UNEBA NAPOLI:L’ultima beffa ai danni degli enti,e dei minori assistiti
Ancora una beffa, ancora una cattiva notizia per gli istituti associati a Uneba che a Napoli lavorano nell’assistenza dei ragazzi a rischio.
I soldi della Regione non ci sono.
La delibera 189 con cui lo scorso 1 marzo l’assessore regionale al bilancio Alfonsina De Felice e la giunta regionale avevano detto di aver sbloccato 9 milioni di euro per girarli al Comune di Napoli, da tempo ed enormemente debitore nei confronti degli enti Uneba, è senza copertura finanziaria.
Il trasferimento al Comune di Napoli non può essere fatto, perchè gli euro in cassa non ci sono.
E quindi gli enti che si sono indebitati e sottoposti a sacrifici per continuare la loro fondamentale opera verso i minori si ritrovano ancora una volta privi di quello che loro spetta per legge. Devono ancora aspettare, in balia della politica.
La notizia della mancata copertura finanziaria della delibera regionale è emersa solo martedì 30 marzo. Né il Comune di Napoli, che quei soldi dovrebbe ricevere per poi girarli agli enti, aveva mai comunicato nulla al riguardo.
“E’ l’ultima beffa! - scrive il presidente di Uneba Campania Lucio Pirillo nella sua pagina Facebook – Così si prendono in giro cinquemila minori e oltre tremila operatori che lavorano nell’assistenza dei ragazzi a rischio a Napoli”.
E adesso, che fare? “Dopo Pasqua l’onorevole Alessandra Mussolini e il consigliere regionale riconfermato Luciano Schifone (che hanno accompagnato le giustificate rivendicazioni di Uneba) chiederanno, assieme ad Uneba Napoli, un incontro urgente all’assessore De Felice e al sindaco Iervolino”. Nella speranza che prima o poi si arrivi alla risoluzione del problema: cioè, semplicemente, a dare agli enti associati Uneba quel che loro spetta, né più e né meno.
BUON NATALE : Infanzia, senza fondi 3 mila bimbi a rischio (PIRILLO,presidente uneba:napoli ,anno zero, stiamo aspettando ancora)
rassegna stampa
Repubblica — 19 novembre 2009 pagina 7 sezione: NAPOLI
TREMILA bambini napoletani finiranno in mezzo alla strada. Lo hanno denunciato ieri gli operatori sociali dell’ Uneba alla Conferenza nazionale sull’ infanzia e l’ adolescenza, in programma fino a domani alla Stazione marittima.
Settanta istituti socio-educativi, incalzati dalle banche, chiedono al Comune di Napoli di restituire i 20 milioni di euro anticipati per assistere i ragazzi a rischio della città.
«Da 20 mesi non riceviamo le rette comunali - ha dichiarato Lucio Pirillo, presidente dell’ Uneba Campania - una lenta agonia distrugge i servizi per i minori».
Ospiti dei centri, infatti, sono ragazzi della Sanità e Scampia, con alle spalle disagio economico e marginalità sociale.
La soluzione però non è arrivata: il sindaco Rosa Russo Iervolino ha dichiarato che «il Comune non ha una lira, ma vanta un credito di quasi cento milioni di euro dal governo», polemizzando con l’ onorevole Alessandra Mussolini, presidente della Commissione infanzia che aveva chiesto un impegno concreto per salvare le associazioni.
Le critiche non sono scaturite solo dalla mancanza di fondi: Unicef e associazioni come “L’ albero della vita” e “Telefono azzurro” hanno accusato il governo di sottovalutare i problemi sociali. «È una conferenza inutile - ha dichiarato Vincenzo Spadafora presidente dell’ Unicef - attendiamo l’ approvazione di un piano nazionale per l’ infanzia e la nomina di un garante, come promesso giusto un anno fa alla Camera dall’ Esecutivo. Finora non è stato fatto nulla». Una bordata poi anche sull’ assenza dei ministri alla conferenza. Critica ingenerosa, ha replicato da Roma Mara Carfagna, responsabile per le Pari opportunità: «Oggi (ieri, ndr) c’ è un voto importante alla Camera. Critica ingenerosa anche perché con il presidente dell’ Unicef ho collaborato moltissimo».
ANNA LAURA DE ROSA
Quei ragazzi persi per strada …..
Scritto da Giovanni Laino, 03-07-2009
la Repubblica Napoli
L’assassinio del giovane musicista di strada, Petru Birlandenau a Montesanto ci ha scosso. Lavorando all’Università in via Forno Vecchio appartengo a quella affollata comunità di pratiche che frequenta piazza Montesanto che ancor più è stata impressionata dalla gratuità della violenza, dall’inefficacia preventiva di un modello di ordine pubblico che di fatto consente di fare quasi tutto a pregiudicati e gruppi di persone ben note alle Forze dell’Ordine.
Credo sia comunque molto importante che la Giustizia faccia il suo corso e gli arresti sostenuti da prove sono un segno positivo dell’impegno della Polizia. Mi sento comunque molto amareggiato. Senza moralismi o sentimentalismi, non riesco a rimuovere facilmente il dato che conosco Marco, il 27enne incensurato, arrestato con l’accusa di essere uno degli esecutori del terribile raid. Erano i primi anni Novanta, quando riuscivo a fare anche un po’ di lavoro educativo frontale nell’Associazione e Marco era un ragazzo simpatico, molto sveglio, che pativa una lunga carcerazione del padre e spesso era terribile dando molto da fare agli educatori. Io stesso lo accompagnai al Teatro Politeama, in una bolgia per le prove per il casting del film diretto da Lina Wertmüller, “Io, speriamo che me la cavo”. Marco non fu scelto e, anche se è stato beneficiario di un inserimento lavorativo fatto con l’Associazione, anche più in generale, per ora, non se l’è cavata.
Credo sia colpevole confondere vittime e carnefici e da molti anni mi è chiara la responsabilità soggettiva delle persone che, pur dentro tante sollecitazioni ambientali, fanno scelte criminali.
Non nutro sentimenti di colpa: certo potevamo fare meglio e di più ma, con i nostri limiti, c’è l’abbiamo messa proprio tutta e per sradicare la forza aggregativa delle attività criminali il lavoro sociale per la coesione, i diritti, l’educazione, è solo un indispensabile tassello che senza politiche più sostanziali, spinge quasi nell’ambito dei miracoli l’emancipazione dei ragazzi immersi nei circuiti illeciti.
Rispetto a questi sentimenti, che credo debbano alimentare una sincera riflessione sul senso, sulle modalità e sulle prospettive del lavoro socio educativo, gli interventi di questi giorni, in materia di politiche sociali, mi sembrano inadeguati.
Le associazioni, anche quelle animate soprattutto da volontari, non possono non confrontarsi con una logica di impresa sociale, facendo i conti con le politiche. Nessuno è immune da questo contesto e nessuno può chiamarsi fuori. Al di là della lodevole opera del tutto occasionale, siamo tutti chiamati a realizzare le iniziative solidali con professionalità, rispetto dei diritti dei beneficiari come dei lavoratori. In una città come Napoli, pur intercettando donazioni o contributi di Fondazioni, il raffronto con le politiche è doveroso oltre che indispensabile. Un confronto leale che deve essere collaborativo, quanto franco e critico, con i responsabili del governo locale, sulle scelte, sulla valutazione degli esiti e sul rendiconto dell’uso delle risorse pubbliche. Sono le storie delle persone e dei gruppi che parlano, è meglio evitare dichiarazioni e il presunto richiamo a primati. Nel terzo settore, e gli istituti religiosi ne sono parte sostanziale, non mancano responsabilità. Certo vi sono molte attenuanti. Va ribadito che le responsabilità più gravi sono innanzitutto del Governo nazionale che da un lato ha aumentato i tagli e ridotto la disponibilità di cassa degli enti locali e d’altro lato propone una impostazione miserevole della spesa sociale intendendo le politiche contro la povertà come assistenza palliativa alla miseria. Ma i responsabili e i lavoratori delle associazioni, fondazioni e cooperative devono fare autocritica, riflettere e adeguare i loro interventi al contesto, alzare la schiena, gridare la loro presa di parte per i diritti, anche dei poveri “immeritevoli”, senza per questo dare adito ad alibi sulla cultura della legalità o verso la deriva che associa pochi soldi dati male alla dequalificazione del lavoro sociale. Per fare questo qui si è costretti a battersi per il rispetto dei patti, per esigere i rimborsi delle spese dopo oltre venti mesi. Con il rischio di trovarsi in competizione fra istituti, associazioni e altri, per l’incasso degli arretrati. Su questo è evidente che il Comune può e deve fare innanzitutto la propria parte dando prova di trasparenza, chiarezza, credibilità.
Napoli, appello delle case-famiglia «Soldi entro 15 giorni o ragazzini in strada»
NAPOLI (15 marzo) - I soldi promessi dalla Regione Campania alle case famiglia e ai centri di assistenza per i minori devono arrivare materialmente entro 15 giorni altrimenti il sistema rischia il tracollo. A lanciare l’allarme è Lucio Pirillo, presidente campano dell’Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) sottolineando che «le banche - dice all’Ansa - non hanno accettato più i fidi e le strutture assistenziali stanno già chiudendo». Visti i problemi del bilancio di Palazzo San Giacomo (che dovrà essere approvato a breve) i finanziamenti dall’Assessorato comunale si sono interrotti e uno stanziamento è ora atteso dalla Regione. A rischio l’assistenza ai minori tolti dal giudice alle famiglie e l’assistenza post-scuola a oltre 3.000 minori a rischio di diversi quartieri di Napoli. «I soldi arrivano alle strutture dal settembre 2008 - spiega Pirillo - lancio quindi un appello al sindaco Iervolino e al governatore Bassolino perchè venga accelerato l’iter dei finanziamenti promessi, tra due settimane rischiamo tracollo». Lo stanziamento si aggira sui 20 milioni di euro che tamponerebbero l’emergenza che mette a rischio anche circa 3.000 operatori che lavorano nelle strutture.
http://mmedia.kataweb.it/foto/2927726/4/il-comune-non-paga-le-suore-
Fonte: Il Mattino.it
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