in caso di ballottaggio, la scelta di sostenere l’uno o l’altro candidato rischierebbe di mandare in frantumi l’unità del movimento costruito sulla base della pluralità culturale.
Se, viceversa, prevalesse l’idea di inserire candidati nelle liste già in campo, si correrebbe il rischio di risultare esclusivamente portatori d’acqua, destinati a soccombere nel confronto con i grandi collettori di preferenze.
Ma il movimento cresce, e sta stabilendo rapporti con altri soggetti della società napoletana a cominciare dalla Cisl, guidata in Campania da Lina Lucci che già ha auspicato che le forze sociali partecipassero alla stesura dei programmi.
«Ho molto apprezzato le parole di Lina alla nostra assemblea», conclude De Costanzo:
«allo stesso tempo do atto alla Cisl nazionale di aver dimostrato grande coraggio nell’assumere posizioni che l’hanno esposta a critiche». E poi ci sono le altre associazioni, i comitati, tutti quei soggetti che sono ancora una volta tentati di varcare la soglia della politica.
La costruzione della «rete» napoletana è appena iniziata.
Dopo aver letto P.Pizzuti S.J. di Francesco Denotaris
Caro Padre, Lei ne avrà viste tante di Associazioni allo
“statu nascenti”! E’ un buon testimone, non di quelli che si comprano
in tribunale per qualsiasi testimonianza. Me ne accorgo dai giudizi,
dalle osservazioni, che pone in occasione della presentazione del
Movimento di opinione “Napoli per Napoli”. I promotori sono
personalità degne di stima e che motivano ogni attenzione.
Nascono, talvolta, questi Movimenti in occasione di elezioni perchè cittadini
pensosi e insoddisfatti mettono insieme idee, convincimenti comuni,
desiderio di respirare aria nuova e cercano consenso per iniziative
comuni.
Non sempre, purtroppo, “salgono” in politica (non si scende in
politica…) e si offrono al giudizio degli elettori. E’ anche vero
che ognuno ha una vocazione, ha sensibilità, ha aspirazioni tali da
giocarle in ambiti che non sempre sono quelli classici di una
competizione elettorale. Ed è giusto che sia così perchè ognuno deve
offrire il proprio contributo rispettando la propria vocazione.
Come Lei osserva, i partecipanti appartenevano a “categorie della borghesia
di stampo professionale, imprenditoriale, accademico…” insofferenti
e insoddisfatti per “i mali e la gestione della città“.
Ritengo che queste aggregazioni siano un arricchimento per la nostra Città e
certamente non vanno etichettate, come accade troppo spesso, ed ancora
una volta concordo con Lei nel dire “non corretta la definizione data
dalla stampa del movimento come espressione del volontariato civile e
cattolico”.
Se così fosse saremmo in presenza di un depauperamento
della potenzialità che il Movimento ha e che, comunque, ha
intercettato già tanti concittadini, direi anche non cattolici.
Sommessamente Le confesso che non si contano i concittadini
giustamente critici che, al momento del voto, rinforzano i peggiori.
Caro Padre, ho letto il Suo intervento e ci sarebbe molto da dire
anche sulla domanda che Ella pone in conclusione.
Ma come entrare nella modernità?
Mi permetta dire una banalità; se non riportiamo i bambini a scuola,
tutti a scuola, se non compiamo un grande sforzo per
risanare il nostro patrimonio edilizio, se non daremo un lavoro
dignitoso e vero a tutti, se non daremo una casa a chi non la ha, se
non garantiremo salute e assistenza a chi ne
ha diritto, se tutti insieme non ci libereremo dalla mentalit
camorristica (vedi discorso di Benedetto XVI in Piazza del Plebiscito)
sarà sempre più difficile, forse impossibile parlare di Napoli “nel
contesto europeo”. E dico di Napoli, della Città tutta intera con i
suoi abitanti.
VOCI DELLA SOCIETA’ CIVILE: PER QUALE CITTA ? Di Domenico Pizzuti
-
Con un aplomb quasi britannico nell’elegante salone del Circolo Artistico Politecnico Sergio Sciarelli, docente di economia e promotore insieme con Gianpaolo Leonetti e Mario Di Costanzo del movimento di opinione “Napoli per Napoli” ha presentato all’assemblea pubblica di cittadini interessati gli obiettivi, le richieste, le attese di questo movimento nei confronti dei candidati alle prossime elezioni comunali di maggio per un cambiamento politico-amministrativo ineludibile.
Clima di attenzione e consapevolezza, pacato e signorile, da gentiluomini senza alzare troppo la voce anche nel denunciare i guasti ed i mali della città, con qualche autocritica per non aver controllato l’agire degli amministratori eletti.
Complessa la società civile napoletana, da analizzare nelle sue diverse componenti virtuose o meno, che nel volgere di poche settimane in quarantamila partecipa alle primarie per il candidato sindaco del PD con le dilacerazioni che ne sono seguite, ed in 300 si raccoglie nel salone del Circolo Artistico Politecnico per esprimere sofferenza e insoddisfazione per i mali e la gestione della città.
Voice nel senso di protesta?
No, direi denuncia di strati professionali e borghesi, diversamente acculturati politicamente e socialmente collocati in ruoli di responsabilità.
Nel corso del 2008 per l’emergenza rifiuti – un ossimoro – abbiamo partecipato a ben altre infuocate assemblee con la presenza degli amministratori responsabili.
Più che entrare nel merito delle analisi e delle proposte formulate, riteniamo più opportuno riflettere sul clima e sulle caratteristiche sociali dei promotori del movimento e dei partecipanti all’assemblea che da un punto di vista sociologico rivelano gli interessi ed i condizionamenti delle stesse formulazioni di pensiero.
A questo proposito – a nostro avviso - riteniamo non corretta la definizione data dalla stampa del movimento come espressione del volontariato civile e cattolico, che sembra invece voler significare cittadini che, fuori delle aggregazioni politiche o partitiche, volontariamente si protendono nell’arena pubblica in occasione di elezioni amministrative con loro richieste e proposte dopo un certo silenzio ed assenza nel dibattito pubblico.
Una contraddizione con lo statuto della cittadinanza attiva e responsabile che non si esaurisce certo con la partecipazione al voto fino alla prossima tornata elettorale.
I promotori ed i partecipanti all’assemblea certo appartengono a categorie della borghesia di stampo professionale, imprenditoriale, accademico, e questa appartenza può spiegare l’insoddisfazione e l’attesa più volte ribadita di una città normale, che funzioni nei servizi essenziali e nella pubblica amministrazione, garantisca la sicurezza ed il civile svolgimento delle varie attività, assicuri il decoro urbano, trasparenza e partecipazione dei cittadini secondo esperienze sperimentate in altre città.
In questo contesto di stili di vita, si è fatto ripetutamente richiamo alle qualità dei pubblici amministratori, specialmente sotto il profilo della competenza che certo non guasta perché si tratta di gestire la macchina comunale con i suoi 13.000 dipendenti, ma non basta se manca una qualità ed una visione politica della mission di una città.
Una prima osservazione riguarda l’altra e maggioritaria parte della città che non è rappresentata, formata da un ceto medio in difficoltà per la crisi economica, dalle famiglie con lavori saltuari e precari, con numerosi figli a carico, dai pensionati poveri, dai giovani in cerca di lavoro, dai numerosi iscritti al casellario giudiziario, cioè da quella che è stata definita la “pancia” della città che non si conosce e con cui non si dialoga.
Chi rappresenta chi?
Amato Lamberti, sul filo di un’ analisi statistica delle stratificazioni sociali ha potuto dire che l’Amministrazione comunale garantisce solo il 10% dei cittadini, quelli appunto di stampo borghese.
Quali compiti, secondo le competenze comunali, si pongono per un’ integrazione nella modernità economica, sociale e civile di questi strati popolari e che non sia la riproduzione di misure assistenzialistiche che non risolvono le situazioni?
Una seconda osservazione, in questa prima presentazione del movimento si è insistito molto sulle qualità dei candidati a sindaco e della sua squadra funzionale ad un’ eventuale lista civica se i candidati presentati dai partiti non risponderanno alle attese, ma non è emersa quale città si prefigura, quale mission di Napoli nel contesto europeo, mediterraneo e di globalizzazione non solo economica.
Quando i social network facilitano ben altre proteste per il pane e la democrazia sulla rive africane del Mediterraneo e configurano secondo il linguaggio di M. Castells <> che reagiscono ad oppressioni prolungate che si vogliono scrollare.
Dopo la lista delle attese sulle qualità dei candidati alle prossime elezioni comunali, la domanda che si può porre, e che formulerei se fossi un candidato,
“Voi benemeriti cittadini che cosa ci mettete” per realizzare il cambiamento atteso in termini di partecipazione, responsabilità, attivazione di risorse, ed in questo caso di programmi con progetti di fattibilità.
E con qualche sacrificio per migliorare la condizioni dei ceti meno privilegiati della città.
Dio salvi Napoli, tutta Napoli!
Susanna Tamaro: «Napoli ci insegna cos’è la modernità»
di Valeria Chianese
rassegna stampa-
avvenire-
La forza di Susanna Tamaro è nelle parole, riflesso quasi tangibile dell’intelligenza di donna e di acuta osservatrice dell’animo umano e del mondo quale è, e si sente, si potrebbe dire, a pelle, come in un circuito elettrico che smuove pensieri ed emozioni, e si contrappone alla naturale ritrosia di persona schiva, che preferisce agire. Lo dimostrano non solo i suoi libri, ma la Fondazione, creata per realizzare progetti a favore dei più deboli, e l’impegno per i temi ecologici ed ambientali.
L’autrice di «Va’ dove ti porta il cuore», il suo lavoro più noto, sarà a Napoli lunedì mattina, all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa, per ricevere il premio «Napoli, Città di pace». Susanna Tamaro confessa di essere «contenta» pur non avendo «mai inseguito le glorie mondane – precisa –. Ma fa anche piacere che venga riconosciuta la coerenza di lavoro». Tra romanzi, narrativa per ragazzi, saggi, la Tamaro dal 1989, anno di La testa tra le nuvole, ha pubblicato diciotto libri ed è tradotta in 48 lingue.
Lo scorso ottobre è uscita la nuova edizione, la prima è del 1994, de Il cerchio magico (Giunti Junior) con le illustrazioni di Adriano Gon. Un romanzo per ragazzi, e non solo, di strepitosa attualità, scritto «contro ogni stupidità umana, capace di imporre l’ignoranza, l’indifferenza e il colpevole abbandono della natura».
Sorridente e vivace, ma su certi argomenti non nasconde di essere arrabbiata, la scrittrice si lascia andare volentieri a riflessioni sul complicato presente dell’umanità, preludio di un futuro non del tutto decifrabile.
E riconosce il valore profetico di Napoli, avanguardia di quello che sarà ovunque: «Siamo tutti futuri napoletani» dice.
«Napoli, Città di pace» è il premio che riceverà, ma cos’è la pace, com’è la pace, come può essere la pace in una città come Napoli o in qualsiasi altra metropoli?
«Le città sono fatte di individui. La pace è perciò qualcosa che è dentro noi stessi.
Ciascuno ha fatto,
fa, un percorso interiore, che conduce ad un traguardo anche al di fuori di se stessi. La pace quindi non è straniarsi dalla realtà, è invece guardarla con gli occhi di un uomo giusto, onesto. Sguardo amorevole perché l’amore è più forte della negatività.
Mi rendo conto che sono valori un po’ demodè oggi, eppure sono gli unici che consentono di vivere nella pace in ogni città del mondo».
La crisi dei rifiuti a Napoli e in Campania è da anni al centro di attenzioni e di polemiche e sembra essere irrisolvibile, segnale di una più ampia emergenza ambientale.
«È un grave problema, certo. Però quella spazzatura è soprattutto una metafora della modernità: quello che abbiamo dentro è là fuori. Non coltiviamo giardini perché in noi non c’è più pace, non c’è più bellezza.
La spazzatura è lo specchio di una cultura che consuma, di una cultura crudele, agitata, cinica che produce spazzatura interiore, che si trasforma in tonnellate di spazzatura reale.
La spazzatura l’abbiamo innanzitutto dentro di noi ed è dentro di noi che dovremmo fare pulizia. Dove si semina bellezza nasce qualcosa ed è triste che oggi non si abbia bisogno dell’arte e del potere sanificante della cultura».
Lei è stata regista prima che scrittrice, che considerazione ha della televisione?
«La televisione ha fatto danni enormi, ha distrutto la sanità mentale di un popolo e la stessa società educante. I genitori sono tali per caso, tutto è regolato dalla provvisorietà e in questa organizzazione subentrano i media: la televisione sempre accesa, l’uso incontrollato del computer.
Penso all’infanzia, una volta tutelata e ora sottoposta non alla cultura del ’900, ma ad una cultura primitiva, esposta di continuo alla violenza e alla stimolazione sessuale.
La televisione ha fatto danni pazzeschi nei bambini che in crescita hanno un sistema delicato e complesso e subiscono un bombardamento sensoriale così forte in ogni campo, anche per quello che mangiano.
È una bomba ad orologeria che ha scardinato tutte le basi e purtroppo non c’è la moviola, non si può tornare indietro. È un grande crimine che andrebbe riparato, ma come? È minoritario chi pensa che ci vorrebbe una grande unione di persone e di forze per sovvertire questo disordine».
La sua Fondazione si occupa appunto di donne e di bambini.
«È terribile! La condizione della donna oggi non è paragonabile neppure a quella negli anni ’50 tanto è stata retrocessa: chiusa in un recinto, in un modello agghiacciante proposto anche alle bambine, mandate in giro come piccole cocotte. Una situazione che mi fa rabbia ancora di più perché le armi per combattere sono poche e non si fanno parlare le voci contrarie».
Nel messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali il Papa ha posto l’accento sui «tranelli» massmediali.
«Credo che l’intenzione sia di distruggere gli uomini alimentando una povertà interiore con la ferma volontà di abbassare il livello: continuare a rotolarsi tra i rifiuti perché è così che si mantiene il controllo del popolo e quindi il potere. La televisione o altro media ci fanno schiavi dell’audience e di quelli che pagano per la pubblicità, perseguendo un solo sogno: l’avvento totale dell’uomo consumatore. È un vuoto senza più radici».
Valeria Chianese
DOPO LE PROMESSE DI JERVOLINO E RICCIO:UNEBA NAPOLI SOSPENDE LA MANIFESTAZIONE ED IL BLOCCO DELLE ATTIVITA’
Faccia a faccia tra l’organizzazione degli enti socioassistenziali per minori ed anziani e l’amministrazione comunale, debitrice di 20 milioni di euro
PIRILLO: MA LO STATO DI AGITAZIONE DEGLI ENTI PERMANE
L’ASSEMBLEA UNEBA DECIDERA’ LE PROSSIME MOSSE
Verso il rinnovo della convenzione Comune - Uneba
Uneba Napoli sospende la manifestazione in programma per lunedì 31 gennaio, che doveva portare sotto Palazzo San Giacomo, sede del Comune di Napoli, i centri socioassistenziali, laici e religiosi ma comunque di ispirazione cattolica, associati all’Uneba, in cui 2000 operatori si prendono cura ogni giorno di 3000 minori e 700 anziani.
L’associazione presieduta da Lucio Pirillo rinuncia anche alla forma estrema di protesta che era stata valutata nell’assemblea di venerdì 21: chiudere gli enti e bloccare tutte le attività per un giorno.
A spingere l’Uneba alla scelta di sospendere la manifestazione e il blocco delle attività sono state le rassicurazioni ricevute dall’assessore ai servizi sociali Giulio Riccio e dal sindaco Rosa Russo Jervolino nell’incontro di giovedì 27 gennaio.
Il sindaco, infatti si è impegnato a liquidare agli enti, entro il 15 febbraio, almeno 2 dei 24 mesi di arretrato del Comune di Napoli, che è debitore agli enti Uneba di oltre 20 milioni di euroSi tratta delle rette di mantenimento per gli anni 2009 e 2010 di anziani e minori ospitati nelle strutture socioassistenziali.
Ha promesso, inoltre, che l’amministrazione avrà uguale comportamento sia nei confronti delle cooperative sociali, sia nei confronti delle strutture religiose, senza alcun favoritismo.
Entro il mese di febbraio, ha annunciato Jervolino ai rappresentanti di Uneba, sarà inoltre completata l’operazione di cessione alle banche del credito che il Terzo Settore, enti Uneba compresi, vanta verso il Comune.
La cessione del credito è sempre stata una delle ipotesi caldeggiate dall’associazione, da quando il venire meno dell’amministrazione comunale ai suoi impegni di pagamento ha messo in grave difficoltà gli enti non profit Uneba.
Infine, sindaco e assessore al sociale hanno annunciato che a breve verrà rinnovata per 2 anni la convenzione con cui il Comune affida agli enti Uneba Napoli la gestione dei servizi con minori ed anziani. La precedente convenzione è scaduta e attualmente gli enti operano in regime di proroga.
A fronte delle promesse del Comune, Pirillo ed Uneba esprimono cauta soddisfazione.
“Abbiamo sospeso il blocco delle attività dei nostri centri per senso di responsabilità nei confronti dei nostri assistiti minori ed anziani. Ma i nostri enti mantengono lo stato di agitazione precedentemente proclamato. E Uneba Napoli convocherà a breve un’assemblea di tutti gli associati per valutare il da farsi”.
BARZELLETTA DEL PREMIER CON INSOPPORTABILE BESTEMMIA
rassegna stampa -
fonte
Avvenire-
Un più alto dovere di sobrietà e di rispetto
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C i mancava solo la bestemmia dentro la barzelletta del presidente. Un video – puntuale come una maledizione – ce l’ha servita via internet, mentre un altro video – sempre tramite web – ci ha proposto un Silvio Berlusconi che giochicchia con consunti stereotipi sugli ebrei.
Tutto questo ieri, all’indomani della riconfermata fiducia al governo e delle parole pesate e pesanti che il presidente del Consiglio dei ministri aveva pronunciato nelle aule di Camera e Senato, tra l’altro sottolineando la sua ben nota amicizia per Israele e riaffermando l’impegno dell’esecutivo a sviluppare una politica responsabile ed eticamente attenta su tematiche delicatissime, care anche e soprattutto al mondo cattolico.
Si potrebbe ragionare all’infinito sullo strano timer che governa il ‘rilascio’ mediatico – come se si trattasse di mangime per pesci o polli – di battute e gaffe «private» (o semi-pubbliche) del premier. E non sarebbe un ragionare strano o inutile.
Ma il problema principale stavolta non è il timer. Il problema è il deposito di battute e gaffe (vere o presunte).
Il problema è che dal deposito sia affiorata anche un’insopportabile bestemmia (anche se vecchia di mesi e mesi non è, purtroppo, meno tale). C’è una cultura della battuta a ogni costo che ha preso piede e fa brutta la nostra politica.
E su questo tanti dovrebbero tornare a riflettere. E farebbero bene a pensarci su davvero anche coloro che bestemmie di vario tipo e barzellette mediocri (tristemente dilaganti tra pseudo-satira e pseudo-cultura) non le sopportano solo quando spuntano sulla bocca di un avversario, meglio se di Silvio Berlusconi.
Ma su ogni uomo delle istituzioni, su ogni ministro e a maggior ragione sul capo del governo grava, inesorabile, un più alto dovere di sobrietà e di rispetto.
Per ciò che si rappresenta, per i sentimenti dei cittadini
e per Colui che non va nominato invano. (mt)
Peccato che il gesto della Mussolini sia solitario e non venga seguito da altri politici. Perché non lo fanno anche Bassolino e la Iervolino?»,
8mila euro a tre semi-convitti dell’Uneba a rischio chiusura
Alessandra Mussolini prosegue il suo impegno, personale oltre che politico, nella drammatica situazione delle comunità per minori che a Napoli rischiano di chiudere a causa del mancato pagamento delle rette da parte del comune.
Ieri la presidente della Bicamerale Infanzia ha donato 8mila euro a tre istituti che assistono i minori a rischio della città: il don Guanella di Scampia, il cardinale Corrado Ursi di Forcella e un centro laico, tutte parte dell’Uneba.
La donazione rappresenta, per la Mussolini, la devoluzione della sua indennità di neoeletta consigliere regionale della Campania, ruolo incompatibile con la carica di parlamentare.
Si tratta di una boccata d’ossigeno per i semiconvitti, che come tutti gli altri rischiano la chiusura: l’amministrazione Iervolino è infatti loro debitrice di 20 milioni. «Peccato che il gesto della Mussolini sia solitario e non venga seguito da altri politici. Perché non lo fanno anche Bassolino e la Iervolino?», ha domandato Lucio Pirillo, presidente Uneba.
fonte
vita.it
http://www.youtube.com/watch?v=LVyM8i5mUAM
L’INDICAZIONE del presidente della Cei Ai cattolici.I vescovi: Il voto sia contro l’aborto
Rassegna Stampa — La Bonino: «SONO SOLITE COSE»-
- fonte -
corriere della sera.it
Bagnasco: «E’ un’ecatombe collettiva. La cittadinanza inquadri ogni singola verifica elettorale»
CITTÀ DEL VATICANO - La difesa della vita umana, innanzitutto dal «delitto incommensurabile» dell’aborto in tutte le sue forme, è uno dei valori «non negoziabili» in base al quale i cattolici devono votare nelle prossime regionali. È quanto ha indicato, in sintesi, il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, aprendo i lavori del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. La candidata del centrosinistra alle Regionali del Lazio, Emma Bonino, ha replicato che si tratta di «un evergreen. Non mi sembra ci sia nessuna novità, sono le solite cose».
VALORI NON NEGOZIABILI - I valori «non negoziabili», ha elencato l’arcivescovo di Genova, sono «la dignità della persona umana, incomprimibile rispetto a qualsiasi condizionamento; l’indisponibilità della vita, dal concepimento fino alla morte naturale; la libertà religiosa e la libertà educativa e scolastica; la famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna». Su questo fondamento, ha spiegato, «si impiantano e vengono garantiti altri indispensabili valori come il diritto al lavoro e alla casa; la libertà di impresa finalizzata al bene comune; l’accoglienza verso gli immigrati, rispettosa delle leggi e volta a favorire l’integrazione; il rispetto del creato; la libertà dalla malavita, in particolare quella organizzata».
ABORTO, «ECATOMBE PROGRESSIVA» - Durissime le sue parole contro l’aborto, descritto come «un’ecatombe progressiva», che si vuole rendere «invisibile» attraverso l’uso di pillole da assumere in casa. «Che cosa ci vorrà ancora - si è chiesto il presidente della Cei - per prendere atto che senza il principio fondativo della dignità intangibile di ogni pur iniziale vita umana, ogni scivolamento diviene a portata di mano?» «In questo contesto, inevitabilmente denso di significati, sarà bene - ha subito proseguito - che la cittadinanza inquadri con molta attenzione ogni singola verifica elettorale, sia nazionale sia locale e quindi regionale». «L’evento del voto è - ha detto - un fatto qualitativamente importante che in nessun caso converrà trascurare».
SULLA PEDOFILIA: TRASPARENZA MA NO A DISCREDITO - Il cardinal Bagnasco ha poi affrontato il tema dei recenti scandali di pedofilia. La Chiesa ha imparato da Benedetto XVI a non tacere o coprire la verità, «anche quando è dolorosa e odiosa»; «questo però non significa subire, qualora ci fossero, strategie di discredito generalizzate» ha affermato il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, nella relazione di apertura del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani. Il porporato ha anche espresso al Papa la «vicinanza» dell’episcopato italiano: «quanto più, da qualche parte, si tenta di sfiorare la sua limpida e amabile persona, tanto più il popolo di Dio a lui guarda commosso e fiero».
«NON SI METTA IN DISCUSSIONE IL CELIBATO» - «Nessun caso tragico» può oscurare «la bellezza» del ministero sacerdotale, ha detto il porporato. «Nè mettere in discussione il sacro celibato che ci scalda il cuore e ispira la vita», ha aggiunto. «Non sentitevi mai guardati con diffidenza o abbandonati, e - ha detto Bagnasco rivolgendosi agli uomini di Chiesa - non scoraggiatevi; siate sereni sapendo che le nostre comunità hanno fiducia in voi e vi affiancano con lo sguardo della fede e le esigenze dell’amore evangelico». Il sacerdote - ha scandito - non è «un disagiato, nè uno scompensato, benchè il clima culturale odierno non faciliti certo la crescita armonica di alcuno. Il sacerdote è un uomo che, non solo nel tempo del seminario, coltiva la propria umanità nel fuoco dell’amore di Gesù».
Riconoscere il male e non farsi incantare
rassegna stampa
Dalla parte dei piccoli e degli indifesi di Marco Tarquinio
fonte -
avvenire-
Lasciatevi riconciliare con Dio». Per otto volte, nell’articolata riflessione con cui ha aperto ieri i lavori del Consiglio permanente della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco ripete – con le parole dell’apostolo Paolo – questo messaggio semplice e forte. Parla «a cuore aperto» alla Chiesa e al mondo secolare, in questa Italia nella quale comunità cristiana e comunità civile tendono ancora e sempre a coincidere pur in un tempo di spaesamento e di insidiosa divisione. E mostra come riconciliarsi con Dio sia riconciliarsi con la Verità, quella maiuscola che ispira, sprona e regge i singoli credenti e l’intera cattolicità e dalla quale provengono le briciole di verità – a volte apparentemente minuscole, ma mai insignificanti – che dobbiamo saper riconoscere e testimoniare nella realtà quotidiana. È quel che ci insegna Benedetto XVI con la forza di uno «speciale carisma della parola». È quel che «in nome di Cristo» ci tocca, qui e ora, per contribuire a convertire il mondo in una realtà più giusta e più buona, soprattutto con i piccoli e con gli indifesi.
Riconciliarsi con Dio e con la verità, oggi significa prima di ogni altra cosa fare i conti senza esitazioni con un male «aberrante» che ha insidiato e può ancora insidiare anche la Chiesa. Una Chiesa che nel servizio educativo alle giovani generazioni dispiega, da sempre e con rinnovato slancio in questa precisa stagione, la sua passione per l’umano e la sua preoccupazione per il bene comune. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, in piena consonanza con il Papa, affronta perciò con severa lucidità il tema dei casi di «abusi sessuali compiuti su minori da ecclesiastici».
Ricorda la prontezza con la quale i vescovi italiani hanno fatto proprie «già da anni» le direttive della Santa Sede per vigilare, formare al sacerdozio e «fare giustizia nella verità». Registra la tragica diffusione del «fenomeno della pedofilia» in tanti e diversi ambienti delle società moderne (e la relativista, incredibile, tendenza a legittimarlo). E segnala una serena determinazione a non subire «strategie di discredito generalizzato». Trasparenza, pulizia, fermezza e fiducia nella dedizione a Dio e al bene dei sacerdoti italiani sono i cardini di una linea chiara. Fatta di totale «vicinanza» alle vittime e di un giudizio netto: quando di una simile colpa si macchia «una persona consacrata», la gravità morale è «ancora maggiore». E anche un solo caso è di «troppo».
Riconciliarsi con Dio e con la verità, significa al tempo stesso riconoscere che c’è un «delitto incommensurabile» che segna la nostra epoca. E da uomini e donne di coscienza i cristiani, come ogni persona retta, non possono distogliere lo sguardo dall’«ecatombe progressiva» dell’aborto. Tre milioni di vite spazzate via nel solo 2008 e nella sola vecchia Europa. Un’immane tragedia sociale che si vorrebbe ridurre, pillola dopo pillola, ad «alchimia domestica», continuando l’atroce inseguimento della «invisibilità» assoluta – addirittura etica – dei bambini non nati. In un tempo elettorale come quello che stiamo vivendo in Italia, con la chiamata alle urne per il governo di ben 13 Regioni, tutto questo guiderà giudizio e voto dei cristiani.
Sono, infatti, in lizza candidati protagonisti di un’ostentata militanza abortista – il nome e la storia di Emma Bonino sono un sinonimo di tale drammatica scelta – e autori di programmi segnati da ambiguità e ostilità oggettive ai «valori non negoziabili», quelli cioè sui quali un cattolico non dovrebbe mai fare mercato con chicchessia e di fronte ad alcuna seduzione di potere. Il cardinale Bagnasco, anche qui in richiamata e piena consonanza con Papa Benedetto, sottolinea ancora una volta questi valori cardine: la vita umana dal concepimento alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, la libertà religiosa ed educativa. Ce li offre, frutto di una concezione per la quale la dignità della persona umana è «incomprimibile», come bussola essenziale. Rammentandoci che rappresentano il fondamento di un «complesso indivisibile di beni»: dalla “libertà dalla malavita organizzata” al diritto al lavoro, dall’integrazione degli immigrati al rispetto per il creato.
Riconciliarsi con Dio e con la verità, significa – insomma – impegnarsi per recuperare il senso del fare società. E del fare politica. Il presidente della Cei ce lo conferma, ricordando a noi tutti che l’«imperativo dell’onestà» non consente alibi e non conosce eccezioni. Il suo è un richiamo concretissimo al «non rubare» (e chi sottrae qualcosa ai beni pubblici «ruba di più», dice il cardinale), ma è contemporaneamente un richiamo alla nostra intelligenza e alla nostra libertà di cristiani e di cittadini. Chi è davvero onesto sa riconoscere il male, e non se ne fa incantare.