UNEBA Napoli - II Corso di Educazione Ambientale
UNEBA Napoli - Il comune non paga i centri socioeducativi -semiconvitti- vanno in piazza
UNEBA-NAPOLI.Quale welfare territoriale? Con quale ruolo del privato sociale?
http://www.uneba.org/quale-welfare-territoriale-con-quale-ruolo-del-privato-sociale/
Articolo è stato pubblicato il 29 febbraio 2012 e presente nella categoria: Uneba.
Con risorse che si riducono sempre più, l’ente pubblico deve essere in grado di fornire un welfare che garantisca risposte ai bisogni di cura, ma anche sappia selezionare efficacemente i destinatari. Garantendo diritti alla partecipazione ma pure la sussidiarietà con l’intervento del privato sociale.
Ma riesce l’ente pubblico a fare fronte a questa sfida?
Approfondirà il tema “Quale welfare territoriale? Il contributo del privato sociale al riassetto delle competenze e dei servizi territoriali”, convegno organizzato da Uneba e dal corso di laurea magistrale in Servizio sociale e politiche sociali dell’Università Federico II di Napoli.
Il convegno si svolgerà venerdì 23 marzo presso l’aula magna del complesso universitario, in via don Bosco 8 a Napoli, qui.
Trovate qui sotto oppure qui il programma del convegno, in cui è previsto anche l’intervento del presidente nazionale di Uneba Maurizio Giordano, in una tavola rotonda che lo vedrà confrontarsi, tra gli altri, con l’assessore alle politiche sociali del Comune di Napoli Sergio D’Angelo. Cioè il principale interlocutore di Uneba Napoli per risolvere il problema degli enormi ritardi nei pagamenti da parte del Comune ai centro socioeducativi associati Uneba, ma pure per il dialogo nel tavolo di concertazione sul futuro di questi stessi “semiconvitti”.
Pirillo e i centri socio educativi a Napoli
Il presidente dell’UNEBA a Napoli è Lucio Pirillo, che fu capolista al Consiglio Comunale nel 1993 per ‘la Rete’, eletto Consigliere Comunale e poi dimessosi perchè nominato Assessore ai Servizi sociali nella Giunta del Sindaco Bassolino.
Riporto un’intervista che attiene alla condizione di un aspetto particolare dei servizi sociali in Città, alla mancanza di fondi, ed alla conseguente chiusura di strutture educative storiche con danno rilevante per l’educazione dell’infanzia.
Scritto da Francesco de Notaris
http://www.laretitudine.net/2010/index.php/notizie/259-pirillo-e-i-centri-socio-educativi-a-napoli
Non gettiamo questa vita di Anna Maria Gargiulo
Enormi sono i sacrifici in termini di personale e di risorse economiche che gli istituti UNEBA, e non solo, stanno sostenendo per non chiudere le attività, per non rimettere in strada migliaia di minori a rischio, per non togliere lavoro e dignità a migliaia di operatori sociali che lavorano, aiutando i più deboli di questa città.
Siamo in attesa di conoscere dall’assessorato come superare quest’impasse che ci tiene sulla corda da anni.
Nel frattempo, ci permettiamo di suggerire un piccolo provvedimento tampone che certo non risolve, ma che, almeno per le case albergo per anziani, può dare un minimo di respiro.
Basterebbe eliminare l’ingiusta pratica attualmente in essere di incamerare da parte del Comune una quota della pensione dell’anziano ospite come compartecipazione alla retta: visto che il Comune paga dopo oltre tre anni questa retta, mentre incassa mese per mese la quota dall’anziano, si dovrebbe consentire di far incassare agli Istituti questa quota, mese per mese, e sottrarla poi dal contributo del Comune quando finalmente verrà l’ora di erogarlo.
In tal modo, gli Istituti avrebbero un minimo di entrata certa con la quale comprare gli alimenti, qualche stipendio, riducendo un po’, almeno, i costi enormi che si affrontano nel pagare gli interessi alle banche per i mutui che si stanno contraendo.
Si tratterebbe solo di un piccolo segnale, che al Comune non costa nulla, mentre per molte case per anziani potrebbe essere un aiuto e incoraggiare a non chiudere.
UNEBA NAPOLI - Semiconvitto Fondazione Famiglia di Maria - Riapre solo per un dovere ai minori -
di UNEBA-NAPOLI:QUALE WELFARE TERRITORIALE? I Centri socio educativi di Napoli.
-Una lunga storia poco conosciuta di accoglienza e cura dei minori più poveri e svantaggiati-
Gli Istituti che ospitano i Centri socio educativi realizzano il servizio di semiconvitto; hanno, in molti casi, una tradizione secolare di accoglienza e cura dei bambini e ragazzi più poveri ed emarginati.
Ancor più nella grande Napoli, da sempre capitale delle contraddizioni: bellissima e poverissima, patria di famosi scienziati e nobili, così come di ignoranti senza pari e lazzaroni senz’arte né parte.
I poveri, i lazzaroni e “i figli della Madonna” hanno sempre abbondato e riempito le strade sporche e luride dei vicoli e dei quartieri.
Nell’immediato secondo dopoguerra, il problema dell’infanzia abbandonata riemerse in maniera drammatica e diventò una tra le questioni sociali più urgenti e delicate nel tentativo di ricostruzione che vedeva impegnata non solo l’Italia, ma l’Europa intera, devastata da guerra e bombardamenti; una questione quella dei bambini orfani a cui molti ordini religiosi, in particolari quelli femminili, diedero una risposta forte ed immediata con la creazione di tanti Istituti a Napoli e provincia, per accogliere nelle proprie Scuole Materne, Elementari, Medie Inferiori, Scuole Magistrali, Centri di Formazione Professionale migliaia di ragazzi che, dall’oscuro mondo dell’infanzia negata e violata, passavano a quello dell’infanzia protetta, grazie al duttile discernimento dei religiosi e dei loro collaboratori laici che furono sempre capaci di adeguarsi alle necessità dei tempi.
Molti di questi Istituti, nei decenni successivi, sono divenuti sedi di prestigiose scuole all’avanguardia per i loro tempi (Scuola Marittima Professionale, Scuola Odontotecnica (la prima in Campania), Scuola tipografica); di Centri di Formazione Professionale per i settori dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato per dare risposte concrete alle necessità educative, culturali e formative dei giovani assistiti.
Sono stati migliaia i giovani che hanno mosso i primi passi del loro corso di studi, partendo dalla Scuola Materna alle Superiori, alla formazione professionale che si sono completamente formati presso gli Istituti
Oggi, nonostante le grosse difficoltà che hanno imposto modifiche ed adeguamenti normativi, è sempre vivo l’ideale che mosse i Fondatori di tanti Istituti per la realizzazione della formazione integrale dell’alunno, nel pieno rispetto ed in armonia con i principi della Costituzione Italiana.
Lo stesso spirito evangelico continua ad animare religiosi e collaboratori laici, per meglio attuare il servizio in un mondo caratterizzato da una molteplicità di istanze e sollecitazioni nuove e complesse.
Il Territorio sul quale operano gli Istituti
Malgrado l’evolversi dei tempi e della società, specialmente in alcune realtà come quella di Napoli e provincia, alcune situazioni di povertà e disperazione non si sono estinte, sono diminuite nella quantità, ma restano comunque scandalosamente grandi i numeri di famiglie multiproblematiche, estremamente deprivate, sia da un punto di vista economico, sia culturale.
I Centri socio educativi diurrni accolgono i minori provenienti da queste famiglie, dai quartieri più difficili della città.
Questi contesti presentano le caratteristiche delle periferie urbane più degradate: economia depressa; un livello altissimo di disoccupazione che supera il 40% (quasi la metà della popolazione attiva); una fortissima presenza della criminalità organizzata (un vero e proprio esercito, secondo le stime dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia); devianza giovanile; carenza di centri di socializzazione giovanile.
In questi territori è bassissimo il grado di istruzione (appena il 4% di laureati contro il 10% della media cittadina, solo il 17% di diplomati contro il 24% della media cittadina). Molto alto è anche il livello di dispersione scolastica.
(fonte: Comune di Napoli, Profilo di Comunità 2006).
Le famiglie sono estremamente deprivate, sia da un punto di vista economico che culturale, con punte di analfabetismo altissimo tra gli adulti e l’uso frequente, se non esclusivo del dialetto, con la conseguente utilizzazione di un codice linguistico ristretto.
I nostri ragazzi si trovano a relazionarsi con adulti assenti, oppure profondamente sprovvisti di strumenti per trasferire ai propri figli un sistema di valori stabili, perché non li hanno a loro volta, o perché troppo presi a contrastare il disagio della precarietà e dell’instabilità in cui vivono.
Nella fascia 6/11 anni si rilevano tantissimi casi di demotivazione, scarso interesse per la scuola, ritmi lenti di apprendimento che, se non costituiscono sempre la causa della dispersione scolastica, ne sono sicuramente un sintomo.
In molti vivono anche problemi di salute fisica o psichica.
L’assenza di centri culturali e di sana socializzazione fa sì che i minori trascorrano il loro tempo libero essenzialmente per strada dove incontrano spesso persone e realtà a rischio o devianti.
In aiuto dei bambini più bisognosi
Il servizio del Centro, dunque, è svolto in favore delle famiglie bisognose che per ragioni ambientali, socio-economiche ed altro non riescono in pieno a provvedere alla educazione, istruzione e formazione dei propri figli.
Le risposte ai bisogni di queste famiglie si sono adeguate ai tempi e diversificate.
Il Centro socio educativo, chiamato anche semiconvitto, segue questa evoluzione e all’opera caritatevole dei religiosi e dei volontari ha affiancato nel tempo quella di tanti operatori qualificati, di educatori professionali, di psicologi, assistenti sociali…
I semiconvitti, radicati nei quartieri, nei vicoli della città, restano un punto di riferimento fondamentale per le famiglie, specialmente quelle più colpite dalle difficoltà;restano luoghi e persone di provata fiducia e competenza cui affidare per buona parte della giornata bambini che altrimenti resterebbero soli, o, peggio, in balia della strada e delle facili lusinghe di adulti senza scrupoli che, proprio a Napoli e provincia, abbondano e costituiscono un vero e proprio esercito numerosissimo di delinquenti.
E restano, i semiconvitti, il punto di riferimento importante dei servizi sociali alle porte dei quali bussano le tante famiglie deprivate.
Luoghi sereni per crescere e maturare
Presso i Centro socio educativi questi ragazzi trovano punti di riferimento, adulti accoglienti, capaci e competenti che li ascoltano e che indicano loro i valori veri della vita, alternative ai modelli di vita “sballata” o sbandata che i cattivi maestri della televisione o della camorra veicolano con tanta facilità.
Presso i semiconvitti, i ragazzi trovano luoghi dove vivere, per buona parte della giornata (lì dove c’è la scuola interna si comincia alle ore 8.00), la loro infanzia o adolescenza in serenità, senza tensioni, studiando, sperimentandosi, giocando, costruendo amicizie, imparando ad avere fiducia in se stessi e negli altri.
Quasi tutti i semiconvittori sono scelti dai servizi pubblici, e tutti hanno “certificata” una situazione drammatica di disagio personale e/o familiare.
Gli assistenti sociali del Comune di Napoli e di altri comuni limitrofi sanno bene quanti bambini sono stati curati nel corpo e nell’anima con l’intervento congiunto comune-semiconvitti.
Tantissimi vengono “soccorsi” nei loro bisogni morali e materiali, da quelli elementari dell’igiene, a quelli più seri e preoccupanti della salute, scoprendo e intervenendo su problematiche che altrimenti sarebbero state ignorate o trascurate da familiari poco attenti o superficiali.
Sono migliaia e migliaia le giovani vite seguite e curate dai religiosi e dal personale laico degli Istituti che svolgono attività di semiconvitto.
In tanti casi, si sono raggiunti risultati notevoli e immediatamente visibili: il bambino con ritardo negli apprendimenti che, seguito e curato con passione e professionalità, rifiorisce e recupera; la bambina senza papà, trascurata dalla madre, con diagnosi ospedaliera sbagliata, salvata da morte certa grazie all’ostinazione di educatori di semiconvitto e assistente sociale del comune, insieme;
i tantissimi bambini guidati a controllare gli sfinteri con la pazienza e l’attenzione che non trovano a casa; i tanti bambini guidati a giocare pacificamente con gli altri, mettendo da parte non solo le logiche prepotenti degli adulti camorristi che frequentano, ma anche le armi che a volte questi adulti regalano o lasciano usare.
Per tutti gli altri si fa un’opera di prevenzione contro ulteriori disagi, svantaggi, comportamenti devianti che già caratterizzano la vita di questi ragazzi, una prevenzione difficile da misurare, ma sicuramente indispensabile in questa città così a rischio.
L’investimento economico del Comune è invariato da decenni, pur avendo preteso, al contrario, sempre più garanzie procedurali, organizzative, strutturali….
E resta un investimento costo/utente molto più contenuto rispetto ad altri tipi di servizi, proprio perché si può contare su una disponibilità e sensibilità storica degli enti coinvolti, che impiegano strutture proprie, personale religioso e volontari che rinunciano ai compensi, lavoratori motivati che sanno aspettare i ritardi dei pagamenti dovuti alla pubblica amministrazione.
E può contare, la pubblica amministrazione, su una pazienza infinita e ormai abusata di aspettare oltre tre anni l’erogazione dei contributi previsti da parte del Comune e di anticipo, quindi, abnorme e ormai non più sostenibile, di tutte le spes
UNEBA NAPOLI - Semiconvitto Fondazione Famiglia di Maria - Riapre solo per un dovere ai minori -
I nostri minori interessano alla città! Grazie a tutti quelli che ci sono vicini.
da Istituto Famiglia Di Maria
Il 4 gennaio 2012 si sono incontrati, presso il Comune di Napoli, l’assessore Sergio D’angelo, Il CDA della Fondazione Famiglia di Maria rappresentato da Adamo Pasquale e Giuseppe Pecoraro, La Presidente della Municipalità VI Anna Cozzino e il consigliere comunale Antonio Borriello per esaminare quanto segnalato dalla Fondazione Famiglia di Maria nella lettera inviata il 27 dicembre 2011 al Sindaco di Napoli.
L’Assessore D’Angelo ritiene che il servizio erogato dal Comune di Napoli attraverso la Fondazione Famiglia di Maria, sia di alto valore strategico nella costruzione della società solidale e che sia necessario mettere in campo tutte le azioni possibili perché questo servizio non venga interrotto dal 9 gennaio.
Il Presidente Pasquale Adamo manifesta che la decisione dell’interruzione sono dipese dalle difficoltà di cassa che a sua volta sono conseguenti al mancato pagamento da partre del Comune di quanto dovuto da circa 3 anni.
Questa condizione unita all’impegno del CDA della Fondazione teso ad assicurare dignità al lavoro degli operatori e continuità al servizio, hanno determinato una forte esposizione bancaria che oggi non ci permette di proseguire nell’attività sociale.
La Presidente della Municipalità VI e il consigliere comunale Borriello sollecitano l’amministrazione, nell’interesse degli utenti e del territorio, a trovare una soluzione perché la Fondazione non sospenda le sue attività.
Tale sospensione, infatti, determinerebbe una grave crisi sociale visto che il servizio reso risponde ad un bisogno che si manifesta nella fascia della popolazione più a rischio di evasione scolastica.
L’Assessore D’Angelo informa i presenti che l’amministrazione si sta adoperando per definire un piano di recupero del credito vantato dalle organizzazioni sociali ma allo stato tranne la disponibilità manifestata da alcune banche, nell’anticipare crediti verso il Comune di Napoli, non sono ancora definibili, a breve, azioni significative a tale riguardo.
Informa che dal “cronologico” la Fondazione dovrebbe ricevere presumibilmente entro la fine di gennaio un “pagamento di competenza maggio 2008” e presumibilmente dopo 3 mesi un “pagamento di competenza luglio 2008”.
Vista tale situazione l’Assessore D’Angelo chiede alla Fondazione Famiglia di Maria di non sospendere il servizio e di avviare le attività il giorno 9, impegnandosi a sollecitare la Ragioneria del Comune di Napoli affinché riduca al minimo l’attesa per il pagamento del cronologico;
e allo stesso tempo si adopererà per verificare con Banca Prossima la possibilità di un fido verso la Fondazione Famiglia di Maria al più basso interesse passivo praticato dalla stessa.
La Fondazione Famiglia di Maria , vista la sensibilità dei presenti verso il servizio reso e consapevole del danno che ne subirebbero i ragazzi e le famiglie del quartiere, che sono la fascia più debole dalla popolazione del territorio, si riserva una decisione in merito, anticipando che non ci sono pregiudiziali a soprassedere temporaneamente alla decisione di sospensione delle attività, rimandandola al 31 gennaio 2012, qualora a tale data non siano giunti a buon fine i pagamenti e gli impegni predetti.