Le chiavi dei servizi socio-assistenziali saranno consegnate simbolicamente al Prefetto, a de Magistris e Caldoro. E intanto chiudono le Educative territoriali, i semi-convitti per i minori e le case famiglia per i malati di Aids – I servizi sociali e socio-sanitari a Napoli e in Campania stanno chiudendo. Le uniche due case famiglia nella regione per malati di Aids già non accolgono più pazienti, mentre a Napoli le educative territoriali per i bambini sono ferme, le ludoteche sono chiuse, i semi-convitti sono in gravissime difficoltà. A lanciare l’allarme oggi in conferenza stampa congiunta i rappresentanti del comitato Il welfare non è un lusso Giovanni Laino, Antonio D’Andrea e Pasquale Calemme, Giacomo Smarrazzo responsabile di Legacoopsociali Campania, il presidente dell’Uneba Lucio Pirillo e il segretario regionale Antonio Cicia. Tutti, in rappresentanza di centinaia di associazioni e cooperative sociali laiche e cattoliche, hanno denunciato il mancato rispetto degli impegni da parte di Comune di Napoli, Regione Campania e Asl Napoli 1 dopo quattro anni di mobilitazione: nessun tavolo di confronto è stato aperto con le organizzazioni sociali nonostante le promesse in tal senso dalla Regione, che non ha neanche sbloccato i fondi per il sociale né avviato le procedure per la fine del Commissariamento dell’ambito Napoli, come pure non ha nominato i sub commissari della Asl Napoli 1, che si stima abbia un debito di almeno 20 milioni di euro per i servizi socio-sanitari gestiti dal terzo settore. Il Comune di Napoli, che sconta il deficit delle amministrazioni precedenti, ha ancora un debito di 200 milioni con coop e associazioni e ha investito appena 56 milioni nella spesa sociale, anche a causa dei tagli al fondo sociale da parte del Governo e dei minori trasferimenti ai comuni. I rappresentanti delle organizzazioni sociali hanno annunciato che il 5 ottobre prossimo in piazza del Gesù terranno una giornata di mobilitazione cittadina in cui saranno coinvolti gli operatori sociali, le suore e i religiosi che operano nei servizi socio-assistenziali e tutti i beneficiari dei servizi (bambini, anziani, persone disabili, sofferenti psichici, ex tossicodipendenti, immigrati, malati di Aids e di Alzheimer) con le loro famiglie, e saranno consegnate simbolicamente al Prefetto di Napoli Andrea De Martino, al sindaco Luigi de Magistris e al presidente della Regione Campania Stefano Caldoro le chiavi dei servizi che stanno chiudendo. «Stiamo subendo uno stillicidio quotidiano – ha detto Giovanni Laino – di perdite di operatori sociali che non vengono pagati e di sevizi che vengono chiusi. Ci sono organizzazioni che dopo vent’anni di lavoro si trovano oggi ad avere il problema di come pagare le utenze». «Chiediamo chiarezza sul futuro dei progetti – ha concluso Laino – del Comune di Napoli, e un piano di rientro del debito, serio e corretto sulla programmazione». È di oggi la notizia che l’ente locale non ha rifinanziato le educative territoriali, vale a dire i servizi di accoglienza dei minori a rischio dislocati su tutto il territorio cittadino: 33 in tutto, che accolgono da un minimo di 30 a un massimo di 60 bambini tra i 7 e i 13 anni, per un totale di circa 2mila minori. Quello dei servizi per i bambini e gli adolescenti è il settore più critico: l’Uneba denuncia che già 300 bambini sono senza assistenza perché 3 semi-convitti hanno già chiuso. «La crisi riguarda tutti – spiega il presidente dell’Uneba Lucio Pirillo – stanno chiudendo anche le strutture religiose». Il mancato rispetto degli impegni da parte della Regione Campania e della Asl Napoli 1 sta comportando anche la chiusura delle uniche due case famiglia per malati di Aids della regione: la Masseria Raucci aperta nel 2005 gestita dalla cooperativa sociale Il Millepiedi, e la Riario Sforza gestita dall’opera Don Guanella e aperta nel 2003 dalla Caritas, ora non accettano più utenti. «In Campania non sono neanche sufficienti a coprire la domanda di accoglienza delle persone affette da Hiv – denuncia Pasquale Calemme – perché possono ospitare complessivamente 30 persone su una domanda di almeno un centinaio. La Asl ha debiti per 600mila euro con le due strutture, e non paga nonostante esista un “fondo Aids” dedicato».
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