“E pensare che erano solo 5.000 copie”
Parla Roberto Saviano: “Le mie storie parlano di denaro, di donne
di potere senza regole. Di vita e morte. Sono temi che riguardano tutti”
di LEOPOLDO FABIANI
Due agguati in poche ore due morti nel Napoletano
Passano poche ore e un altro pregiudicato, Aldo Vuolo, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan D’Alessandro, è stato trovato ucciso dopo un agguato a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.
Saviano, come è nato il caso Gomorra?
“La prima tiratura era di 5.000 copie, comprese le 500 per la stampa. Poi il passaggio televisivo da Daria Bignardi mi ha portato in classifica al decimo posto. E molto si deve agli editori stranieri che hanno comprato il libro prima del risultato italiano. Una specie di “marchio di qualità” sul mercato di casa nostra”.
Perché tanto interesse all’estero?
“Perché su questi argomenti c’è una grande domanda non soddisfatta del pubblico internazionale. I libri italiani sulla criminalità organizzata sono in genere per un pubblico molto ristretto e qualificato di esperti. Gomorra invece parla a tutti”.
Perché è un romanzo? Quanto ha contato per il successo la formula della “no fiction novel”?
“Ho seguito il metodo più rigoroso, anche per evitare accuse di imbastire speculazioni. Il montaggio, lo stile, sono romanzeschi, i fatti raccontati sono tutti veri. I nomi non sono cambiati. Sono stato a Scampia otto volte, nel libro diventano una sola. La storia del sarto nella realtà si svolge in un mese, nel libro in un solo giorno. Ma è tutto autentico”.
Tutto documentato negli atti giudiziari?
“Quando non ho documenti, non avanzo ipotesi, ma passo all’analisi, come nel caso delle responsabilità dei politici. Anche qui, non ho voluto “buttarla in politica”. Io descrivo l’imprenditore criminale che inquina i processi politici istituzionali, di qualunque partito siano gli assessori, i sindaci ecc. E infatti il libro è stato apprezzato a sinistra e a destra”.
“Questa è un’accusa che proprio non concepisco. Dico in continuazione che il problema è internazionale, comune a tutto il mondo. Lo stesso appproccio si trova nella Mumbay raccontata da Suketu Mehta in Maximum City (Einaudi) e nel Libano di Ron Leshem (Tredici soldati, Rizzoli). Soprattutto, come si fa a sostenere che chi danneggia il proprio paese è chi denuncia i misfatti e non chi li commette?”.
Come è cambiata la sua vita dopo questo libro?
“Le minacce mi costringono da tre anni a una vita infame, cinque uomini di scorta, spostamenti continui, attacchi da tutte le parti. E negli stessi tre anni ho vissuto quello che uno scrittore in genere vive in una vita intera. Sono stato un letterato esordiente apprezzato dai critici, un caso letterario, un autore di best seller visto con sospetto. E ho potuto incontrare e conoscere persone, che erano parte della mia formazione di ragazzo, un grande privilegio”.
Tutto perché ha acceso i riflettori su Casal di Principe, un paese che prima nessuno conosceva.
“Sì, ma se questo interessa tutto il mondo è perché attraverso il crimine si racconta il funzionamento dell’economia di oggi. E poi perché non c’è manicheismo, non c’è ideologia o posizioni politiche precostituite. In Gomorra ci sono i soldi, la voglia di conquistare il successo, le donne, il potere senza regole, la vita e la morte. Storie universali se raccontate in un certo modo. Per questo io ho grande rispetto per la forza religiosa della parola letteraria”.
(25 marzo 2009) Tutti gli articoli di cronaca
http://www.youtube.com/watch?v=vE6hBCbjSWA
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Ancora una testimonianza di come la realtà superi o emuli la finzione cinematografica.